Corte dei conti, Lombardia, 19 gennaio 2017, n. 4. The allowance granted by the public authorities in favour of private third entities should be considered as "aids without compensation", namely it must be complied with Art. 12, law n. 241/1990.

La decisione

La sezione lombarda della Corte dei Conti ha effettuato in sede di controllo una verifica circa la regolarità  di contributi concessi da un ente comunale a beneficio di alcuni soggetti terzi privati. I contributi rilasciati dal comune, consistenti in agevolazioni e sussidi di varia natura, costituivano l’applicazione diretta di un precedente regolamento comunale, di recente riformato, che assegnava vantaggi economici a favore di soggetti privati che svolgevano alcune attività  di interesse sociale e generale, previa valutazione implicita della Giunta o del Consiglio comunale a cui spettava appurare la conformità  dei vantaggi assegnati con il regolamento. Tale modo di procedere è, secondo i magistrati contabili, meritevole di censura dal momento che viola palesemente l’art. 12, l.n. 241 del 1990, il quale stabilisce l’obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni di predeterminare i criteri e le modalità  di assegnazione di vantaggi economici. A parere dei giudici tale condizione non è soddisfatta dal mero rilievo che gli organi di natura politica appurino la corrispondenza dei beneficiari alla disciplina normativa del regolamento, ma deve chiaramente sostanziarsi in un’indicazione esplicita dei criteri che devono essere menzionati nell’atto stesso che assicura il rilascio dei vantaggi. In questo senso, correttamente, il giudice richiama ampia giurisprudenza sia contabile sia amministrativa a supporto (sia consentito anche un rinvio per approfondimenti a F. Giglioni, Art. 12. L’obbligo di predeterminazione dei criteri per i provvedimenti attributivi di vantaggi economici, in M.A. Sandulli (a cura di), Il codice dell’azione amministrativa, Milano, Giuffré, 2017, 669 ss.).
A contorno di questa decisione si sottolineano altri due aspetti. Il primo concerne il fatto che il giudice nel commento ha sottolineato altresìche per vantaggi economici non devono intendersi necessariamente provvedimenti che si sostanziano in misure direttamente economiche, ma che tra questi possono essere compresi anche misure che genericamente migliorano le condizioni economiche del beneficiario (sarebbero tali, pertanto, anche concessioni di beni materiali, per esempio), seguendo – anche in questo caso – una consolidata giurisprudenza. Inoltre, anche se il giudice non sottolinea molto questo aspetto, è da rilevare che nel caso specifico l’attribuzione di vantaggi è concessa direttamente da organi politici in spregio a ogni principio della distinzione tra politica e amministrazione, circostanza particolarmente grave se congiunta ai rilievi di scarsa trasparenza che il giudice rimprovera al comune interessato.

Il commento

Il caso che si segnala in questa circostanza è molto utile anche nella prospettiva di offrire alcune indicazioni ai comuni e ai cittadini interessati al Regolamento per la collaborazione tra amministrazione e cittadini per la cura e la gestione dei beni comuni urbani, che Labsus promuove.
In primo luogo, come spesso d’altra parte gli stessi regolamenti prevedono, il caso è di interesse perché consente di mettere in luce il legame tra regolamenti che prevedono sostegni e vantaggi da parte dell’amministrazione nei confronti dei cittadini e l’art. 12, l.n. 241 del 1990. Anche se oggetto del caso qui commentato non è uno dei regolamenti appena citati, esistono oggettive analogie, sebbene – occorre anche precisare – i regolamenti sulla collaborazione presentino molti profili di innovazione. Sicché – è da concludere – le attività  disciplinate dal regolamento quando si sostanziano in sostegni attivi da parte dell’amministrazione vanno ascritti tra le sovvenzioni prive di corrispettivo. Infatti, gli enti locali che abbracciano i regolamenti dell’amministrazione condivisa promuovono i cittadini attivi e non sostengono in nome di un principio del do ut des. A essi quindi si applica tendenzialmente l’art. 12, l.n. 241 del 1990.
In secondo luogo, ciò dimostra anche che quando i patti di collaborazione sono promossi su iniziativa dei comuni, questi ultimi devono indicare negli avvisi pubblici i criteri e le modalità  con cui intenderanno poi assegnare i vantaggi di natura economica. Ne deriva, pertanto, che il regolamento di per sé non basta, quando a promuovere i Patti sono gli enti locali: al momento dell’avviso devono essere esplicitati i criteri in coerenza con il regolamento.
In terzo luogo, va precisato che tali condizioni vanno previste non solamente quando il comune si appresta a riconoscere agevolazioni fiscali, ma anche quando prevede altre forme di sostegno, anche se non strettamente economiche.
La decisione, invece, non ci consente di ricavare ancora adeguati riferimenti per l’ipotesi in cui i Patti di collaborazione sono promossi dai cittadini. In questo caso, infatti, trattandosi di un’ipotesi in cui l’iniziativa è promossa dai cittadini ed essendo finalizzata la previsione a includere esperienze anche di natura più informale, il rispetto dell’art. 12 richiede un adattamento specifico, per il quale la corrispondenza dell’azione al regolamento previo riconoscimento dell’amministrazione attraverso la stipula del Patto dovrebbe ricevere il sigillo delle garanzie necessarie. In qualche modo, attraverso il Patto, ovvero attraverso l’atto negoziale, l’amministrazione suggella il valore di interesse generale nell’azione proposta dai cittadini condividendone le finalità , verificata la corrispondenza tra l’azione promossa di spontanea iniziativa dei cittadini e il regolamento. Come in altri casi i giudici contabili hanno stabilito, il Patto di collaborazione offrirebbe la garanzia che l’azione compiuta dai cittadini sia coerente con le finalità  dell’ente locale. Per questo è importante però che nella delibera di stipula del Patto l’amministrazione ponga molta importanza e motivi con precisione le ragioni a sostegno della stipula.