La sezione di Ricerche pubblica la tesi magistrale di Lorena Di Maria “Dal riuso temporaneo all’urbanistica tattica. Esperienze partecipate per ripensare gli spazi urbani”, un lavoro che indaga su un’ampia varietà di pratiche che rappresentano un terreno di sperimentazione per le future trasformazioni della città, ancora inesplorato e tutto da scoprire.
Immaginate una città dove spazi abbandonati e dimenticati riprendono vita. Una città nella quale fabbriche dismesse e centri commerciali in disuso, negozi sfitti e spazi pubblici si trasformano in luoghi aperti alla cittadinanza. Proprio qui nascono nuove attività culturali, artistiche e musicali, sorgono orti urbani, mercatini e aree per il gioco. Pensate ora a una comunità di cittadini che ogni giorno si prende cura di questi spazi e che, con impegno, ne garantisce il futuro. Potremmo dire che “è troppo bello per essere vero”, ma in molte città d’Italia, d’Europa e del mondo, questa è già realtà. Così le città si stanno reinventando, attraverso una rigenerazione urbana dove gli usi temporanei scommettono sul provvisorio, sull’imprevisto e sull’impermanente, diventando catalizzatori capaci di offrire nuove soluzioni per riprogettare lo spazio urbano.
Gli usi temporanei tra partecipazione, informalità e basso costo
Il discorso intorno agli usi temporanei parte da un paradosso: gli strumenti convenzionali che disciplinano le trasformazioni urbane sono caratterizzati da una visione di lungo termine ma si trovano a relazionarsi con una città che muta e si trasforma più velocemente della capacità di prevederne le trasformazioni future. Così si stanno sempre più diffondendo progettualità caratterizzate dal basso costo, dalla replicabilità e dall’informalità che molto spesso vedono protagonisti i cittadini attraverso azioni talvolta spontanee e altre collaborative a fianco delle amministrazioni.
Do-it-yourself urbanism, Pop-up urbanism, Guerrilla urbanism o Urban hacking sono solo alcuni esempi di quelle “tattiche urbane” in grado di stimolare un cambiamento capace di migliorare la qualità della vita attraverso una co-creazione collettiva degli spazi urbani, non ponendosi in contrasto con la pianificazione tradizionale ma bensì arricchendola.
Riuso Temporaneo: da vuoti urbani a catalizzatori della creatività
Prendiamo ad esempio città come New York, Londra, Amsterdam o Berlino: a partire dagli anni Settanta la contrazione dell’industrializzazione ha favorito esempi sempre più diffusi di dismissione, lasciando in eredità un consistente quantitativo di vuoti urbani. Ed è proprio in questo contesto che parliamo di riuso temporaneo, il quale, come definito dallo studio di Urban Catalyst (Oswalt, Overmeyer, Misselwitz, 2013), si sviluppa all’interno di un “gap temporale” tra il momento in cui uno spazio termina la sua funzione e quello in cui ha avvio il nuovo utilizzo. Queste sperimentazioni temporanee, grazie al loro potere trasformativo, sono capaci di rivitalizzare gli spazi urbani e contribuire a contrastare fenomeni di degrado, generando nuovi impatti spaziali.
Per mettere in luce questa molteplicità di esperienze, nel lavoro di tesi ho realizzato una catalogazione di casi studio rappresentativi provenienti dal contesto europeo, che rappresentano noti esempi pionieristici. Nell’impossibilità di descriverli ora tutti, mi limiterò a elencare i più significativi: è il caso del Campo de Cebada che, nel cuore di Madrid, ha visto i cittadini trasformare un centro polisportivo dismesso in un luogo dove praticare giardinaggio urbano, dove organizzare spettacoli teatrali, cinema estivi e dove sorge un’università popolare, il tutto attraverso un dialogo continuativo con le istituzioni. Un altro esempio è la Cable Factory di Helsinki, ex fabbrica di cavi che da circa trent’anni è diventata un centro improntato alla diffusione della cultura. Al suo interno ospita musei, gallerie d’arte, studi d’artista e grazie al grande successo ottenuto, da progetto temporaneo è divenuto permanente. E ancora, l’orto comunitario dell’Allmende Kontor, considerato Bene comune all’interno del Tempelhofer Feld a Berlino, il più grande parco della città che ha visto negli anni una forte resistenza da parte dei cittadini alla sua privatizzazione.
