E’ stato pubblicato a luglio il primo aggiornamento del Report dell’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile, che fa il punto sull'attuazione dei 17 obiettivi previsti per il 2030. Un occhio di riguardo è stato dato all’11mo: “Città e comunità sostenibili”.

E’ stato pubblicato a metà luglio scorso il Primo Report di aggiornamento dell’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile (a cura dell’Asvis, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, e Urban@it, Centro nazionale di studi per le politiche urbane) che fa il punto sullo stato di attuazione dei 17 obiettivi previsti per l’Agenda di sviluppo 2030 (per lo Sviluppo Sostenibile, programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU). Questo Report è una lettura privilegiata sulle città, piccole medie e grandi, del nostro paese. Appunto, l’obiettivo 11, dei 17, quello relativo a “Città e comunità sostenibili”. Con relative proposte per raggiungere gli obiettivi.
Vengono monitorati tutti i 17 obiettivi, (da Sconfiggere la fame; Salute e benessere; Istruzione; Parità di genere; Acqua pulita e servizi igienici; Energia accessibile e pulita; Lavoro dignitoso e crescita economica; Imprese, innovazione e infrastrutture; Disuguaglianze; Consumo responsabile; Cambiamenti climatici; Vita sott’acqua; Sulla terra; e Istituzioni, pace e giustizia).
Il risultato dell’aggiornamento (mettono in chiaro all’Asvis) è che vi sono 5 obiettivi per cui il semaforo è “verde” (povertà, laureati, energia, abitazioni e sicurezza), ossia l’Italia migliora i suoi standard; mentre per gli altri 12 il semaforo è rosso, con due variazioni rispetto alla rilevazione precedente (Rapporto ASviS 2018): i laureati, per i quali da rosso è diventato verde, e i rifiuti, dove è accaduto il contrario. E sull’11mo, le Città sostenibili, come stiamo messi?

Città e Comunità sostenibili: a che punto siamo

Un particolare occhio di riguardo è stato dato – appunto – all’11mo, “Città e comunità sostenibili”, declinandolo in particolare per quanto riguarda: Politiche abitative e rigenerazione urbana; Mobilità urbana; Consumo di suolo; Cultura; Qualità dell’aria; Verde.
Si parte da una costatazione: la condizione abitativa nelle aree italiane più densamente popolate rimane anche nel 2017, peggiore rispetto ad aree europee uguali o simili (dove vive il 3,8% della popolazione contro il nostro 6,5%), anche se c’è stato un certo miglioramento rispetto all’anno precedente (Ue 5,1%, Italia 8,9). Obbiettivo da raggiungere, entro il 2030, scendere al di sotto del 4%. Come? Con una serie di Azioni: un piano strategico per le città di carattere poliennale, con l’individuazione di aree prioritarie dove si manifestano i maggior disagi; la definizione di un nuovo programma nazionale per l’edilizia residenziale pubblica e per l’edilizia sociale e una nuova legge quadro per le Aziende casa; l’aumento delle risorse per il recupero e la manutenzione del patrimonio di Edilizia residenziale pubblica per il sostegno delle fasce più deboli; una Strategia nazionale per la rigenerazione urbana (si veda il Rapporto nazionale Habitat III, con la relazione conclusiva della Commissione parlamentare sulle Periferie); la costituzione di Agenzie sociali di quartiere dove possano essere impiegati giovani agenti di sviluppo; la programmazione dell’accoglienza ai rifugiati e l’inclusione di Rom, Sinti e Camminanti. Programma, insomma, importante e radicale.

Per muoversi bene occorre un Piano

Altro obiettivo è quello di favorire la Mobilità, con un riequilibrio (tendenzialmente al 50%) del “riparto modale tra auto+moto e altre forme di mobilità”; obiettivo riconosciuto intermedio, al 2020, per conseguire più in là i tre traguardi fondamentali fissati “a livello europeo dal Libro bianco della Ue sui trasporti” nel 2011: ossia 1) dimezzare entro il 2030 l’uso delle auto alimentate con carburanti tradizionali ed eliminarlo nel 2050; dimezzare il numero delle vittime nel trasporto su strada entro il 2020 avvicinandosi all’obiettivo di zero vittime nel 2050; 3) realizzare sistemi di logistica urbana a zero emissioni di carbonio entro il 2030. Tenendo ben presente che l’Italia è il Paese europeo con la più alta densità di automobili (37 milioni di auto ossia il 17% delle vetture circolanti nell’intero continente!). Ecco alcune delle azioni necessarie suggerite dagli autori del Report: un Piano nazionale per la mobilità sostenibile (proposta già presentata nel dicembre del 2018); l’inserimento nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima di obiettivi stringenti per limitare a breve la vendita di auto a benzina e diesel; il potenziamento dell’offerta del trasporto pubblico locale, colmando il divario tra città del nord e quelle del Sud; il finanziamento delle ferrovie suburbane con modalità innovative; incentivare sistemi di trasporto intelligente (v. mobilità elettrica, ciclabile e pedonale); l’adozione di misure per la diffusione delle auto elettriche e la realizzazione di progetti locali di mobilità e valutazione della sicurezza stradale.

