I beni comuni sono strumenti per lo sviluppo comunitario, la rigenerazione e la promozione territoriale. Sono risorse per la coesione sociale e ricchezze imprescindibili per stimolare e radicare fiducia, reciprocità e sussidiarietà anche in campo economico. Il mercato infatti può (e deve) essere un luogo civile (Bruni, Zamagni 2015) di scambio e relazioni, prima che di lotta degli uni contro gli altri per il consumo egoistico e dissipativo. Può essere un’occasione per collaborare, cooperare e cioè per cercare e fare insieme il bene comune. Questa premessa per evidenziare come i beni comuni e la sussidiarietà (anche economica) possono essere le parole chiave per una lettura tematica delle interessanti recenti modifiche del 2017 alla normativa nazionale di riforma del Codice del Terzo settore a regolamentazione anche dell’ampio e variegato ecosistema dell’imprenditoria sociale, che fa dei beni “per tutti” un punto di riferimento irrinunciabile.
I beni comuni nella Riforma
A proposito di sussidiarietà va riconosciuto, innanzitutto, che la sua importanza è gia chiara nei principi generali. All’art. 2, infatti, si dice che “è riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali”. Ciò significa che la collaborazione (individuale o associata) tra cittadini, e fra essi e le diramazioni territoriali dello Stato è la strada maestra per la coesione sociale e l’interesse generale.
Nel testo, in materia di beni comuni è evidenziata l’importanza della loro cura attraverso l’attivazione volontaria della cittadinanza (art. 63). La contemporanea revisione della disciplina in materia di impresa sociale ha inoltre evidenziato la priorità della loro riqualificazione quando per beni comuni possiamo intendere beni pubblici inutilizzati o beni confiscati alla criminalità organizzata (Di Maggio, Notarstefano, Ragusa 2018). Inoltre ha sottolineato come queste attività, insieme a molte altre, rientrino appieno nell’interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale valorizzando e promuovendo l’attivazione e la mobilitazione dei cittadini anche in associazioni, cooperative ed imprese sociali.
L’aggiornamento normativo ha evidenziato anche importanti novità circa le misure fiscali e di sostegno economico. E’ prevista, ad esempio, una razionalizzazione e semplificazione della deducibilità e detraibilità per le persone giuridiche e fisiche che intendono procedere con erogazioni liberali al fine di promuovere e stimolare comportamenti cosiddetti donativi. Ciò sembra essere coerente con il principio di sussidiarietà (art. 118 ultimo comma della Costituzione) e con quello di solidarietà (art. 2 della Costituzione). Attraverso queste forme di sostegno orizzontale i beni comuni possono rigenerarsi ed uscire dallo stato di depauperamento in cui troppe volte purtroppo si trovano a causa di mancato o cattivo utilizzo.
Forme di sostegno e beni immobili
In particolare nel decreto legislativo del 3 luglio 2017 n° 117 è evidenziato lo strumento del cosiddetto “Social Bonus” (art. 83) che prevede un credito d’imposta per donazioni a sostegno del recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Nella stessa legge è istituito un fondo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (art. 72) per progetti promossi dalle organizzazioni del Terzo Settore e, soprattutto, è evidenziata la valorizzazione di beni culturali ed ambientali, secondo i criteri della semplificazione e di economicità, e l’assegnazione – anche in forma consorziata – di immobili pubblici inutilizzati e di beni confiscati.
Queste novità hanno un portato innovativo di grande importanza che va letto, attualizzato e contestualizzato alla natura di quegli stessi beni immobili ed a quella dei contesti geografici e sociali in cui quelle strutture si trovano. Non va dimenticato, ad esempio, che molti beni sottratti alle mafie (ma lo stesso può dirsi di tanti beni pubblici che confiscati non sono) si trovano all’atto dell’assegnazione al soggetto gestore in condizione di estrema difficoltà. Le cause, ovviamente, sono tante e l’affidamento da parte dell’Ente locale a soggetti facenti parte dell’associazionismo, della cooperazione, del volontariato e più in generale del Terzo Settore non può essere soluzione da “ultima spiaggia”. Un virtuoso riutilizzo dei beni comuni, Labsus l’ha evidenziato ad esempio nel modello di regolamento sulla collaborazione tra cittadini ed amministratori per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni urbani, non può prescindere dai principi di continuità, inclusività, integrazione e sostenibilità anche economica.
