La pronuncia della Cassazione conferma la necessità di non valutare indistintamente ogni tipo di occupazione

Con la sentenza n. 38483 del 10 agosto 2018 la Seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nel rigettare la richiesta di sequestro preventivo dell’ex macello comunale occupato, non aveva riconosciuto ascrivibili agli occupanti una serie di reati.
Nello specifico, il Procuratore lamentava l’errata ricostruzione del reato di invasione di edificio altrui da cui derivava la mancata indagine della fattispecie sotto il profilo soggettivo.
Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ha ricordato come lo stesso Tribunale avesse escluso la configurazione del reato di invasione di edificio altrui anche relativamente all’elemento soggettivo: il ventennale comportamento acquiescente del Comune proprietario dell’immobile aveva ingenerato negli occupanti un convincimento tale da escludere la sussistenza del dolo richiesto nel delitto ex. art 633 c.p., assenza peraltro corroborata dal pagamento delle utenze dell’immobile da parte degli stessi occupanti, in aggiunta bambini al momento in cui era iniziata l’occupazione.

Commento

Nelle poche righe di motivazione la sentenza afferma un concetto essenziale nell’analisi delle conseguenze penali scaturenti dall’occupazione di un immobile, ossia la necessità di valutare l’intera vicenda nel suo complesso, così da verificare la sussistenza in capo agli occupanti del dolo richiesto per la configurazione del reato di invasione di edificio altrui.
La condotta degli occupanti, e in particolare la rilevanza penale della stessa, deve essere considerata in correlazione sia del tempo durante il quale è stata perpetrata sia indagando le concrete modalità attuative, ricomprendendo in quest’ultimo alveo anche il comportamento tenuto dal proprietario dell’immobile.
L’assenza di alcuna opposizione concreta da parte del Comune proprietario dell’immobile occupato per un tempo obiettivamente lungo, come sono i 20 anni circa del caso di specie, insieme ad altri indici sintomatici presenti, è risultata idonea a ingenerare “il convincimento … della legittimità dell’occupazione, così escludendone il dolo”.
La pronuncia conferma quindi la necessità, già sottolineata in precedenti commenti, di non valutare indistintamente e acriticamente tutte le occupazioni nello stesso modo, essendo necessario invece indagarne le specificità e il contesto di riferimento. Solo in tal modo si potranno individuare e applicare i rimedi giuridici idonei e corretti per il caso concreto, in conformità con i principi sanciti dall’ordinamento.

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