Il 25 settembre a Firenze si è tenuto il convegno Ancora partecipazione?La legge toscana 46/2013 allo specchio, organizzato dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana e dall’Autorità per la garanzia e promozione della partecipazione.
Questa legge ha confermato le scelte compiute dalla Toscana con la legge regionale 69/2007, prima legge in Italia a creare un nuovo paradigma di partecipazione costruita intorno al momento deliberativo. Quest’anno, in attuazione dell’art. 24 della stessa 46/2013, si entra nel periodo di valutazione degli esiti di questa seconda incarnazione legislativa della partecipazione in toscana. Le problematiche emerse in questo lasso di tempo sono state al centro delle riflessioni della mattinata del 25, informate dal rapporto valutativo sull’attuazione della 46/2013 presentato dalla professoressa Francesca Gelli (Autorità per la partecipazione).
Un modello in crisi?
Dai dati oggetto del rapporto emergono chiaramente alcune tendenze. Da un lato, l’opinione generale sulla esistenza di strumenti di partecipazione è largamente positiva. Questo è anche testimoniato dalla costante crescita delle domande di accesso ai meccanismi partecipativi, nonostante la quantità di risorse predisposte a tale scopo sia andata grandemente diminuendo. Dall’altro, la selezione di coloro che usufruiscono di strumenti di partecipazione dà esiti chiaramente problematici. La gran parte degli interrogati, infatti, risulta di genere maschile, di età matura, quasi sempre professionisti ad alta qualificazione. Laddove si ritenga che l’obiettivo di una legge sulla partecipazione sia il coinvolgimento di quelle fasce della cittadinanza tradizionalmente marginalizzate, questi risultati non possono che apparire insoddisfacenti.
Connesso al tema della selettività partecipativa è quello della copertura del territorio, un problema il cui stato appare sostanzialmente invariato rispetto al periodo di vigenza della 69/2007. La presenza di fenomeni partecipativi risulta accentrata solo in poche aree, tipicamente ad elevata urbanizzazione. Ciò, oltre ad esprimere la difficoltà nel coinvolgere importanti segmenti demografici, è possibilmente collegato ad altre ulteriori mancanze del sistema della 46/2013. Manca infatti adeguata comunicazione delle possibilità garantite dall’accesso ai processi di partecipazione, così come delle attività di monitoraggio e valutazione svolte dall’Autorità sulle attività di partecipazione passate. Inoltre, l’attuazione della legge appare carente sotto il profilo della formazione di coloro che andranno a lavorare nel contesto dei progetti di partecipazione. Questo aspetto è sentito negativamente proprio a livello di piccoli comuni ed aree rurali. Spesso infatti le limitate risorse in termini di personale si incrociano con le asperità dell’accesso al sistema della 46/2013, rendendo eccessivamente gravosa l’attivazione dello strumento partecipativo. Se a ciò si unisce il fatto che queste aree tradizionalmente vedono una minor presenza al loro interno della categoria demografica che primariamente usufruisce di progetti di partecipazione, come sopra evidenziato, il problema della selettività partecipativa appare in tutta la sua complessità.
Dal decidere al fare
Dal complesso dei contributi condivisi nel contesto del convegno appare come il legislatore toscano si trovi in questo momento ad un bivio. Il modello di partecipazione originariamente costruito dalla 69/2007 intorno al momento deliberativo appare sostanzialmente in crisi. I dati esposti fanno emergere la necessità che la 46/2013 persegua assai meglio quell’ideale di innovazione democratica dal basso, di ricostruzione di valori democratici tramite la condivisione dell’esperienza civica. I meccanismi della partecipazione sembrano attualmente privilegiare le logiche dello stakeholder di estrazione professionale, più che del cittadino attivo in senso proprio.
Inoltre, nel corso di questi anni, la necessità da parte dei cittadini di instaurare nuovi rapporti con la cosa pubblica e con le istituzioni è andata individuando nuove e specifiche forme di cooperativismo e partecipazione attiva. I beni comuni, recentemente oggetto di inclusione nello Statuto della Toscana, le cooperative di comunità, le reti di rigenerazione urbana, sono fenomeni con i quali il confronto si è realizzato al di fuori dei rigidi parametri della legge sulla partecipazione.
Al processo di valutazione ex art. 24 spetterà quindi indicare quale strada debba eventualmente prendere il trattamento legislativo della partecipazione in Toscana. Da un lato, il ritorno alla partecipazione come ideale di rinnovamento civico costruita intorno alla deliberazione ed alla pratica democratica. Dall’altro, l’ipotesi di una ristrutturazione della 46/2013 nel senso di accogliere, in una logica quasi da legge quadro, la complessa articolazione delle nuove forme di cittadinanza attiva. Che alla originaria partecipazione “del decidere” possa seguire in Toscana un nuovo modello di partecipazione, invece radicato essenzialmente “nel fare”?
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