Altre forme di sostegno previste dalla legge sono quelle di natura finanziaria di crowdfunding del Social Lending (art. 78 D.Lgs. 117/2017). Per queste forme innovative di raccolta di denaro attraverso piattaforme online il legislatore ha previsto agevolazioni sulle remunerazioni a chi presta denaro per progetti a valore sociale, anche e soprattutto per quelli che prevedono la riqualificazione di strutture pubbliche inutilizzate o di beni confiscati (art. 5 lett. z) con una tassazione equiparabile a quella degli interessi sulle obbligazioni pubbliche.
Altri programmi e misure finanziarie di supporto
Prescindendo dalla riforma del Terzo settore, ma restando nell’alveo degli strumenti di programmazione istituzionale di natura finanziaria messi di recente in campo in materia di beni confiscati alle mafie è certamente da citare la misura “Imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata” del Ministero dello Sviluppo Economico che eroga un sostegno a tasso zero alle imprese sottratte alle mafie. Tale programma di 48 milioni di euro è stato previsto a seguito della Legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 195, legge 28 dicembre 2015, n. 208) che ha stanziato 30 milioni di euro per il periodo 2016-2018, a cui vanno aggiunti altri 10 milioni previsti dalla Legge di bilancio 2017. A questo va aggiunto il programma “Banca delle Terre incolte” previsto nel decreto Mezzogiorno (91/2017) per la crescita socio-economica del Sud Italia attraverso la concessione a giovani di terre incolte ed improduttive al fine di un loro pronto riutilizzo ed infine la misura “Resto al Sud” per la promozione dell’autoimprenditoria giovanile.
L’esposizione degli strumenti va anche arricchita con quelli direttamente a disposizione degli enti pubblici in materia di riutilizzo di beni pubblici e di partecipazione civica alla rigenerazione di spazi collettivi. Va citato il Programma Operativo Nazionale plurifondo Città Metropolitane 2014-2020 “PON Metro” che si inserisce nel quadro più generale dell’Agenda Urbana nazionale e delle strategie di sviluppo urbano sostenibile per una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile della “Strategia Europa 2020”. Interessante è il riferimento all’innovativo percorso di “co-progettazione strategica” di confronto tra i diversi soggetti del partenariato strategico delle 14 città metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) sede degli interventi. L’azione 4.2.1., in particolare, prevede il “Recupero di immobili inutilizzati e definizione di spazi attrezzati da adibire a servizi di valenza sociale” e mira a sostenere il miglioramento del tessuto urbano attraverso l’attivazione dell’economia sociale per lo start-up di nuovi servizi di prossimità in territori e quartieri di forte criticità. Tra i risultati attesi dall’azione “Inclusione sociale” si prevede la creazione ed il recupero di 2270 alloggi per famiglie con particolari fragilità sociali ed economiche, il recupero di 35600 mq di immobili inutilizzati da destinare a servizi del terzo settore, un percorso di pronto intervento per individui senza dimora e per comunità Rom, nonché di inserimento lavorativo, sociale ed educativo, sanitario e di accompagnamento all’abitare per individui a basso reddito e con gravi forme di disagio.
Questo elenco di provvedimenti non è certamente esaustivo. Al quadro generale dei progetti in corso di attuazione in materia di politiche di coesione vanno aggiunte infatti le tante opportunità per il volontariato ed il Terzo Settore da parte di Fondazioni e non solo.
Tutto ciò certamente si inserisce all’interno del più generale ragionamento sull’economia circolare (Bonomi 2017) e sul valore dei beni comuni che, come si è detto in premessa, hanno la capacità di contribuire allo sviluppo economico e sociale delle comunità e alla custodia rigeneratrice (Venturi, Zamagni 2017) dei territori e dei patrimoni (materiali ed immateriali) di cui quegli stessi territori sono dotati. Si lega anche al grande valore della sussidiarietà che stringe in un patto di corresponsabilità e reciprocità cittadini-Stato-mercato, non prescindendo proprio dal destino dei beni comuni di cui l’uso virtuoso è tale solo se condiviso, circolare, inclusivo.
Riferimenti bibliografici
Bruni L., Zamagni S., (2015), L’economia civile, Il Mulino, Bologna
Bonomi A., (2017), La società circolare, Derive Approdi, Roma
Di Maggio, U., Notarstefano. G., Ragusa G., (2018). Ri–conoscere i beni confiscati. Un percorso tra partecipazione, condivisione e trasparenza – in Economia, organizzazioni criminali e corruzione di Ingrassia, R. (a cura di), Aracne Editrice, Roma
Venturi P., Zamagni S., (2017), Da Spazi a Luoghi, Aiccon, Short Paper, 13/17, Bologna
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