La Regione Toscana ha recentemente approvato la legge 71 del 24 luglio 2020 sul governo collaborativo dei beni comuni e del territorio, espressione della consolidata attenzione di questa Regione in tema di politiche pubbliche che puntino al coinvolgimento della cittadinanza attiva e delle formazioni sociali nel perseguimento di finalità di benessere e coesione sociale, anche in prospettiva di sviluppo sostenibile ed equità intergenerazionale.
Per l’attuazione dello Statuto regionale
Come chiarito nel preambolo che precede i tredici articoli della legge 71/2020, già nello Statuto della Regione Toscana si rinvengono disposizioni che insistono sul principio di sussidiarietà (articoli 58 e 59), sulla tutela e valorizzazione dei Beni comuni (articolo 4, comma 1, lettera m-bis, come introdotto dalla novella del 2018) e sullo sviluppo sostenibile (articolo 3, comma 3-bis, come introdotto dalla novella del 2019). La legge in commento si pone come continuum logico delle richiamate disposizioni statutarie e ne costituisce una prima attuazione avente ad oggetto, nello specifico, la definizione dei principi e delle disposizioni in materia di tutela dei beni comuni, nonché dei criteri e degli strumenti di gestione funzionali agli stessi.
Finalità, criteri e soggetti
L’articolo 1, comma 2, individua le seguenti finalità a cui deve tendere la gestione e la fruizione dei Beni comuni: (i) la tutela del benessere delle persone che abitano il territorio regionale, nonché delle generazioni future; (ii) la promozione della coesione sociale e dello spirito di collaborazione tra pubblica amministrazione, cittadinanza attiva e altre formazioni sociali; e (iii) la rivitalizzazione degli strumenti di democrazia rappresentativa.
La definizione di Beni comuni, già introdotta con la modifica dello Statuto della Regione Toscana del 2018, viene così arricchita di un nuovo elemento: i Beni comuni sono quei beni «per i quali i cittadini si attivano per garantirne e migliorarne la fruizione collettiva e condividere con l’amministrazione le responsabilità della loro cura, gestione condivisa e rigenerazione».
In questa prospettiva vengono individuati i criteri che reggono la collaborazione tra cittadini attivi, enti regionali, enti locali e altri soggetti privati (e.g., semplicità dei rapporti, cooperazione e inclusività, sostenibilità, sussidiarietà sociale) e, all’articolo 5, viene chiarito che tutti coloro che vivono sul territorio regionale, sia come singoli che attraverso formazioni sociali, possono farsi promotori di proposte ed iniziative per il governo collaborativo dei Beni comuni, rivolgere istanze agli enti regionali e locali per segnalare eventuali inadempienze nell’esercizio dei poteri amministrativi in tale materia, nonché mettere a disposizione beni di proprietà quali Beni comuni. Si segnala che per i soggetti associativi che intendano svolgere tali attività vale il principio dell’osservanza dei criteri di democraticità per la formazione della volontà sociale.
Strumenti operativi
In ossequio al principio di autonomia, gli enti locali potranno adottare propri Regolamenti sulla gestione dei beni comuni, in conformità con i principi espressi dalla legge in commento; alla Regione Toscana, invece, è rimessa l’adozione entro dicembre 2020 di un Regolamento sull’Amministrazione condivisa dei beni comuni, il cui contenuto essenziale è disciplinato dall’articolo 7 e che, inter alia, comprende significativamente: (i) la costituzione di gruppi di lavoro per l’istruttoria e la valutazione delle proposte di collaborazione aventi ad oggetto beni comuni; (ii) la disciplina delle procedure per l’adozione dei Patti di collaborazione, con previsione di tempi certi; (iii) la previsione di procedure di consultazione pubblica per l’individuazione dei beni e dei soggetti affidatari; (iv) i criteri di scelta dei soggetti affidatari, con obbligo di motivazione; nonché (v) i criteri e le modalità di fruizione pubblica del bene comune affidato.
Il regolamento definisce così il framework generale nel quale si inseriscono i Patti di collaborazione, mediante i quali trovano composizione gli interessi relativi alle utilità generate dal bene comune e vengono delineate nel dettaglio le attività di cui cura, gestione collaborativa e rigenerazione dello stesso. Una disciplina essenziale del Patto di collaborazione è delineata all’articolo 8, che prevede la definizione inter alia (i) degli obiettivi della collaborazione; (ii) della durata (ricompresa tra 2 e 9 anni); e (iii) delle forme di sostegno messe a disposizione da parte degli enti pubblici.
Proprio in relazione alle forme di sostegno, è lo stesso articolo 8 a chiarire che il Patto di collaborazione potrà certamente prevedere l’uso a titolo gratuito di immobili di proprietà di enti pubblici, la possibilità di assunzione da parte degli stessi di oneri per la realizzazione di interventi, nonché esenzioni e agevolazioni, consentite ex articolo 10. Al contrario, non è possibile per gli enti pubblici destinare contributi in denaro a favore dei cittadini attivi. Infine, si evidenzia che, in relazione agli interventi di rigenerazione con attività di recupero del bene ad opera dei cittadini, il Patto di collaborazione sarà stipulato da parte di un ente del Terzo settore che si assumerà gli obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.
Considerazioni finali
Le disposizioni oggetto di commento sono certamente di primario interesse e testimoniano l’intento della Regione Toscana di disciplinare in maniera esaustiva la gestione dei Beni comuni, dando seguito agli intenti programmatici assunti con la modifica nel 2018 dello Statuto. Certamente si tratta di un percorso non ancora completato, in cui l’adozione del Regolamento regionale di cui supra costituirà un ulteriore importante tassello.
Per il momento, sembra essenziale l’attento monitoraggio della transizione in corso: da un lato, infatti, le esperienze di cura, gestione e rigenerazione dei Beni comuni già avviate sono chiamate a conformarsi alla novella e a provvedere alla sottoscrizione di un Patto di collaborazione nel termine di tre mesi dall’entrata in vigore della legge (i.e. entro il 13 novembre 2020), dall’altro si attende il proliferare di nuove proposte ed iniziative alimentate da un clima di particolare favor. In questa prospettiva, la previsione dell’elaborazione di una banca dati dei Beni comuni, dove poter mappare e monitorare non solo le esperienze realizzate, ma anche i beni in stato di abbandono, e la previsione di un incontro pubblico da tenersi entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge, nel quale auspicabilmente valutare i dati raccolti, i primi impatti della novella e, se del caso, aggiustare il tiro, sembrano ottime premesse per una buona gestione del territorio e dei Beni comuni in chiave partecipata ed inclusiva. Premesse che ci si auspica vengano replicate anche al di fuori dei confini regionali.
Foto di copertina: Michele Palmieri su Pixabay
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