La struttura generale richiama in gran parte quello del regolamento di Bologna; ma vi sono anche alcuni profili che se ne distanziano e che non appaiono di poco conto, anche rispetto all’influenza che potranno di fatto avere nell’attuazione concreta delle norme.
Di sicuro interesse è la complessiva apertura che emerge dai primi tre articoli del regolamento. Nell’art. 1, accanto all’art. 118 Cost. e al principio di sussidiarietà orizzontale si richiamano l’art. 2 sul principio di solidarietà , l’art. 9 sulla tutela del paesaggio, nonché gli artt. 42, 43 e 44 sui limiti e vincoli alla proprietà pubblica e privata che possono discendere dalla necessità di assicurarne la funzione sociale e di garantire l’interesse generale. Nell’art. 2, nella definizione dei ” beni comuni urbani ” si fa riferimento anche all’interesse delle generazioni future; si introduce la definizione di ” beni culturali ” ; si parla di ” soggetti attivi ” , anziché di cittadini, con il chiaro intento di riferirsi alla categoria più significativa degli abitanti; si introduce la figura della ” Comunità di riferimento ” , composta da quei soggetti che si attivano in modo stabile in relazione a un determinato bene comune (e che diviene ” comunità di eredità ” quando i beni costituiscono, per loro intrinseca natura o funzione, parte dell’eredità culturale).
Assai condivisibile è anche il rilievo che il Comune di Perugia ha inteso riconoscere alla Convenzione di Faro e al Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare, negli artt. 10 e 11, il regolamento riconosce la stretta connessione esistente fra il diritto di partecipare alla cura e valorizzazione dei luoghi di vita, da un lato, e il diritto all’eredità culturale e al rispetto dei rispettivi beni e paesaggi. Si attribuisce quindi al Comune il compito di promuovere e favorire ” l’incontro degli operatori della cultura e dell’artigianato, delle associazioni culturali e dei cittadini per mettere insieme saperi, coordinare progetti, creare un linguaggio comune per le politiche culturali della Città ” ; e di favorire ” le iniziative da parte delle comunità di eredità volte alla valorizzazione e conservazione dell’eredità culturale ” .
L’intento di valorizzare il ruolo di questi ultimi soggetti, individuati dalla specificità e continuità della ” missione ” legata all’eredità culturale, ha poi portato all’inserimento di norme che qualche perplessità potrebbero suscitare rispetto alla coerenza complessiva con la struttura del regolamento e il modello dell’amministrazione condivisa (queste norme richiamano -in forma semplificata- quelle adottate dal Comune di Chieri). Il Capo V del regolamento, dedicato alla ” Gestione dei beni comuni ” , disciplina infatti una forma di partecipazione che in parte si discosta da quella che fa perno sui patti di collaborazione fra cittadini e amministrazioni: si fa riferimento ad ” esperienze di autogoverno ” di beni comuni urbani, condotte dalle comunità di riferimento in forma assembleare e previa adesione al ” documento di partecipazione ” , che l’assemblea stessa dovrà approvare per regolare lo svolgimento delle attività all’interno di ciascuno dei beni comuni.
Altre scelte che si discostano dalla maggior parte dei regolamenti si rinvengono nella procedura riguardante le proposte di collaborazione e nella disciplina delle esenzioni e dei profili assicurativi e di sicurezza dei lavori.
Nel primo caso, l’art. 12, co. 3, si afferma che il Comune deve esprimersi sulla proposta di collaborazione entro sessanta giorni dalla sua formulazione, e che in caso contrario ” l’istante acquisisce il diritto alla collaborazione tipica ” . Sebbene si tratti di norma evidentemente tesa a rafforzare la posizione dei cittadini nei casi di inerzia del Comune, l’istituto del silenzio assenso non sarebbe di per sé compatibile con la dichiarata natura pattizia e non autoritativa della procedura e dei Patti.
Nel secondo caso, l’art. 26 del regolamento rinuncia ad individuare fin da subito talune forme di esenzione e agevolazione in materia di canoni e tributi locali, affermando che esse ” saranno stabilite di volta in volta dall’Amministrazione comunale, con proprio atto, nel rispetto della normativa vigente ” . Stabilire nel regolamento taluni principi e criteri sarebbe forse stato utile per orientare la successiva azione comunale.
Inoltre, in materia di assicurazione, l’art. 30 non prevede fra i costi rimborsabili quelli relativi a polizze assicurative; mentre l’art. 37 espressamente pone in capo ai privati gli oneri assicurativi, la responsabilità in materia si sicurezza sui luoghi di lavoro nonché le ” responsabilità connesse, ivi compresi l’obbligo di smaltimento dei materiali di risulta, nel rispetto della tutela ambientale e ogni altra incombenza prevista dalla legislazione vigente ” .
Su questi punti si poteva forse osare di più, manifestando una maggiore propensione collaborativa rispetto agli oneri materiali ed economici connessi alle attività ; tanto più alla luce delle nuove forme di assicurazione agevolata che i Comuni hanno oggi a disposizione proprio per gli interventi dei cittadini sui beni comuni.
Ma molte cose potranno correggersi e migliorarsi in corso d’opera, grazie alle indicazioni che verranno da tutti colori che vorranno mettersi in gioco nell’applicazione del nuovo regolamento.
ALLEGATI (1):