Ci sono tutte le condizioni perché la sentenza n. 131 del 2020 divenga una pietra miliare nella storia del diritto italiano: ha, infatti, stabilito che la co-progettazione con gli Enti del terzo settore (d’ora in poi, ETS) è la soluzione ordinaria con cui dare vita ai rapporti di collaborazione delle pubbliche amministrazioni.
L’origine della controversia
La controversia è originata dall’impugnazione di una legge della regione Umbria che include le cooperative di comunità tra le società cooperative. La norma è stata contestata dallo Stato perché così facendo la legge regionale sembrava aver ampliato il novero dei soggetti da includere negli ETS, di cui fanno parte anche le società cooperative ma non le cooperative di comunità, ingerendosi nella competenza esclusiva dello stato di determinare le regole che attengono all’ordinamento civile. La Corte costituzionale ha respinto questa tesi, ma ha approfittato del caso per svolgere una riflessione più ampia che ha un notevole significato.
La collaborazione e il principio di sussidiarietà orizzontale
Il giudice ha ritenuto che per dare soluzione alla controversia è centrale l’art. 55 del Codice del Terzo Settore (d’ora in poi, CTS), il quale dispone che le pubbliche amministrazioni possono co-progettare attività e interventi di interesse generale insieme agli ETS. A detta della Corte questa norma è al momento la più compiuta realizzazione normativa del principio di sussidiarietà orizzontale che impronta le relazioni con le pubbliche amministrazioni in termini di collaborazione. Tale esito è, infatti, favorito dal fatto che la sussidiarietà legittima quelle forme di socialità che le persone sviluppano in termini solidaristici, dando luogo a forme sociali associative di grande originalità e caratterizzate dallo scambio mutuale. Se, per un verso, queste forme libere e solidaristiche di socialità sono sempre esistite nel nostro Paese, per un altro, però, il principio di sussidiarietà orizzontale ha permesso all’ordinamento di fare un passo ulteriore superando «l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale», riconoscendo tale proprietà anche ai cittadini quando realizzano esperienze di cittadinanza attiva. In particolare, la Corte ritiene che gli ETS siano soggetti particolarmente adatti a svolgere questa funzione collaborativa perché, ai sensi del CTS, perseguono il bene comune, svolgono attività di interesse generale senza finalità lucrative e sono sottoposti a rigorosi controlli. Ma, al di là di questo dato formale, gli ETS sono anche depositari di preziosi dati informativi, capacità organizzativa e di intervento che risultano molto utili alle pubbliche amministrazioni, sia perché consentono di realizzare economie di spesa, sia perché sono in grado di elevare la qualità dei servizi resi.
Amministrazione condivisa alternativa al mercato
Cruciale è il passaggio in cui la Corte costituzionale inquadra questo tipo di relazioni nell’ambito dell’Amministrazione condivisa, precisando che è decisamente alternativa a quella di mercato perché presuppone modelli di azione che sono «fasi di un procedimento complesso di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico». Diviene così lampante la distanza siderale di questa lettura con quella offerta dal parere n. 2052 del Consiglio di Stato, reso il 20 agosto 2018, che è arrivato perfino a ritenere fosse da disapplicare l’art. 55 CTS per contrasto con il codice dei contratti pubblici. In realtà, la Corte costituzionale ha ben spiegato che quella lettura non ha alcun fondamento perché gli ambiti disciplinari sono profondamente diversi: il CTS promuove le azioni solidali per l’interesse generale fondate sullo scambio a prevalenza mutualistica, il codice dei contratti pubblici regola i rapporti patrimoniali basati su scambi utilitaristici. A questo proposito è fondamentale il richiamo che la Corte fa al diritto europeo, la cui interpretazione è spesso malintesa e posta a base per sostenere l’interpretazione criticata che ha utilizzato il Consiglio di Stato; secondo il giudice delle leggi, infatti, il diritto europeo lascia agli Stati membri il diritto di organizzare autonomamente le relazioni di carattere solidaristico, sicché la presunta superiorità del diritto europeo in nome della concorrenza non trova in alcun modo riscontro in queste circostanze. Pertanto, il modello dell’Amministrazione condivisa non si pone in contrasto con l’ordinamento europeo, semplicemente perché quest’ultimo non ha la pretesa di occupare tutti gli spazi giuridici e, in particolare, quelli improntati su relazioni di solidarietà.
La praticabilità della co-progettazione
Dopo questa sentenza, se ancora vi fossero dubbi, viene smentito definitivamente che le pubbliche amministrazioni siano strette nella tenaglia tra poteri unilaterali e contratti: esistono delle relazioni di natura collaborativa che rispondono a logiche diverse tanto da quelle autoritative quanto da quelle di concorrenza e che necessitano di uno spazio giuridico ulteriore che ha regole apposite. La sentenza, dunque, permette alla co-progettazione e ai moduli di azione dell’art. 55 CTS di trovare piena dignità ed espressione, dopo che per un anno e mezzo è prevalsa una lettura diversa a causa del parere citato. Ciò consente di “liberare” le pubbliche amministrazioni, ma anche gli ETS, per mettere assieme le competenze, le risorse e le capacità per offrire soluzioni innovative a problemi sociali complessi, di cui si sente – proprio in questi tempi difficili – un grande bisogno. Non è esagerato dire che la sentenza compie una nuova conquista di civiltà giuridica dell’ordinamento democratico.
Le condizioni
Naturalmente sarà bene tenere conto che questo significativo passo avanti non è privo di condizioni. La Corte è stata piuttosto attenta a esigere che l’art. 55 CTS trova legittimazione solo se gli interlocutori delle pubbliche amministrazioni sono gli ETS; si capiscono le motivazioni di questo rigore, ma naturalmente bisogna tener presente che le norme più stringenti del CTS pretendono da parte di questi soggetti una capacità rafforzata di saper soddisfare i nuovi requisiti. Inoltre, la circostanza che la co-progettazione è finalmente separata dalla disciplina dei contratti pubblici non fa venir meno l’attenzione dovuta al piano applicativo, per evitare che si chiamino relazioni di co-progettazione rapporti di natura patrimoniale. Resta, cioè, l’esigenza di sviluppare una nuova cultura amministrativa che sappia distinguere con nettezza anche sul piano applicativo la co-progettazione dai rapporti patrimoniali.
Foto di copertina: Cristian Escobar su Unspalsh
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