Con la sentenza n. 393 del 2019, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana affronta il tema del rischio d’impresa degli operatori del Terzo settore, che svolgono servizi pubblici in convenzione. Nel confermare la sentenza di primo grado, anzitutto, i giudici siciliani evidenziano che il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere inteso quale assicurazione da parte del soggetto pubblico del successo dell’iniziativa economica del privato. In secondo luogo, affermano che, al fine di garantire il buon andamento dell’azione amministrativa, l’ente locale, che affida in convenzione un servizio, deve comunque attenersi al rispetto di criteri di sostenibilità finanziaria, anche se si tratta di un servizio di particolare natura come lo è quello assistenziale.
Il rinnovo di una convenzione comunale per l’assistenza socio-sanitaria
Nella controversia in esame un’associazione di assistenza per anziani si rivolge al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per la riforma di una sentenza del TAR Sicilia che aveva respinto il ricorso per l’annullamento di una delibera adottata nel 2008 dal Comune di Catania, con cui si approvava un nuovo schema di convenzione per il servizio di assistenza residenziale per anziani. L’associazione – che era legata da precedente convenzione con il Comune – decideva di impugnare la delibera perché nei contenuti difforme, in senso peggiorativo, da quanto concordato in fase di concertazione con le associazioni di categoria.
La revisione delle clausole concernenti il trattamento economico
Tra le nuove clausole, vi erano la sensibile riduzione dell’ammontare giornaliero della retta corrisposta per persona ospitata e il superamento del criterio del cd. ‘pieno per vuoto’, per cui viene meno la corresponsione, da parte dell’amministrazione comunale, di oneri di spesa fissi a favore del soggetto convenzionato anche qualora non tutti i posti letto previsti in convenzione siano effettivamente assegnati. L’appellante sosteneva che queste modifiche dei criteri di remunerazione si sarebbero inevitabilmente ripercosse sulla qualità del servizio, poiché la struttura convenzionata è tenuta a sostenere dei costi fissi e non comprimibili, connessi agli standard qualitativi e di personale imposti dalla convenzione medesima.
Sussidiarietà orizzontale e rischio imprenditoriale
Tuttavia, i giudici di appello confermano il giudizio di primo grado, ritenendo infondata la contestata violazione di alcune disposizioni costituzionali, su cui si basa l’impugnazione della delibera comunale che approva la nuova convenzione. Sostengono i giudici, in primo luogo, che il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere inteso quale assicurazione da parte del soggetto pubblico del successo dell’iniziativa economica del privato, condizione alla quale mirerebbe l’intera iniziativa giurisdizionale della ricorrente. In secondo luogo, non sarebbe rinvenibile nemmeno una violazione del connesso obbligo di concertazione, poiché il confronto tra il Comune e le associazioni di settore non potrebbe tradursi in auto-vincolo, specie se le modifiche unilateralmente apportate dall’amministrazione sono a tutela di altri principi di pari rilievo costituzionale, come quelli del pareggio di bilancio e del buon andamento dell’azione amministrativa. Infine, la nuova convenzione non è ritenuta lesiva neanche del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., dato che per gli enti convenzionati non vige un regime di esclusiva in favore dell’amministrazione convenzionante, ma possono operare anche per soggetti privati o per una pluralità di amministrazioni comunali.
Tutela della concorrenza e disciplina degli aiuti di Stato
Vale la pena soffermarsi, poi, su un altro aspetto della relazione tra sussidiarietà orizzontale e tutela della concorrenza che viene posto in risalto dai giudici siciliani. Costoro argomentano che la previsione di un onere economico di copertura totale dei costi, legati al rischio di gestione, da parte dell’amministrazione comunale sarebbe in contrasto con il divieto di aiuti di Stato in capo all’amministrazione pubblica di cui all’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nella misura in cui verrebbe a creare una disparità di trattamento – ingiustificata – tra soggetti che erogano servizi assistenziali solo nel privato e quelli che erogano tali servizi, in forza di apposita convenzione, anche in favore delle amministrazioni comunali. Le imprese convenzionate laddove potessero fruire di una copertura di spesa fissa, anche quando non fossero tenuti ad erogare alcun servizio in favore dell’amministrazione comunale, godrebbero di un indebito vantaggio competitivo rispetto a tutti gli altri operatori del settore non convenzionati, che dovrebbero invece sopportare, in proprio, i costi dei posti letto non occupati.
Sostenibilità finanziaria e bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti
La sentenza, sebbene avente ad oggetto fatti di gran lunga antecedenti, fornisce elementi di riflessione riguardo ad un dibattito di particolare attualità concernente alcune controverse disposizioni del Titolo VII del Codice del Terzo settore ̶ il d.lgs. n. 117/2017 ̶ , tese a regolare i “rapporti con gli enti pubblici”. Come si può constatare dalla lettura della sentenza, i giudici decidono, opinabilmente, di omettere qualsiasi riferimento ai principi solidaristici e fanno leva esclusivamente su argomentazioni che si fondano sulla tutela del libero mercato e degli equilibri di finanza pubblica per affermare che il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere usato per invocare condizioni di maggior riguardo nei confronti delle imprese sociali. Dunque, all’amministrazione che affida in convenzione a terzi il servizio viene richiesto di limitare la propria discrezionalità, attenendosi univocamente a stretti criteri di copertura finanziaria e di sostenibilità degli impegni di spesa. Viene omessa, invece, ogni doverosa considerazione relativa alla particolare natura dei servizi assistenziali richiesti all’operatore socio-sanitario convenzionato e ai livelli di qualità che è ragionevole attendersi nella prestazione, in regime pubblicistico, di servizi alla persona come quelli in oggetto, per definizione difficilmente standardizzabili. Infine, ciò che, evidentemente, manca del tutto in questa sentenza è anche la considerazione delle peculiarità del sistema del Terzo settore rispetto al restante mondo imprenditoriale, che avrebbe giustificato un diverso tipo di trattamento nel rispetto, a tacer d’altro, di un mero principio di ragionevolezza.
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