Dall’8 aprile 2020, in seguito a un’interlocuzione avvenuta con Labsus nell’ambito del nostro progetto Luoghicomuni, l’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale (da qui in poi “ALER” o solo “Azienda”) di Milano si è dotata di un proprio “Regolamento per la partecipazione dei cittadini attivi alla cura, alla gestione condivisa e alla rigenerazione dei beni comuni”.
Dopo Comuni, Unioni di Comuni, Province e Città Metropolitane, dunque, il Regolamento si misura, per la prima volta, con un soggetto radicalmente diverso da tutte le realtà appena menzionate, le quali presentano, pur nella loro varietà, una certa omogeneità di fondo che – va detto subito – latita nel caso in esame.
Prima di esaminare se e come il prototipo di Regolamento, calibrato sulla realtà dei Comuni, sia stato plasmato dalle indubbie peculiarità dell’ALER di Milano, occorre chiarire quali siano le caratteristiche dell’ente rilevanti in tal senso.
La natura di ente funzionale…
L’Azienda è un ente pubblico di natura economica e costituisce, da Statuto, lo “strumento del quale la Regione e gli enti locali si avvalgono per la gestione unitaria del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e per l’esercizio delle rispettive funzioni nel campo delle politiche abitative, con particolare attenzione alla loro funzione sociale”.
Compito dell’Azienda è, in particolare, quello di contribuire a soddisfare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica e sociale nel proprio ambito territoriale di competenza e lo fa nell’ambito dei poteri di coordinamento, indirizzo e di controllo esercitati dalla Regione.
Balza subito all’occhio, dunque, che l’ALER Milano non è un ente territoriale – come quelli che si sono sin qui avvalsi del Regolamento – ma funzionale. Ciò significa, in sostanza, che l’Azienda non individua i propri compiti sulla base di un determinato territorio, che a essa fa capo, ma è tenuta a perseguire un compito ben determinato (e solo quello, si badi), ponendosi in relazione di strumentalità rispetto alla Regione e agli enti locali.
Non solo. Oltre alla territorialità, nel caso di ALER Milano difetta pure il rapporto di rappresentatività con la comunità alla quale il Regolamento si rivolge.
…come limite
Tali elementi potrebbero, sulle prime, far dubitare della concreta utilità e/o della stessa ammissibilità di un Regolamento, che nasce e si alimenta, com’è noto, dalla collaborazione tra i cittadini di un dato territorio e l’ente dotato (secondo le competenze riconosciute dalla Costituzione e dalla legge) di poteri lato sensu politici su quello stesso territorio.
Non v’è chi non veda, del resto, che l’art. 118, comma 4, della Costituzione, nell’enunciare il principio di sussidiarietà orizzontale e il favor per l’autonoma iniziativa dei cittadini, menziona soltanto Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni.
Le obiezioni sono legittime, ma – come si vedrà – non del tutto decisive.
La specifica funzione svolta come opportunità
ALER Milano contribuisce a soddisfare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica e sociale. Qui sta, al contempo, il suo punto di forza e di debolezza circa l’adozione di un Regolamento. Della debolezza si è detto già, ma veniamo ora alla forza.
Proprio in una recente pronuncia (sent. n._44_del 2020) la Corte costituzionale ha ricordato che l’edilizia residenziale pubblica rientra nell’ambito dei servizi sociali ed è diretta ad assicurare in concreto il soddisfacimento del diritto all’abitazione, da includersi nel catalogo dei diritti inviolabili della persona.
La funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica si riflette, pertanto, anche sull’attività di ALER Milano che, in quanto ente strumentale, allo svolgimento di tale funzione partecipa in prima linea.
Ebbene: in quest’ottica l’adozione di un Regolamento risulta assai meno problematica di quanto visto sopra. Anzi, è proprio in ragione della particolare funzione sociale svolta che la scelta di ALER Milano di dotarsi di un Regolamento non risulta peregrina.
A conclusioni diverse, probabilmente, dovrebbe giungersi – se si porrà mai il caso – per altri tipi di enti pubblici presenti nel nostro ordinamento.
I patti di collaborazione nel Regolamento ALER
Venendo ora al Regolamento ALER, esso appare più snello del prototipo, non è diviso in Capi e si compone di soli 18 articoli (anziché 24).
Al di là delle singole corrispondenze o variazioni v’è, però, una differenza di fondo tra il Regolamento in commento e il prototipo, che qui funge da parametro. E anche tale differenza si collega, non a caso, alla natura di ente funzionale dell’ALER.
Balza subito all’occhio, infatti, che, da un lato, i patti di collaborazione disegnati dal Regolamento in commento hanno un ambito oggettivo inevitabilmente più limitato rispetto ai patti stipulabili in forza di un Regolamento adottato da un qualunque ente territoriale tra quelli menzionati all’art. 118 Cost. Tanto, per il semplice fatto che questi ultimi svolgono una pluralità di funzioni in settori diversi. Non è così, invece, per ALER e da qui discende la necessità, per il suo Regolamento, di indicare puntualmente (seppur senza pretesa s’esaustività), all’art. 5, gli “ambiti di collaborazione”. Il prototipo, viceversa, può limitarsi a demandare al Comune e ai cittadini attivi la definizione, direttamente nei patti, dell’ambito “degli interventi di cura, rigenerazione o gestione condivisa di beni comuni”.
Dall’altro lato occorre considerare che i patti stipulabili in base al regolamento dell’ALER Milano hanno anche un ambito soggettivo più ristretto. Difatti, mentre il perimetro dei cittadini attivi disegnato dal prototipo è il più ampio possibile – “tutti i soggetti, singoli o associati, senza necessità di ulteriore titolo di legittimazione” (art. 4) –, il Regolamento in commento esclude espressamente dall’amministrazione condivisa dei beni comuni gli occupanti senza regolare contratto e gli inquilini e/o cittadini che abbiano debiti accertati nei confronti di Aler Milano, non soggetti a piani di rientro, né alla Commissione di valutazione per incolpevolezza.
Gli esclusi dall’amministrazione condivisa. Contraddizione o contropartita?
Se la limitazione quanto all’oggetto dei patti risulta, per così dire, fisiologica, non sembra potersi dire lo stesso per una così rigida perimetrazione dei soggetti, che rischia di tradire la premessa inclusiva sottesa al Regolamento, ispirato al principio del pieno sviluppo della persona all’interno e per mezzo della comunità d’appartenenza.
D’altra parte, però, proprio questo rischio sembra essere la necessaria contropartita dell’utilizzo del Regolamento da parte di enti che, pur quando svolgono una funzione sociale (come qui accade), restano altra cosa rispetto a quelli indicati dall’art. 118, comma 4, della Costituzione.
Foto di copertina: Caseggiati ALER nel quartiere Corvetto di Milano (credits: Elena Taverna)
ALLEGATI (1):