Suolo: fermare il consumo e rigenerare

Semaforo rosso (quindi vincoli ancora più stringenti) per quel che riguarda il Consumo di suolo. “l’obiettivo principale per le aree urbane e semiurbane per il 2030 è azzerare il consumo di suolo, che ormai procede (inesorabilmente?), impoverendo la qualità della vita di molti territori e città. In Italia, l’Istat per i prossimi anni, in rapporto alla popolazione prevede, purtroppo, persino una tendenza negativa, per cui sarebbe necessaria una “quota di suolo all’anno da rinaturalizzare (consumo netto negativo)”. Come: tra le altre azioni necessarie viene segnalata l’approvazione (sollecita) della legge per il contenimento del consumo di suolo (in discussione al Senato); l’adozione da parte di tutte le Regioni di leggi sul contenimento del consumo del suolo; la creazione di una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso, in alternativa al consumo di suolo inedificato.

Con la Cultura si va lontano

Quarto sotto obiettivo per riuscire a creare le “Città sostenibili”, considerato prioritario. È quello che riguarda la Cultura e il patrimonio culturale da salvaguardare. La spesa pubblica in Italia nel 2014 è stata dello 0,3% del Pil, al di sotto dello 0,5 Ue, pur ulteriormente abbassatosi negli ultimi anni anche in Europa. Ecco: l’obiettivo è –in sostanza – adeguare i parametri italiani a quelli continentali. Con alcune azioni necessarie suggerite: il mantenimento delle politiche di incentivo alla domanda (v. Bonus cultura); la pubblicazione del bando per la capitale italiana della cultura nel 2021; il coordinamento tra il sistema nazionale dei musei e la comunicazione dello strumento Art bonus; la ratifica della Convenzione quadro Faro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società.

Ci manca l’aria… di qualità

Ancora, altro obiettivo specifico (prioritario vista l’importanza per la nostra salute) “La qualità dell’aria”: nelle aree urbane, entro il 2025, bisognerebbe rispettare il limite previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) posto per il Pm 2,5 (particolato fine) di 10 μg per m³. Anche in questo caso il nostro paese “gode” di non invidiabili primati: le aree urbane italiane nel 2017 erano significativamente al di sopra dei livelli delle aree urbane europee per Pm 2,5 (Ue 14,1 μg/m³, Italia 19,4 μg/m³), con un aumento in entrambi i casi rispetto al 2016 (Ue 13,8 μg/m³, Italia 19,3 μg/m³). Semaforo (o cartellino?) rosso. Nel marzo 2019 (ricordano i curatori del Report) l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia Ue per il mancato rispetto in 10 città dei valori limite per il biossido di azoto (NO2), stabiliti dalla direttiva 2008/50/CE. Nel maggio 2018 era stata deferita per il superamento dei livelli di particolato (Pm 10) in diversi centri urbani. Ergo: “Per le aree urbane italiane il tema dell’inquinamento atmosferico è quindi un grave problema, con tutti le questioni correlate alla salute delle persone. Ecco allora le Azioni necessarie proposte per conseguire l’obiettivo: individuare una serie di strumenti per quanto riguarda trasporti, riscaldamenti e industrie per abbattere le polveri sottili; sviluppare esperienze di concertazione a diversi livelli istituzionali, (come il Tavolo sulla qualità dell’aria istituito dal ministero dell’Ambiente); il rafforzamento dei sistemi di monitoraggio locale della qualità dell’aria e di modalità d’informazione puntuale ai cittadini sui rischi per la salute.

Che il verde non sia solo speranza

Infine Il verde. L’obiettivo per i comuni capoluogo di provincia/città metropolitana entro il 2030 è raggiungere i 45 mq di superficie media di verde urbano per abitante, portandola alla dotazione attualmente più elevata in alcune zone europee. In Italia ci collochiamo nel 2017 ad una superficie media per abitante di 31,7 mq, ma almeno rispetto all’anno precedente procediamo verso un, sia pure ancora insufficiente, miglioramento: dello 0,7. Quindi c’è ancora molta strada da fare. In particolare se si aggiunge anche l’obiettivo di “aumentare entro il 2030 la quota di popolazione che può raggiungere a piedi un’area verde urbana entro un massimo di 10 minuti.”, e quindi godersela tranquillamente… Azioni, tra le altre proposte: “il riconoscimento del verde urbano nella sua totalità (pubblico, privato, urbano, periurbano), indipendentemente dalle sue classificazioni tecnico-gestionali, in modo da superare la sua concezione come semplice standard urbanistico e da valutarne tutte le potenzialità e gli effetti positivi; “l’introduzione di misure volte a garantire le risorse necessarie per una adeguata e costante manutenzione delle aree verdi urbane”; “la promozione di una nuova cultura del verde urbano e delle aree pubbliche come beni comuni; il collegamento tra le azioni per incrementare la dotazione di verde urbano e le iniziative di rigenerazione urbana con la massima attenzione per il riequilibrio delle attuali forti differenze tra le diverse città; un consistente sviluppo delle infrastrutture verdi e del settore agricolo nelle aree periurbane.

Solo progetti? No, anche buone pratiche

Insomma un vasto programma, per nulla utopistico ma anzi molto realistico e fattibile. A patto, come si usa spesso dire, che ci sia la volontà politica. Prova ne è l’insieme di Buone pratiche segnalate nella seconda Parte del Report, con diverse esperienze diffuse in Italia e che hanno coinvolto il vasto mondo delle realtà associative che fanno parte dell’Asvis.

Altre informazioni e il Report intero si può scaricare QUI