Quando un servizio offerto da un operatore privato “a tutela dell’ambiente urbano” può considerarsi una forma di sussidiarietà orizzontale?

La sentenza n. 5730 del 2019 del TAR Lazio- Roma, sez. II-ter, chiarisce quali sono i poteri riconosciuti alle amministrazioni locali per tutelare l’ambiente urbano. Ma la sentenza offre anche spunti per ragionare su quali sono le condizioni per considerare un’azione del privato quale ipotesi di sussidiarietà orizzontale.

I motivi della controversia

Con la sentenza n. 5730 del 2019, il TAR Lazio- Roma, sez. II-ter, è stato chiamato a dirimere una complessa controversia, riguardante la legittimità del regolamento “per l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città storica”, nonché degli atti ad esso connessi, adottati dall’amministrazione capitolina, con i quali venivano ad essere interdette, ovvero limitate, alcune tipologie di attività, in particolare, quelle che prevedevano il servizio del consumo “sul posto”. Ad impugnare tali atti, poiché ritenuti in contrasto con la disciplina, nazionale ed europea, in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, è stato il titolare di un esercizio commerciale, abilitato a svolgere attività di laboratorio artigianale alimentare e vendita dei prodotti, ma che aveva destinato, senza alcun titolo, anche un’area al consumo sul posto.

La tutela dell’ambiente urbano…

Il giudice, conformandosi ad una giurisprudenza maggioritaria (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2012, n. 2060; Id, sez. V, 30 luglio 2018, n. 4663; T.R.G.A. Bolzano, 15 gennaio 2019, n. 9; Corte di Giustizia, 30 gennaio 2018, cause riunite C-360/2015 e C-31/16), ha sancito la legittimità degli atti impugnati, poiché, nonostante l’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, garantisca «la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza […] vincoli di qualsiasi natura», riconosce, comunque, agli enti territoriali e locali la possibilità, attraverso l’esercizio del proprio potere regolamentare, di porre dei limiti alle attività economiche e produttive, o indicare delle aree ad esse interdette, senza discriminazioni tra gli operatori, qualora vi sia la necessità di tutelare interessi connessi «alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso quello urbano, e dei beni culturali». Pertanto, essendo il regolamento e le delibere connesse finalizzati a tutelare l’ambiente urbano, all’amministrazione comunale, per il perseguimento di tale fine, deve essere riconosciuto il potere di pianificare anche la tipologia delle attività commerciali – non soltanto le modalità esteriori di esercizio delle stesse -, poiché è da esse che dipende l’entità e la natura del carico antropico, dunque la sostenibilità ambientale delle aree interessate.

…da parte dei soggetti privati

Ma la presente controversia è interessante soprattutto perché, nel tentativo di dimostrare che le limitazioni imposte alle attività con consumo sul posto si pongono addirittura in contrasto con il fine di tutelare l’ambiente urbano ed il suo decoro, il ricorrente ha qualificato la previsione di aree adibite a tale servizio quale «ipotesi di “sussidiarietà orizzontale”», poiché finalizzata «ad evitare il degrado che, in alternativa, comporterebbe il consumo del pasto in luogo pubblico» e, pertanto, maggiormente rispondente al perseguimento dei suddetti obiettivi. Tuttavia, il giudice non ha accolto tale interpretazione, anzitutto, perché rientra nella discrezionalità dell’amministrazione la scelta delle misure più idonee per la tutela dell’ambiente urbano, che sono insindacabili, se non ab externo nel caso di illogicità ed incongruenza; inoltre, perché si basa soltanto su un indimostrato presupposto secondo cui, nel caso di mancanza di spazi interni, i clienti si decidano a consumare il pasto stazionando sul suolo pubblico, arrecando pregiudizio al decoro urbano.

Commento

Il giudice, pur fornendo utili indicazioni, non ha prestato particolare attenzione alla possibilità di qualificare la previsione di spazi adibiti al consumo sul posto quale espressione di sussidiarietà orizzontale, un profilo che merita, in questa sede, una più attenta riflessione. La lettura fornita dal ricorrente, infatti, non appare condivisibile, perché se per attività di sussidiarietà orizzontale si considerano quelle svolte nell’interesse della comunità, nel presente caso, non è possibile individuare tale fine. Questa conclusione, di certo, non dipende dalla natura economica del soggetto che promuove l’azione, ma piuttosto dalla mancanza di un collegamento tra quest’ultima ed il perseguimento effettivo degli interessi generali, quali la tutela ed il decoro dell’ambiente urbano. Anzi, la scelta di prevedere degli spazi interni adibiti al consumo sul posto, costituendo – come dimostrato da uno studio – un servizio obiettivamente in grado di esercitare un’attrattività sulla clientela maggiore rispetto al mero esercizio di vendita o di laboratorio artigianale, cagionerebbe un pregiudizio all’ambiente urbano. In particolare, il maggior flusso di persone attratte dal servizio si tradurrebbe in un più intenso carico antropico, che, al contrario, con l’adozione delle misure limitative si tenta di scongiurare, così da poter, di fatto, garantire la sostenibilità ambientale di peculiari ambiti urbani, come lo è il centro storico della Città di Roma, riconosciuto quale “patrimonio mondiale UNESCO”.

Foto di copertina: Sosinda su Pixabay