In primo luogo, in analogia con quanto previsto in molti altri testi regolamentari sull’amministrazione condivisa, la collaborazione con i cittadini attivi è concepita quale funzione istituzionale dell’amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 118, co. 4, Cost.; l’organizzazione di tale funzione, inoltre, è tesa ad assicurare la prossimità al territorio, il coordinamento con gli organi di indirizzo politico-amministrativo ed il carattere trasversale del suo esercizio.
Nel caso di specie, tuttavia, figura una disposizione volta a valorizzare il ruolo dei quartieri, ritenuti particolarmente idonei allo sviluppo e al governo delle esperienze di cittadinanza attiva e di gestione condivisa dei beni comuni urbani. Si tratta di una specificazione coerente con la soluzione istituzionale ed organizzativa previamente accolta dal Comune, a norma dell’art. 17, co. 3, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (il c.d. ” Testo unico sugli enti locali ” ovvero Tuel), concernente l’istituzione di circoscrizioni di decentramento, nonché conforme al principio di sussidiarietà (verticale ed orizzontale), oltre che al principio di adeguatezza.
In secondo luogo, merita attenzione l’art. 13 del Regolamento, avente ad oggetto la gestione condivisa degli spazi pubblici mediante patti di collaborazione. Più in particolare, a destare interesse è il comma 5, a norma del quale l’amministrazione riconosce un «diritto di prelazione sulle aree riservate a verde pubblico urbano di cui all’art. 4, comma 5, legge 14 gennaio 2013, n. 10 » in capo ai soggetti che, riuniti in forma di associazione, consorzio, cooperativa di vicinato o comprensorio, ivi risultino titolari dei diritti di proprietà relativi ad almeno il sessantasei per cento dei beni immobili complessivi.
Al riguardo, occorre sottolineare che il richiamo alla previsione del 2013 non tiene conto delle novità apportate dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (il c.d. ” Codice dei contratti pubblici ” ), il quale abroga espressamente le disposizioni di cui all’art. 4, co. 4, 5 e 6, l. n. 10/2013, oggi in gran parte trasfuse nel nuovo art. 189, co. 1, comprese quelle rilevanti nella fattispecie, dedicate alla disciplina delle aree riservate a verde pubblico urbano.
Da ciò ne consegue la necessità di un intervento correttivo regolamentare, teso, innanzitutto, ad espungere il riferimento legislativo ormai abrogato, ma anche ad evitare la sua sostituzione con l’art. 189, co. 1, d.lgs. n. 50/2016, in quanto renderebbe applicabile la disciplina dei contratti pubblici, che, similmente a quella dei contratti tout court, incide prevalentemente su aspetti economici delle parti, svilendo, così, la ratio sottesa ai patti di collaborazione, concernente esclusivamente il perseguimento di interessi generali.
Un’ipotesi alternativa del comma 5, allora, coerente all’impostazione generale dell’art. 13, potrebbe contemplare, semplicemente, il diritto di prelazione sulle aree e/o spazi pubblici di spettanza comunale, che possono essere oggetto di patti di collaborazione.
In conclusione, a parte il rilievo critico sul richiamo all’art. 4 co. 5, l. n. 10/2013, il testo tarantino recepisce a pieno il modello dell’amministrazione condivisa, esaltando, in particolare, il ruolo delle articolazioni istituzionali comunali maggiormente prossime ai cittadini, ovverosia i quartieri, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà sia verticale che orizzontale.
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