La l.r. Emilia-Romagna del 22 ottobre 2018, n. 15 ha novellato l’impianto normativo in materia di “partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche”, abrogando la previgente norma del 9 febbraio 2010, n. 3. Le novità introdotte sono poche ma importanti, come il riconoscimento del diritto di partecipazione alla elaborazione delle decisioni pubbliche ad un numero maggiore di soggetti privati.
Le piccole novità relative ai soggetti pubblici
La l.r. Emilia-Romagna del 22 ottobre 2018, n. 15, dettando delle disposizioni di carattere generale, rappresenta una legge-quadro in materia di partecipazione, così come la precedente normativa. Anche dal punto di vista procedimentale non si registrano delle novità rispetto al passato. A cambiare sono semmai i soggetti che prendono parte al processo partecipativo; infatti, per quanto riguarda gli organi pubblici, in luogo del “Nucleo tecnico di integrazione con le autonomie”, l’attuale articolo 7 prevede il “Nucleo tecnico della partecipazione”. Le differenze tra i due si colgono non solo in riferimento alla denominazione, ma anche nei compiti assegnati, nonché – soprattutto – nella composizione; rispetto al passato, muta il numero dei componenti e, in particolare, al Tecnico di garanzia in materia di partecipazione, che presiede il Nucleo, non si riconosce più un ruolo preminente nell’ipotesi di parità di voti circa l’assunzione di una decisione. Su questo profilo, la legge in esame non indugia ulteriormente, ma si limita a riconoscere all’organo il compito di integrare le scelte programmatiche della regione con le esperienze delle autonomie locali (art. 7, comma 1).
La partecipazione tra condivisione e qualità progettuale
Per ciò che concerne l’oggetto in riferimento al quale si può dar luogo ad un processo partecipativo, esso può essere un progetto, una procedura amministrativa, ovvero anche una futura norma di competenza regionale, degli enti locali o di altri soggetti pubblici. Tuttavia, affinché abbia senso la partecipazione dei soggetti diversi dall’ente responsabile, quest’ultimo, nei confronti dell’oggetto del processo partecipativo, non deve aver avviato alcun procedimento amministrativo ovvero assunto alcuna decisione definitiva (art. 15, comma 1). Se l’oggetto su cui si attiva il processo riguarda «opere, progetti o interventi che assumono una rilevanza per la comunità locale o regionale, in materia sociale e sanitaria, ambientale, territoriale, urbanistica e paesaggistica» (art. 1, comma 2, lett. c)), non solo se ne deve dare adeguata informazione e deve essere garantita la massima partecipazione, ma esso costituisce anche un elemento di premialità per la concessione dei contributi regionali (art. 12). La preferenza ad incentivare questi particolari processi partecipativi si comprende sia per l’incidenza che le decisioni relative a tali interventi hanno sul territorio – è, perciò, necessario che la maggior parte della comunità le condivida e le accetti -, sia perché l’apporto conoscitivo di un gran numero di soggetti può contribuire ad elevare la qualità dei progetti stessi.
La titolarità del diritto di partecipazione…
Nonostante l’attenzione manifestata nei confronti degli elementi qualitativi dei processi partecipativi, la rilevante novità introdotta dalla legge regionale dell’Emilia-Romagna concerne principalmente i soggetti privati che vi possono prendere parte.
Ai privati si riconosce il potere di iniziativa (art. 4), ossia possono chiedere l’avvio di un processo partecipativo, purché abbiano ottenuto l’adesione formale dell’ente responsabile (art. 14); riguardo tale profilo, invero, non si rilevano delle novità rispetto la normativa previgente. Al contrario, sul fronte dei soggetti che possono prendere parte al processo partecipativo si colgono dei cambiamenti, poiché titolari di questo diritto non sono solo tutti i cittadini residenti, gli stranieri e gli apolidi regolarmente residenti nel territorio interessato dai processi partecipativi, ma anche tutte le persone che vi lavorano, studiano e soggiornano, nonché le imprese, le associazioni, ed in generale le altre formazioni sociali, che hanno ivi la loro sede, ovvero che abbiano interesse ai processi stessi (art. 5).
…la grande novità
È relativamente a questo profilo che la normativa in esame ha risentito dell’influenza della l.r. Toscana del 2 agosto 2013, n. 46, che già aveva provveduto a riconoscere la titolarità del diritto di partecipazione anche a coloro che non risiedono sul territorio interessato dal processo partecipativo ma che lo vivono nel senso più ampio del termine. La legge emiliano-romagnola, tuttavia, appare ancora più innovativa, in quanto la possibilità di partecipare al procedimento da parte dei non residenti non è subordinata al giudizio di un’Autorità, come previsto, invece, nel caso toscano (art. 2, comma 1, lett. b)).
Oltre la semplice partecipazione
Con la l.r. Emilia-Romagna n. 15 del 2018 si mira ad una partecipazione totale della comunità alle scelte che incidono sul “territorio”, infatti a discuterne devono essere tutti coloro che, a qualsiasi titolo, lo vivono, in quanto solo dopo aver preso parte al processo decisionale si può essere incentivati a prendersi cura di questo, così come, in generale, di tutti i beni comuni. La nuova legge, pertanto, non solo individua delle condizioni favorevoli per l’affermazione di una democrazia partecipativa ma prevede anche delle misure volte a promuovere e sostenere effettivamente un maggiore sviluppo delle forme di cittadinanza attiva (art. 2, comma 1, lett. f)).
Gli sviluppi futuri
Per valutare l’efficacia delle politiche partecipative è ancora presto; la stessa norma (art. 21, comma 1), tuttavia, attribuisce all’Assemblea legislativa il compito di redigere, ogni tre anni, una relazione che metta in evidenza, tra i vari aspetti, i soggetti coinvolti nei processi partecipativi. L’augurio è che, con l’ampliamento dei soggetti titolari del diritto di partecipazione, i risultati relativi al coinvolgimento siano più confortanti rispetto a quanto rilevato nel contesto toscano, dove si è registrata la partecipazione solo di alcune categorie sociali e non di tutte quelle fasce della popolazione a cui spesse volte la l.r. Emilia-Romagna fa riferimento al fine di raggiungere una maggiore inclusione e coesione sociale (ex multis art. 2, comma 1, lett. d)).
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