Ci può spiegare come nasce l’idea del progetto Catania Source e quali obiettivi vi eravate prefissati?
Catania Source nasce a seguito di una battaglia, condotta a partire dal 2007 da un gruppo di cittadini e cittadine che ho avuto il piacere di coordinare. Insieme a loro scoprii che la città di Catania era dotata, dal 1995, di uno statuto molto all’avanguardia, poiché vantava il primato di aver dedicato un intero Titolo del testo statutario agli “istituti di partecipazione popolare“, ben cinque anni prima che venisse introdotto obbligatoriamente per tutti i Comuni con il Testo Unico degli Enti Locali del 2000.Allora però, restava di fatto lettera morta e per questo mi feci promotore di un testo di regolamento scritto, redatto e presentato al Consiglio comunale dal Comitato “Noi Decidiamo“, di cui sono co-fondatore, raccogliendo oltre 800 firme di cittadini sostenitori. Dopo anni di discussione, di confronto, di emendamenti, dopo tutto quello che si può immaginare per un procedimento di questo tipo e quindi dopo anni di battaglie, riuscimmo a ottenere l’approvazione unanime da parte del Consiglio comunale del Regolamento attuativo del Titolo IV dello Statuto comunale, in data 25 ottobre 2010. Questi istituti di partecipazione popolare sono delle forme innovative ed efficaci che consentono ai singoli cittadini o ai cittadini in forme associate di contribuire alle scelte politiche, di partecipare direttamente alla vita della città e ai processi decisionali senza intermediazioni con le loro proposte o richieste di intervento. Spaziano dal semplice diritto di istanza, di udienza e di petizione, fino ad arrivare a forme più impegnative e pregnanti, come il diritto di deliberazione consiliare e il diritto di referendum: infatti, dal ’95, Catania prevede non solo il referendum consultivo, quello maggiormente in uso in Italia, ma anche quello propositivo e quello abrogativo.
Nel momento in cui la città si dotò di un regolamento e quindi dette la possibilità alla cittadinanza di usare questi istituti di partecipazione, mi sentii in dovere di immaginare dei processi di partecipazione che potessero trasmettere la conoscenza di questi strumenti e così iniziai a sensibilizzare la cittadinanza perché li utilizzasse. Per questo motivo sorse Catania Source, che ottenne un piccolo finanziamento da parte dell’Unione Europea, nell’ambito del Programma “Youth in Action”, Azione 1.2. La missione del progetto è proprio quella di accrescere la partecipazione dei giovani alla vita della città ; fornirgli strumenti efficaci per fare del loro impegno attivo il trampolino di lancio verso un contesto urbano a misura delle loro esigenze e delle loro idee innovative.
Catania Source è un progetto rivolto soprattutto ai giovani: quali sono state le attività messe in campo per coinvolgerli?
Questo è un aspetto molto importante, perché il segreto di un processo partecipativo reale è coinvolgere il cittadino fin dall’inizio: bisogna non solo dargli un’idea, ma dargli la consapevolezza piena, la certezza di avere padronanza del processo partecipativo. Questo teorema, che noi vogliamo dimostrare con Catania Source, lo abbiamo applicato a noi stessi. Fin dall’inizio abbiamo coinvolto dei partner molto traversali che potessero toccare tutta la varietà e la ricchezza dell’essere giovani a Catania, passando per una miriade di associazioni studentesche e universitarie, per cercare di coinvolgerli nel processo di progettazione dei laboratori.
Noi abbiamo raccolto molti spunti che poi abbiamo cercato di tradurre in una metodologia innovativa, che rappresenta il vero core del Progetto Catania Source: City Source. Successivamente, per la promozione, abbiamo usato anche i canali classici, come la stampa tradizionale, i social network, ma l’elemento innovativo, il valore aggiunto, sono risultati essere proprio gli stessi partecipanti, che hanno fatto da cassa di risonanza con il loro passaparola. Questo ha rappresentato un elemento importante sotto il profilo della organizzazione e della promozione.
A cavallo fra il 2013 e il 2014 abbiamo dato vita ai civic training, i laboratori di cittadinanza attiva che si sono sviluppati su tutte le aree tematiche di interesse dell’azione amministrativa, attraverso un percorso di cinque workshop tematici a cadenza quindicinale su: rifiuti e ambiente, mobilità e urbanistica, servizi sociali, migranti e accoglienza e, infine, open data e buone prassi amministrative. All’interno di questi spazi abbiamo messo in atto speciali tecniche di facilitazione come Open Space Technology e World cafè, con la collaborazione dei nostri partner, per una piena condivisone e interazione di gruppo, in modo che le idee tra loro contaminate potessero davvero prendere corpo.
Ci può descrivere brevemente i riscontri concreti e i risultati dei workshop?
