Con la sent. 30 gennaio 2020, n. 1314, il TAR Lazio, Sez. II-ter, ha rigettato il ricorso proposto dall’Associazione per il Fondo Italiano dell’Allevamento (FIA) avverso gli atti con i quali l’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) ha modificato l’art. 84-bis del Regolamento Corse.
In estrema sintesi il citato art. 84-bis, prima della novella, riservava la metà delle corse per cavalli maiden (ossia «mai vincitori») o debuttanti di 2 anni ai figli di stalloni iscritti all’European Breeders Fund (EBF). A seguito delle modifiche apportate all’art. 84-bis, in successione, con gli atti impugnati, venivano ridotte al 10% le corse «riservate a cavalli italiani e stranieri figli di stalloni operanti in Italia o che hanno operato in Italia al momento del concepimento programmate in Italia per cavalli di 2 o 3 anni» e veniva stabilito che «il 70% delle corse maiden o debuttanti per cavalli di 2 anni sono supplementabili con somme erogate dal FIA», ma le suddette corse «resteranno comunque aperte per tutti i cavalli che hanno titolo in base proposizioni».
Sulla (in)sussistenza di una violazione del principio di sussidiarietà orizzontale
Tra i motivi di gravame articolati dall’Associazione figura anche la violazione del principio di sussidiarietà orizzontale, in forza del quale l’UNIRE dovrebbe sostenere il FIA, giacché l’attività di quest’ultimo sarebbe da sempre riconosciuta di interesse generale, in quanto idonea a perseguire efficacemente l’incremento dell’allevamento dei cavalli purosangue attraverso l’adesione al sistema internazionale del EBF.
Ad avviso del TAR Lazio, però, la violazione lamentata nel caso di specie non sussiste, in quanto – si legge nella pronuncia – «la circostanza che un Ente privato persegua finalità di rilievo pubblico e che tali finalità siano riconosciute da norme regolamentari di favore, non attribuisce al beneficiario un diritto di insistenza a mantenere inalterato nel tempo tale trattamento».
Conseguentemente, secondo il Giudice amministrativo l’elisione di una posizione di vantaggio precedentemente concessa dalla P.A. a un organismo privato in rapporto a interessi generali che, a un successivo apprezzamento, si è ritenuta non più opportuna, non configurerebbe una violazione del principio di sussidiarietà orizzontale.
Diritto o aspirazione. La situazione giuridica dei privati “favoriti”
Le affermazioni del TAR, invero, non destano particolare stupore e forniscono, anzi, l’occasione di effettuare considerazioni più generali su un profilo problematico dell’applicazione del principio.
In primo luogo, infatti, è noto che il contenuto del principio di sussidiarietà orizzontale si sostanzia nel favor per l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, nello svolgimento di “attività di interesse generale”. La locuzione testé indicata – che figura all’art. 118, comma 4, Cost. – costituisce evidentemente una formula quanto mai aperta e inclusiva.
Ciò significa, da un lato, che non è possibile circoscrivere entro confini eccessivamente angusti l’ambito applicativo del principio, escludendo a priori talune materie dal suo raggio d’azione. Dall’altro – e di riflesso – una formula tanto ampia ed elastica comporta, però, anche l’impossibilità di configurare una sorta di “riserva di sussidiarietà orizzontale” in favore dei privati o, meglio, di quei privati che abbiano già beneficiato, per un periodo più o meno prolungato, di un trattamento di favore nello svolgimento di una determinata attività di interesse generale.
L’esistenza di una tale riserva – e quindi del diritto (anziché della mera aspirazione o aspettativa) del privato alla permanenza del trattamento di favore – sarebbe difficilmente prospettabile, anzitutto, nei confronti dell’Amministrazione.
Difatti, è all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione che, in ultima analisi, è rimessa la scelta delle modalità di miglior perseguimento degli interessi generali.
Non solo. Un diritto alla permanenza del favor nei confronti di un determinato soggetto privato potrebbe produrre – in certi ambiti – addirittura una discriminazione a rovescio nei confronti degli altri soggetti privati (singoli o associati) che pure aspirino a svolgere la medesima attività di interesse generale, godendo dello stesso trattamento di favore. Non v’è chi non veda, infatti, che sussistono casi in cui il favor nei confronti di un soggetto implica ex se l’esclusione di altri soggetti dalla fruizione del medesimo beneficio.
Il meccanismo “a fisarmonica” sotteso all’art. 118, comma 4, Cost.
Paradossalmente, dunque, affermare l’esistenza di un diritto incondizionato del privato a continuare a svolgere una data attività di interesse generale in luogo dell’Amministrazione sembra suscettibile di tradire la ratio dell’art. 118, comma 4, Cost.
Direttamente da quest’ultimo, infatti, è possibile argomentare che il meccanismo di funzionamento del principio di sussidiarietà orizzontale ricordi quello di una fisarmonica. Il principio è suscettibile di estendersi fino a coprire vastissimi ambiti di attività, ma, al contempo, ben può ritrarsi riducendo al minimo lo svolgimento da parte di privati di determinate attività di interesse generale, qualora – s’intende – tale scelta sia giustificata da un nuovo e ragionevole apprezzamento (o deprezzamento) degli interessi in gioco.
L’equilibrio tra le opposte tendenze risiede – a parere di chi scrive – proprio nella ragionevolezza delle valutazioni di volta in volta compiute dall’Amministrazione. Valutazioni che, solo ove trasmodino nella palese arbitrarietà, potrebbero giustificare l’annullamento dei relativi atti da parte del Giudice amministrativo.
ALLEGATI (1):