2.000 i volontari coinvolti, 20.000 i beneficiari, 180 tonnellate di eccedenze recuperate ogni anno pari a un valore di 300.000 euro

A Genova si combatte lo spreco alimentare attraverso la costruzione di una rete di comunità che ha come obbiettivo la cura del cibo come bene comune. Questi tre ingredienti sono il filo conduttore di tre Patti di collaborazione genovesi che si pongono l’obiettivo di raccogliere le eccedenze alimentari, ridistribuirle alle persone in difficoltà, organizzare una mensa di prossimità.
Il progetto parte da lontano e i patti costituiscono il punto d’arrivo (intermedio) di un percorso avviato già nel 2011 con l’adozione di una Delibera di giunta che apriva ai Patti di sussidiarietà, diversi da quelli di collaborazione e precedenti all’adozione del Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, con la finalità di realizzare politiche di inclusione sociale e contrasto alla povertà.

La rete internazionale…

Nel 2015 la città di Genova aderisce al MUFPP (Milan Urban Food Policy Pact), una rete di 170 città di tutto il mondo che si pongono l’obiettivo di lavorare a sistemi alimentari sostenibili, inclusivi, resilienti, sicuri e diversificati, per garantire cibo sano e accessibile a tutti e promuovere il coordinamento delle azioni a livello comunale e territoriale, favorendo l’inclusione di una politica alimentare urbana all’interno dei programmi e delle iniziative in campo sociale, economico e ambientale.
Nel 2016 Genova aderisce inoltre alla rete Città Sane, nata per promuovere la qualità della vita attraverso l’adozione di politiche dirette a promuovere la salute nella sua accezione più ampia, con una particolare attenzione ai temi legati all’alimentazione.

…e quella locale

Da queste premesse e dopo l’adozione della legge 166/2016 che introduce nel nostro ordinamento misure di semplificazione per la cessione gratuita di alimenti per fini di solidarietà sociale e contrasto agli sprechi alimentari, nasce il progetto RICIBO, una rete cittadina per il recupero e la distribuzione delle eccedenze alimentari che diventano risorse per le persone in difficoltà e vede come capofila la comunità di San Benedetto al Porto. Il progetto viene finanziato per il biennio 2018-2019 da Compagnia San Paolo e Fondazione Carige.
Nel 2017 viene sottoscritto un Accordo di Cooperazione che istituisce un coordinamento cittadino con l’obiettivo di favorire la connessione dei nodi della rete, aumentare il recupero e rendere più efficiente la ridistribuzione delle eccedenze alimentari, sviluppare e gestire una comunicazione efficace a livello cittadino sulla lotta allo spreco alimentare.
È in questo contesto che nel 2018 vengono sottoscritti tre patti di collaborazione che hanno al centro il cibo come bene comune.
Il primo, tra il Municipio V di Valpolcevera che coordina il progetto e monitora i bisogni alimentari sul territorio, la Comunità di San Benedetto al Porto che reperisce le risorse alimentari per i cittadini in condizioni di fragilità, la Società Gestione Mercato società cooperativa per azioni che dona le eccedenze alimentari, per la prosecuzione del progetto C.R.E.A. – centro per il recupero delle eccedenze alimentari.
Un secondo Patto di Collaborazione vede protagonisti insieme al Municipio V, l’associazione Don Lino ai Broxi, la società cooperativa COOP LIGURIA, la parrocchia del SS. Nome di Gesù, la società San Vincenzo De Paoli, per dare continuità al progetto Il Punto che ha come obiettivo quello di recuperare, stoccare e distribuire alimentari e generi di prima necessità in eccedenza.
Il terzo Patto di Collaborazione coinvolge, accanto ai soggetti sottoscrittori dei primi due, la Caritas Diocesana, la CIR Food Cooperativa Italiana di Ristorazione, la S.O.C. San Giovanni Battista, il Comune di Campomorone per la gestione delle attività legate al progetto Mensa di Vallata, una mensa di prossimità che offre pasti preparati al momento e pasti provenienti dalle eccedenze del centro cottura della CIR Food.

