La sentenza
Una società proprietaria di terreni nel Comune di Stazzema ha presentato alle autorità competenti un progetto per la coltivazione di una cava presso il Parco regionale delle Alpi Apuane. Tuttavia, le integrazioni apportate in itinere dal Consiglio regionale al Piano di Indirizzo Territoriale hanno introdotto una più rigorosa regolamentazione delle attività estrattive nel comprensorio delle Alpi Apuane, vietando l’apertura di nuove cave e limitando la riapertura di quelle dismesse nelle aree protette ivi presenti.
Avverso la delibera di adozione e la delibera di approvazione del P.I.T., nonché gli atti connessi, la società ha presentato ricorso al TAR, deducendo, ex multis, la violazione del d.lgs. n. 42 del 2004 e di altre disposizioni, la lesione dei principi comunitari sulla libertà d’impresa e di concorrenza, nonché l’aggravio degli adempimenti procedurali.
Il commento
Con la sentenza in esame, il Giudice adito ha rigettato in toto il ricorso presentato dall’istante, avvalorando dunque le ragioni addotte dalla Regione e dagli altri enti implicati. Giova evidenziare alcuni fra i motivi della decisione, con riguardo al peculiare apprezzamento della tutela ambientale.
Anzitutto, al piano paesistico è riconosciuta una funzione conservativa degli ambiti ritenuti meritevoli di salvaguardia, fissando regole d’uso al fine di garantire uno sviluppo sostenibile. Nel caso di specie, le limitazioni all’attività di cava sono ascrivibili sia all’impatto sull’equilibrio ambientale, sia alle caratteristiche del territorio limitrofo.
In secondo luogo, si deduce che l’attività produttiva non possa prevalere sulla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Ciò emerge da un attento bilanciamento degli interessi contrapposti, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità : ne deriva che il sacrificio delle risorse ambientali quali beni comuni può essere tollerabile solo qualora le attività da svolgersi arrechino vantaggi collettivi apprezzabili (non essendo sufficiente la mera aspettativa qualificata dei proprietari).
La disciplina in esame, del resto, è suddivisa per obiettivi, indirizzi e prescrizioni; queste ultime, tuttavia, hanno natura conformativa e non espropriativa, sia perché poste a salvaguardia di beni identificati in via generale dal d.lgs. n. 42 del 2004, sia perché i vincoli paesaggistici hanno durata indeterminata.
Con riguardo all’iter di valutazione paesaggistica, esso deve tenere conto degli effetti dirompenti dell’attività di escavazione sul paesaggio e delle sue peculiarità rispetto agli altri interventi sul territorio. D’altra parte, gli ulteriori adempimenti introdotti rispondono all’esigenza di una esauriente composizione degli interessi coinvolti, in piena coerenza con le ragioni di tutela ambientale ex art. 9 Cost. e con i principi di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost.
In conclusione, rileva in particolare la qualificazione delle risorse ambientali come beni comuni, meritevoli di una tutela collettiva: quest’ultima dunque potrà deflettere soltanto dinanzi a un interesse di pari grado, a sua volta proteso alla tutela collettiva.
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