La pronuncia in esame consente di approfondire la figura delle “fondazioni di partecipazione”, anche se la lettura fornita dai giudici contabili sembra configurare tali organismi come (mere) forme di esternalizzazione di attività e/o servizi, dando un’applicazione restrittiva del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale.
La questione posta all’attenzione dei giudici
Il Comune di Malborghetto-Valbruna intende costituire una fondazione di partecipazione avente la finalità (non lucrativa) di valorizzare la foresta di Tarvisio, nella quale ricade parte del territorio comunale. Si tratterebbe di un organismo aperto alla partecipazione, anche progressiva, di altri soggetti, pubblici e privati, sui quali non graverebbe l’obbligo di alimentare il patrimonio di dotazione. Lo Statuto, inoltre, prevederebbe una durata decennale della fondazione e imporrebbe ai fondatori il versamento annuale di un determinato conferimento.
Alla luce di ciò, l’Ente territoriale chiede alla Sezione di controllo della Regione Friuli Venezia Giulia se sia legittimo costituire e partecipare la siffatta fondazione e, in caso affermativo, se ad essa debba applicarsi la disciplina pubblicistica.
Le ragioni e i principi sottesi alla “riscoperta” delle fondazioni
Dando seguito alla richiesta avanzata dal Comune, con la deliberazione Fvg/22/2019/Par del 18 settembre 2019, la Sezione di controllo emette un parere motivato, riscontrando, dapprima, la sussistenza dei requisiti di ammissibilità soggettiva e oggettiva e, successivamente, valutando la questione nel merito.
Sotto quest’ultimo profilo, in via preliminare, il Collegio ritiene utile accennare alle ragioni (fattuali) che hanno decretato la riscoperta delle fondazioni da parte degli enti pubblici, ricollegandole essenzialmente ad esigenze politiche, quali la privatizzazione e la crisi finanziaria pubblica.
Secondariamente, i giudici contabili si soffermano sui principi giuridici (di rango costituzionale) che hanno permesso tale sviluppo, affermando l’importanza del principio di buon andamento, nel favorire l’emersione di forme di partenariato pubblico-privato, volte a ricalibrare il rapporto tra la spesa pubblica e quella privata e, soprattutto, del principio di sussidiarietà orizzontale, il quale – si legge – «rappresenta l’espressione più alta per cui lo Stato, le Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale». In tale ambito, peraltro, assume particolare rilevanza quel passaggio nel quale i giudici contabili affermano che «(l)e fondazioni, come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, hanno natura privata e sono espressione organizzativa delle libertà sociali, costituendo i cosiddetti corpi intermedi, collocati fra Stato e mercato, che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, un preciso presidio rispetto all’intervento pubblico (Corte costituzionale 28 settembre 2003, n. 300 e n. 301)».
Le fondazioni di partecipazione: l’iter procedimentale
Richiamate le ragioni fattuali e i principi costituzionali sottesi alla costituzione delle fondazioni tout court, i giudici contabili delineano a grandi linee l’iter procedimentale finalizzato alla costituzione delle fondazioni di partecipazione, soffermandosi, poi, su questa figura.
In particolare, con riferimento all’iter procedimentale, secondo il Collegio, la costituzione di una fondazione, specie se non prevista ex lege, come nel caso in esame, impone all’amministrazione procedente l’esperimento di un’attività istruttoria nella quale prospettare le varie soluzioni giuridiche da recepire nella fase decisionale e l’adozione di un’adeguata motivazione, ai sensi dell’art. 3, l. n. 241/1990, volta a verificare gli impatti economici, patrimoniali e gestionali sul bilancio comunale.
Le fondazioni di partecipazione: un breve approfondimento
Con specifico riferimento alla figura in oggetto, tenuto conto degli importanti elementi di contiguità con la fondazione tradizionale delineata nel codice civile – rinvenibili nello scopo non lucrativo e nell’esistenza di un patrimonio destinato al raggiungimento di un obiettivo predefinito ed invariabile, fissato nell’atto costitutivo – emerge un importante elemento di caratterizzazione, rappresentato dal fatto che il fondatore ovvero i fondatori partecipino attivamente alla vita dell’organismo.
Dall’analisi dei giudici, emergono altresì gli elementi costitutivi della fondazione di partecipazione: da un lato, l’elemento personale; dall’altro, quello patrimoniale, che presenta una struttura “aperta” e a “formazione progressiva” e si articola in un fondo di dotazione (inteso come riserva intangibile) e in un fondo di gestione (utilizzabile nell’attività di gestione).
In ultimo, i giudici, consapevoli della peculiare struttura (aperta) della fondazione di partecipazione, richiamano la necessità di valutare, in casi come questi, la struttura e le regole di funzionamento contenute nello Statuto dell’organismo, nonché l’impatto economico-finanziario che esso ha per l’Ente locale.
Le fondazioni di partecipazione nel regime pubblicistico
Quanto alla possibilità di ricondurre la fondazione di partecipazione e, più in generale, qualsiasi soggetto privato, nell’alveo della disciplina pubblicistica, la Sezione regionale, richiamando alcune pronunce dei giudici contabili, individua la necessaria coesistenza dei seguenti tre elementi: 1) la personalità giuridica; 2) la finalità non lucrativa volta al soddisfacimento di esigenze (ovvero interessi) generali; 3) il finanziamento maggioritario da parte di organismi di diritto pubblico e/o la designazione maggioritaria dell’organo di amministrazione o vigilanza da parte di un ente pubblico.
Detto altrimenti, il Collegio evoca (seppure solo implicitamente) la figura dell’organismo di diritto pubblico, emersa in ambito giurisprudenziale e ora cristallizzata nel codice dei contratti pubblici.
Così facendo, dunque, i giudici contabili si allineano ad un indirizzo espresso dai giudici amministrativi, di cui, peraltro, si è già tenuto conto in questa Rivista.
Il giudizio della Corte in sintesi
In estrema sintesi, allora, con riferimento alla questione oggetto di pronunciamento, sembra possibile sostenere che la Sezione regionale affermi la possibilità per il Comune di costituire e partecipare la fondazione di partecipazione di cui si discetta, nel rispetto, tuttavia, di un complessivo procedimento, volto, in particolare, a soppesare i costi-benefici derivanti da una simile scelta con quelli derivanti da altre possibili scelte istituzionali.
Alcune riflessioni conclusive
In conclusione, le argomentazioni dei giudici sembrano configurare, quantomeno nel caso di specie, la figura in esame quale (mera) forma di esternalizzazione di attività e/o servizi ascrivibili in via originaria in capo all’Ente locale. D’altra parte, è lo stesso Collegio ad esprimere l’opportunità di “utilizzare” soggetti (nonché risorse) di natura privata, quali le fondazioni di partecipazione, per il perseguimento dei propri scopi, riconoscendone, in tal senso, la valenza essenzialmente strumentale, in ossequio ad una lettura restrittiva del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale. In questa prospettiva, peraltro, appare condivisibile il richiamo dei giudici alla disciplina dei contratti pubblici – che riconduce tali organismi nell’ambito pubblicistico, imponendo il ricorso alle procedure ad evidenza pubblica – in quanto si rivela orientato a garantire il rispetto dei principi e delle regole che tutelano e promuovono la concorrenza e dunque a scongiurare eventuali favoritismi.
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