Durante l’estate appena trascorsa, una ciurma d’intraprendenti architetti e designer under 35 ha solcato le onde dell’immaginazione guidando un percorso partecipativo di ripensamento della città, con l’obiettivo di costruire una consapevolezza collettiva dei punti di forza e di debolezza dell’abitato. Questo percorso è stato chiamato Nóvǝ Nóvǝ Nóvǝ, espressione dialettale ruvese che, con la stessa emissione sonora, indica però tre parole diverse: nove navi nuove. Queste imbarcazioni fittizie sono state la metafora di un percorso di ricongiungimento tra la periferia e il centro storico, iniziato l’anno precedente, attraverso un processo condiviso con la cittadinanza per costruire insieme il documento per la strategia di sviluppo urbano sostenibile di Ruvo di Puglia, paese di 25 mila abitanti in provincia di Bari, apparentemente anonimo alle coordinate nazionali, ma che si rivela essere un grande laboratorio di sperimentazione. In questo piccolo mare urbano, nove navi nuove sono state immaginate per muoversi in assoluta libertà tra luoghi e persone, e creare nuove tracce e fili di congiunzione.
Un coworking testardo: la Capagrossa
Tra i nodi responsabili di tale azione progettuale vi è la Capagrossa Coworking, un luogo di persone e idee nella periferia del paese, in grado di riunire, connettere mondi apparentemente distanti, lì dove il distacco sociale sembrava essere l’unica soluzione adeguata al quieto vivere.
Questa stessa condotta civica e sociale è stata in buona parte rafforzata da una progettazione urbana cieca, orientata alla divisione piuttosto che all’aggregazione. Cosi, una porta aperta, tra la generale propensione alla chiusura è, ancora una volta, una coraggiosa (e testarda, come il nome stesso indica nel dialetto locale) scelta consapevole.
Luoghi e distanze vengono perciò ripensati. Utilizzando strumenti cari alla progettazione e al service design, durante i mesi estivi, piccoli e grandi cittadini di Ruvo sono stati guidati attraverso la città, osservandola dall’alto e dal basso, tra le strade del paese, per comprenderne e studiarne la composizione. L’obiettivo era congiungere il centro storico alla periferia, la cattedrale alla Capagrossa Coworking. Come farlo?
Un lavoro d’immaginazione
Potrebbe bastare cambiare metodo, prospettiva o osservatore. Oppure tutti e tre. Ad esempio, prendete un gruppo di piccolissimi, lasciate che siano guidati nei processi di ricostruzione cittadina da un collettivo sardo di nome Immoi, che si occupa di promozione della cultura architettonica, urbanistica e ambientale, e cambiate angolatura: il risultato potrebbe rivelarsi sorprendente. D’altronde, la sola dimensione culturale e umana è in grado di animare mura e strade desolate, ricostruendone l’identità, attraverso nuove storie, racconti o addirittura leggende. Esse sono popolate di personaggi e avvenimenti che, al ritmo dell’immaginazione, cambiano la struttura di una città, come del resto c’insegna Calvino nelle sue città invisibili.
Nei laboratori di Nóvǝ Nóvǝ Nóvǝ, infatti, camminando tra le strade di Ruvo di Puglia, i bambini hanno generato nuovi punti di vista, trasformando spazi conosciuti e generandone nuovi, dedicati al gioco. Come per esempio nel progetto “Enjoy your Drawing”, dove i piccoli progettisti hanno ripensato gli spazi e loro funzioni con simboli e colori, costruendo insieme ai grandi progettisti un piacevole gioco grafico, dove in base alle proprie preferenze si compone un nuovo campo da gioco, fatto di combinazioni di simboli e colori ispirati a gli elementi locali. Emerge cosi il principio della multifunzionalità dello spazio e degli oggetti che popolano la nostra quotidianità.
Per esprimerci in modo chiaro, come farebbe un bambino, dobbiamo imparare a farlo. Dobbiamo, infatti, abbandonare il significato di strutture lessicali che spesso sono inutili e anacronistiche, e giocare con noi stessi alla ricerca di nuovi contenitori carichi di senso. Può capitare che quello che sembra essere apparentemente un gioco da ragazzi, richieda in realtà uno sforzo titanico, che ci obbliga ad andare oltre le nostre strutture fatte di nozioni e lezioni. Può addirittura capitare che il nostro senso venga totalmente ricostruito, ripensato attraverso occhi liberi da vincoli e regole.
E così una parola complessa come “città” può assumere forme nuove se osservata da punti di vista diversi.
Un gioco di consapevolezza
Oltre ogni contemporanea retorica sulla pratica partecipativa, il processo è stato guidato consapevolmente per coinvolgere i cittadini nel piano di sviluppo urbano sostenibile del comune di Ruvo di Puglia, con la finalità di costruire una città più adatta alle loro esigenze. Ogni meccanismo d’immaginazione è stato facilitato e contestualizzato dall’operato di un gruppo di giovani urbanisti. I soggetti coinvolti variavano dai più piccoli, dai 6 ai 12 anni, ai più grandi, giovani laureandi, architetti, cittadini provenienti da differenti background, che hanno lavorato sulle suggestioni dei primi. Questa commistione di punti di vista e competenze ha generato risultati tangibili, ma soprattutto innesti di nuove visioni e di capovolgimento della quotidianità. Queste pratiche assumono ulteriore senso se inserite in uno spartito più complesso e costante. Perché la coerenza che il comune di Ruvo, insieme alla Capagrossa Coworking ed altri attori locali, adoperano nel coinvolgimento attivo di tutte le fasce cittadine, debilita qualsiasi tentativo di approssimazione di tali processi. Cosi sarà più facile potersi rivolgere ai bambini, spesso etichettati esclusivamente come cittadini di un futuro remoto, rendendoli co-protagonisti di un presente che gli appartiene, tanto quanto gli abitanti di una periferia che continua ad allontanarsi, incrociando storie e visioni diverse. I risultati tangibili, consultabili nel report di progetto, si mischiano con l’impatto immateriale di tale azione, ovvero una maggiore consapevolezza dello spazio urbano e del proprio ruolo all’interno di un contesto cittadino, non per formare gli architetti di domani, ma gli abitanti di un bene comune che è la città, luogo politico, sociale, economico e culturale.
Potete approfondire la storia della Capagrossa Coworking su POIS – il podcast su l’innovazione sociale e culturale in Italia. Qui troverete, infatti, l’intervista a Ivan Iosca, direttore dell’associazione e Giorgia Floro, architetto specializzato in rigenerazione urbana e associata al coworking.