Patti e risultati di RICIBO

I Patti di Collaborazione si inseriscono, quindi, in un sistema che dai Municipi sta provando a diventare cittadino nella cornice del progetto RICIBO. Roberta Massa, referente per il progetto della società civile, ci racconta che “la novità introdotta dai patti sta nella possibilità di triangolare le alleanze sul territorio allargandole alle aziende profit che restavano escluse dalle precedenti forme di collaborazione”, in questo senso dunque “diventano funzionali al progetto nel suo complesso” che, cresciuto in un arco temporale lungo diversi anni e con amministrazioni di diverso colore politico, conserva una costante che ha consentito allo stesso di crescere: l’impegno della comunità, dei volontari, delle organizzazioni coinvolte.
Se RICIBO è oggi una rete informale, i Patti di collaborazione possono costituire lo strumento per gestire un progetto che, dice Roberta Massa, “oggi è esploso grazie ad una rete che vede il coinvolgimento di 200 associazioni, 40 delle quali già attive di cui 22 firmatarie dell’Accordo di Cooperazione del 2017”. I numeri danno la misura di quel che sta accadendo a Genova: 2.000 i volontari coinvolti, 20.000 i beneficiari, 180 tonnellate di eccedenze recuperate ogni anno pari a un valore di 300.000 euro, oltre a 25.000 euro di costo del rifiuto risparmiato. Sì, perché anche l’ambiente trae giovamento dalla gestione del cibo come bene comune. Con il cambio di amministrazione, peraltro, il progetto è passato dal welfare al settore politiche ambientali che ha riconosciuto il valore del processo di riduzione della produzione di rifiuti, con conseguente beneficio per le imprese coinvolte grazie alla possibilità di contenere la TARI, la tassa sui rifiuti, in relazione alla quantità di beni oggetto di donazione.


Nei Patti di Collaborazione sottoscritti resta comunque centrale l’obiettivo di rispondere ai bisogni primari delle persone in difficoltà aggregando soggetti diversi, rafforzando le relazioni sociali, costruendo una governance che trova nel patto lo strumento ideale in cui “tutto è chiaro e definito”. Ad esprimersi così e Simonetta Gadaleta, responsabile dell’Ambito Territoriale Sociale n. 41 e referente dei tre patti di collaborazione. “Dopo un lavoro lungo anni si è arrivati ai Patti di collaborazione che lasciano al pubblico la regia degli interventi e la gestione degli accessi al servizio e restituiscono al volontariato una assoluta dignità nel lavoro sul territorio, un territorio molto povero ma ricco per l’attenzione al bene comune. I patti diventano lo strumento che favorisce l’incontro e la collaborazione tra soggetti diversi”. Certo bisogna ancora fare i conti, aggiunge Roberta Massa, con chi “guarda questi progetti come espressione della carità, la scommessa invece è quella di rendere tutti consapevoli che la vera posta in gioco è la sostenibilità della città, da più punti di vista”. Ecco allora chiara la prospettiva, coinvolgere tutta l’amministrazione nella costruzione di un patto complesso avente ad oggetto il ciclo del cibo come bene comune immateriale, già inserito nel catalogo dei beni comuni e richiamato come prossimo obiettivo nei tre patti già sottoscritti. Anche su questo dei passi avanti sono stati fatti.
C’è stato un incontro richiesto da tre Commissioni Consiliari Permanenti, per la presentazione dei risultati di RICIBO. La risposta dei Consiglieri (tutti) è stata bellissima, abbiamo toccato le corde giuste” dice Roberta. Attraverso i Patti di collaborazione, conclude Simonetta Gadaleta “si incrociano le necessità e i bisogni delle persone povere con le competenze e le risorse delle associazioni. L’ingrediente è l’interesse, l’impegno, l’entusiasmo dei volontari”. Sì, anche per questo Genova è bella da togliere il fiato, Genova la città di Faber e don Gallo. Ricordando Fabrizio De André in una intervista di qualche tempo fa don Andrea Gallo raccontava “nella comunità abbiamo una bacheca dove chiunque può scrivere e recentemente, una mattina, scendendo nel salone, ho visto scritta sulla bacheca questa frase, a caratteri neri, cubitali: il male grida forte. Dopo qualche giorno io ho preso quel pennarello e ho scritto: la speranza grida più forte”.
Sì, forse è proprio così.