Corvetto, insieme ad Adriano e Chiaravalle, è uno dei quartieri di Milano dove il nostro progetto Luoghicomuni, dentro Lacittàintorno, promuove e sperimenta i Patti di Collaborazione come strumento di rigenerazione urbana delle periferie. “Verde Mompiani” è il primo Patto firmato nel quartiere: coinvolge 8 singoli cittadini, 2 Comitati di quartiere (Quartiere Mazzini e Mazzini Aler Corvetto), il gruppo informale Diversamente Occupati, l’associazione Casa per la Pace Milano e il Comune di Milano.
Un bene comune esiste nella misura in cui un gruppo di cittadini lo riconosce come tale e decide di prendersene cura. Tale processo trasforma fisicamente la città, rafforza i legami di comunità e promuove l’esercizio della cittadinanza da parte di coloro che scelgono di parteciparvi, ha dichiarato Giuseppe Guzzetti, Presidende di Fondazione Cariplo, in occasione della firma del Patto.
Il quartiere Corvetto
Il quartiere è stato protagonista di un’intensa attività edilizia da parte dell’Istituto Autonomo Case Popolari: nella seconda metà degli anni ’20 viene creato il quartiere Mazzini, compreso fra tre direttrici. È qui che si sviluppa “Verde Mompiani”, sul confine tra i caseggiati popolari e lo spazio pubblico.
Leonardo Marzo, uno degli abitanti firmatari, è un ex postino che conosce profondamente il quartiere. Racconta che negli anni ’70 la via era una zona vivibilissima, con un tessuto sociale folto. Oggi invece il tessuto è sfilacciato e disomogeneo, anche a causa della difficoltà di portare avanti un dialogo intergenerazionale. Il Patto è stato in questo senso un’apertura: la cura delle aiuole è stata strumento per un riavvicinamento generazionale.
Beni di tutti, beni di nessuno?
Le aiuole di via Mompiani, ai piedi di grandi alberi e di caseggiati popolari, sono terra di nessuno: il terreno, duro come il cemento, diventa talvolta area cani, altre volte discarica per rifiuti ingombranti, altre ancora spazio di appoggio per i cartoni del mercato ambulante settimanale. Grazie alle attività svolte e alle relazioni costruite dal progetto ViviCortili, ideato e gestito dal servizio di Custodia Sociale e dal Laboratorio di Quartiere Mazzini, viene dato il primo segnale di cambiamento. La prima aiuola di Via Mompiani ad essere curata è quella del civico 6: nell’ambito delle attività promosse da Vivicortili, alcuni abitanti dello stesso civico, insieme ad alcuni soggetti della Rete Corvetto (Diversamente occupati, Casa per la Pace e Nocetum), rigenerano una aiuola.
Nonostante l’impegno e la cura il segnale non è abbastanza forte. Si decide allora di sviluppare un programma più ampio, incrociando quanto già “seminato” con l’azione Luoghicomuni, coinvolgendo anche le aiuole dei civici di via Mompiani 4, 6, 10, 1, 5, 9. Con il supporto di Italia Nostra Milano, il 15 dicembre 2018 vengono rigenerate le aiuole del 4, 6 e 10 piantando bulbi, dissodando la terra e mettendo una recinzione di protezione. L’impatto è visibile: la via pian piano si popola di persone che portano il caffè, qualcuno suona la fisarmonica, altri chiedono se sia possibile piantare delle aromatiche, così che il condominio possa usarle per cucinare. Le azioni di cura, delle aiuole ma della stessa comunità, assottigliano sempre di più il confine area pubblica – caseggiati privati. Il Patto corona i percorsi di coinvolgimento degli abitanti svolti negli ultimi anni dal Laboratorio di Quartiere Mazzini e il progetto ViviCortili, facilitando e riconoscendo le azioni promosse dal basso, commenta Daniela Farioli dell’Unità Programmi Integrati di Quartiere del Comune di Milano. La sperimentazione del Regolamento, e più operativamente dei Patti, è un forte input amministrativo-politico che mette in moto un meccanismo virtuoso tra gli uffici amministrativi, a cui viene chiesto lo sforzo di coordinarsi in sinergia. Un atto comune che impegna non solo gli abitanti, ma anche l’Amministrazione, sul tema della partecipazione.
Un patto sempre aperto
Un’azione semplice, come la cura di una aiuola, diventa catalizzatore, evidenziando la compresenza sullo stesso territorio di diverse realtà che hanno deciso di unirsi e lavorare insieme, condividendo un obiettivo comune.
Alla firma collettiva è trapelata l’emozione data dal mettersi in gioco insieme, cittadini e Amministrazione. Il momento della firma sembrava la celebrazione di un matrimonio: è stato evidente che il Patto ha dato risposta a una grande esigenza, commenta Lorenzo Lipparini, Assessore alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data di Milano. Una grande esigenza, quella di comunità e di spazi verdi curati, che riguarda anche le strade limitrofe: via Panigarola, via Polesine, via Pomposa, via dei Cinquecento. Il Patto “Verde Mompiani” è particolare anche in questo: non solo lascia aperta la possibilità ad altri di inserirsi come firmatari, ma diventa precedente per Patti analoghi sulle vie limitrofe.
Notizia recentissima è l’interesse a diventare firmatario, della Comunità di Sant’Egidio. I volontari e i bambini della Scuola della Pace vorrebbero infatti prendersi cura di un’aiuola esistente, supportando le attività di innaffiatura svolte dagli abitanti.
Il verde genera cambiamento e apre prospettive
Il Patto “Verde Mompiani” viene firmato mentre a Milano è in corso la sperimentazione del Regolamento per l’Amministrazione Condivisa dei Beni Comuni, prima della sua approvazione in Consiglio.
Facendo un paragone tra lo strumento della “Adozione” del verde pubblico e il Patto di collaborazione, emerge subito la vocazione di quest’ultimo a promuovere reti e far convergere energie nuove e diverse nel tempo. L’adozione è chiusa ad un rapporto one to one, non ha proiezione verso l’esterno e la comunità attorno, dice Eugenio Petz, funzionario dell’Ufficio alla Partecipazione Attiva del Comune di Milano.
Un’altra particolarità del Patto “Verde Mompiani” è la sua dimensione liquida, aprendosi a possibili sinergie con ciò che accade all’interno dei cortili dei caseggiati ALER. Quello a cui si vorrebbe tendere è un cortile ALER che si apre e diventa un cortile pubblico. Da ambito chiuso e pertinente solo alla comunità che lo abita, potrebbe diventare altro, qualcosa di fruibile dalla cittadinanza tutta, racconta Eugenio Petz.
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