È la più classica delle boccate di aria fresca quella che si respira mentre scorrono frettolosi i pochi minuti di proiezione di Nonostante Roma, il “lungo” cortometraggio con cui Tiziano Locci, 23 anni, racconta una Roma che resiste. Collettivi, occupazioni, aggregazioni, comitati: c’è il concetto di comunità al centro di un documentario che in 28 minuti prova a raccontare alcune delle esperienze che tornano a dare speranza alla Capitale d’Italia. Perché, in fondo, esiste una Roma migliore della sua immagine riflessa.
Dall’Aniene a Portonaccio
Si racconta, ad esempio, dell’aggregazione che si è creata intorno alle partite di cricket di una pacifica gang di amatori romano-cingalesi che, nei week end, invadono il parco dell’Aniene per disputare il loro campionato federale, raccogliendo il curioso interesse dei tanti residenti che approfittano del sole primaverile per stare insieme ed approcciarsi ad una tradizione sinora sconosciuta.
È oltremodo apprezzabile lo sforzo con cui l’occupazione del locale caldaie da parte degli inquilini di uno stabile al Quarticciolo e la palestra che ne è nata garantisca sicurezza e futuro ai giovani residenti, sfuggendo alla solitudine che da decenni pervade i rioni di edilizia popolare novecentesca nelle periferie della capitale. Restituisce invece dignità ai cittadini in cerca di una bussola o di un lavoro l’occupazione di un’ex fabbrica a Portonaccio a cui hanno dato vita gli stessi operai che la fabbrica la vivevano e che hanno deciso di farla sopravvivere attraverso il loro lavoro quotidiano, tra opere di tappezzeria e riparazioni di elettrodomestici destinati alla discarica. Perché alle Officine Zero, come racconta Mario, grazie al lavoro di tutti, può succedere di tutto: chi ha perso un lavoro può tornare a sorridere ed uno spazio abbandonato può tornare ad essere utilizzato. Perché alle Officine Zero “chi entra tondo non è detto che non possa morì quadrato”. È edificante lo spezzone dedicato ai cicloamatori del G.R.A.B., che hanno progettato un grande raccordo anulare (G.R.A., appunto) alternativo: ciclabile! E sono gli stessi cicloamatori a renderlo vivo, utile, fruibile, aggregante.
Un magnifico spazio di socialità
Merito di Locci è quello di riuscire a fornire al pubblico un prodotto divenuto ormai merce assai rara in città: una nuova idea di Roma. La velocità con cui scorrono le immagini e le parole dei protagonisti, vittime di una fretta che a quanto sembra ha imposto al regista di racchiudere il suo racconto in meno di trenta minuti, sebbene attenti alla qualità della proiezione, non può che trasmettere quel messaggio prezioso che è la speranza di una città diversa. È innegabile che una Roma migliore esista e passi di qua. E che, dopo mille esperimenti più o meno falliti, torni alla base il concetto di comunità ed aggregazione, costringendo gli addetti ai lavori a tornare a rivolgersi ad una platea di cittadini che rifiutano di essere considerati meri consumatori passivi e che, al contrario, pretendono di entrare nei gangli dell’amministrazione cittadina fornendo un contributo decisivo al perseguimento dell’interesse generale; non per sopperire alle mancanze di un’amministrazione inefficace, ma con la finalità ultima di ridare valore al loro essere componenti di una collettività, costretta, però, a navigare a vista, ben ancorata ad un binario che la condurrà, in assenza di alternative, ad una inevitabile dissoluzione. A tal proposito sarà senz’altro di aiuto la mappa interattiva a cui So.d.A., la Società delle Azioni di Roma, ha dato vita, fornendo una guida toponomastica alle esperienze di attivismo civico capitolino. Roma però ha dimostrato di essere capace di altro, di saper sorprendere anche l’osservatore più scettico. Per far questo sarà indispensabile cominciare a dare valore anche alle esperienze che Locci racconta. C’è una comunità attiva che va coltivata, foraggiata, ed il cui terreno va lasciato sgombro da ostacoli e lungaggini burocratiche.
Quella comunità che è in grado di far tornare Roma al suo splendore, restituendole le sue peculiarità di città modello: partecipazione, solidarietà, sorpresa. Sarà allora tornata in auge quell’antica romanità, autentica e civile, che ha consentito ai tanti forestieri che nei secoli l’hanno attraversata di pensare a Roma come a quel magnifico spazio di socialità in cui tutto è possibile. Perché a Roma, come alle Officine Zero di Portonaccio, nonostante Roma, chi nasce tondo, “non è poi detto non possa morì quadrato”.