Gli oltre 250 partecipanti ai Laboratori di Cittadinanza Attiva hanno di fatto inaugurato un processo di democrazia partecipata nel Comune di Catania e hanno finito col presentare al Sindaco, a conclusione del progetto, oltre 30 proposte “vestite” con gli strumenti degli istituti di partecipazione popolare. Con una metodologia innovativa abbiamo dato la possibilità agli oltre 250 partecipanti di cimentarsi nell’utilizzare queste forme di partecipazione vestendo a norma di statuto quelle proposte che mano a mano uscivano fuori dallo svolgimento delle attività , per risolvere determinate problematiche e proporre nuove soluzioni. In particolare due proposte meritano di essere ricordate:
- la chiusura del lungomare al traffico veicolare una volta al mese, che è diventato un appuntamento atteso dalla cittadinanza, avendo consentito la riappropriazione di uno spazio vicino al mare
- la pubblicazione, dopo decenni di attesa, dell’inventario generale degli immobili comunali; attraverso un’iniziativa a norma di statuto, un gruppo di partecipanti al progetto è riuscito a ottenere in una sola settimana la pubblicazione integrale di tutto l’elenco degli immobili. Questi sono risultati davvero notevoli.
Quali sono i programmi per il futuro?
Abbiamo due programmi. Il primo riguarda i workshop. Vorremmo portare la nostra esperienza in altri Comuni e in altri contesti territoriali, per ripetere ciò che è stato fatta a Catania; per dimostrare ai cittadini di qualsiasi città che è possibile contare, che è possibile vedere i problemi come opportunità di cambiamento, che è possibile partecipare attivamente ai processi decisionali in modo chiaro e certo. Mi capita spesso di sentire vari Comuni chiedere aiuto per attuare gli istituti di partecipazione anche nella loro città e interrogarsi su come diffondere la conoscenza di un regolamento cosìimportante come il Regolamento sulla Partecipazione. Noi per questo interveniamo sia nella fase di attuazione dei diritti, laddove il Comune non li ha già attuati, e soprattutto nella realizzazione di laboratori secondo la metodologia che abbiamo messo a punto in modo efficace a Catania. Questo è il primo obiettivo.
L’altro profilo presenta invece la possibilità a chiunque, a prescindere dalle competenze, di poter vestire le proprie proposte con gli strumenti che lo Statuto del proprio Comune mette a disposizione, e poterle presentare al Protocollo del Comune, in modo guidato, passando da una piattaforma che è stata pensata proprio per accompagnare passo passo il cittadino, singolo o associato, nell’esercitare queste forme di partecipazione. Si tratta quindi di rendere stabile il processo di partecipazione anche in via informatica, attraverso una piattaforma che guidi il cittadino a gestire e utilizzare queste forme di partecipazione senza avere particolari competenze, giuridiche o informatiche.
Avendo prodotto e riscontrato ottimi risultati, anche in termini di contaminazione di altre realtà associative che si sono attivate a loro volte per esercitare i loro diritti attraverso gli Istituti, da Catania Source è nato City Source, che rappresenta la modellizzazione della metodologia che è stata sperimentata su Catania, divenendo quindi un metodo applicabile in qualunque altra città ; di fatto City Source è il format che stiamo facendo conoscere a tante città della Sicilia e che dà la possibilità di instaurare dei processi di partecipazione dal basso, orizzontali, con la consapevolezza da parte della cittadinanza di poter contare veramente, perché questi strumenti consentono al cittadino, in forma graduale, a seconda del tipo di istituto considerato, di poter intervenire nel processo decisionale e quindi di poterlo condizionare. Forti della nostra esperienza, ci sentiamo pronti per contaminare altre città !
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
Mi ha colpito lo stupore che vedevo negli occhi delle persone che partecipavano ai laboratori; quanto fosse per loro semplice, paradossalmente, partecipare attraverso delle forme che non conoscevano. Si rendevano conto che, di fatto, la stessa petizione assumeva un gusto diverso se la si usava secondo le norme dello Statuto, che dava loro la possibilità , come primi firmatari, di esporla in Consiglio comunale e quindi certamente non si trattava del la classica raccolta firme a cui siamo abituati tutti, quando firmiamo un documento su un banchetto per strada.
Questa consapevolezza, che mano a mano aumentava nelle persone che partecipavano, ci ha fatto capito che avevamo fatto centro, perché noi crediamo che un freno che ha sempre disincentivato la partecipazione è quella falsa consapevolezza di non essere ascoltati. E’ una mia convinzione personale ormai maturata nel tempo. Per chi ci dirà sempre che “è una cosa impossibile”, bisogna avere il coraggio di dimostrare il contrario, semplicemente facendo ciò in cui crediamo. Questa è certamente la cosa più bella da dimostrare, innanzitutto a noi stessi: non farsi scoraggiare da chi dice che non è possibile realizzare un certo progetto o testimoniare una certa idea, perché con gli strumenti giusti e con le giuste collaborazioni si può ottenere qualunque risultato, anche in una città difficilissima come Catania. Una città davvero difficilissima, che però non ha nulla da invidiare alle altre città in termini di facilità di accesso alle informazioni e di condivisione delle decisioni con la città . Si, se avessimo dato ascolto alla maggior parte dei nostri concittadini, a chi ci ha sempre ripetuto che “qua a Catania non si può fare niente!”, non avremmo mai fatto tutto quello che ho raccontato.
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