Urbanistica Tattica: ripensiamo insieme lo spazio pubblico!
Sono sempre più numerose le iniziative che vedono la collaborazione tra cittadini attivi e Amministrazione attraverso la cura condivisa e la gestione dei beni comuni per la rigenerazione urbana. Mike Lydon e Antony Garcia, fondatori di Street Plans, parlano di “short term action, long term change” (Lydon, Garcia, 2015), ovvero azioni di breve termine che sono capaci di generare un cambiamento nel lungo periodo. Gli interventi di urbanistica tattica, a differenza del riuso temporaneo, si concentrano prevalentemente all’interno dello spazio pubblico, alla scala di quartiere: ne sono protagoniste piazze, strade e intersezioni che, tramite la riappropriazione o la ri-progettazione, vengono trasformate da luoghi dominati dall’asfalto e dal traffico in spazi verdi, di inclusione e innovazione.
Tra le esperienze raccolte e analizzate nel lavoro di tesi emerge il “Parking Day”, evento mondiale dove parcheggi a pagamento, grazie ai cittadini, rinascono come parchi pubblici temporanei oppure i “Pavement to Plaza”, che, attraverso la colorazione della pavimentazione ed economici arredi urbani, restituiscono a pedoni e ciclisti uno spazio non più congestionato e trafficato; infine, l’esperienza delle “Guerrilla Gardening” che, con il loro motto “trasformiamo il cemento in fiori”, mettono in atto piccoli atti dimostrativi considerati “attacchi verdi” per salvare angoli delle città dal degrado.
Si tratta nella maggior parte dei casi di progetti economici che mirano a coinvolgere e ispirare i cittadini per migliorare la vivibilità e contribuire alla salute, alla felicità e al benessere di tutti e tutte.
Nuove professionalità per mettere in atto la rigenerazione
In diversi Paesi europei stanno nascendo nuove professionalità come attivatori, tecnici del riuso e nuove agenzie che si occupano di facilitare l’utilizzo e la rivitalizzazione dei beni dismessi sia dal punto di vista architettonico che sociale. Possiamo considerarli veri e propri “pionieri del riuso”, dei quali, nel mio lavoro, ho raccolto variegate esperienze. Ad Amsterdam, ad esempio, la Pubblica Amministrazione si è dotata di uno sportello ad hoc per riattivare spazi in abbandono e creare nuovi incubatori per la creatività; a Brema gli usi temporanei sono previsti nel codice urbanistico ed è nata la Zwischenzeitzentrale, un’apposita agenzia per il riuso; in Italia molti di noi già conoscono Temporiuso o Fondazione Riusiamo l’Italia, dei veri e propri punti di riferimento che favoriscono l’incontro tra gli spazi inutilizzati e le realtà sul territorio; a Riga è stata invece la comunità creativa a coinvolgere la cittadinanza in una campagna dal nome “Occupy Me” per una mappatura collaborativa degli edifici dismessi della città.
L’esperienza sul campo: gli usi temporanei a Londra
Un’esperienza che mi ha vista personalmente coinvolta è quella di Hackney Wick e Fish Island, quartieri dell’East End di Londra dove ho svolto il tirocinio curricolare presso lo studio Public Works, associazione no-profit e studio di progettazione che coinvolge un gruppo di artisti e architetti per stimolare nuove opportunità nel quartiere.
Nel panorama sociale e culturale londinese gli usi temporanei sono divenuti una pratica emergente, ottenendo il riconoscimento dalla politica e dalle autorità nell’ambito della pianificazione. Artisti, makers, graffitari, squatters, studenti e altre figure professionali hanno avviato processi rigenerativi che hanno contribuito alla narrazione di Hackney Wick come “isola creativa”, insieme alla forte trasformazione condizionata dalla rigenerazione urbana avviata in quest’area nell’ambito dei London Olympic Games 2012.
In questo contesto, durante il periodo di stage, ho avuto modo di collaborare al progetto del Mobile Garden City, uno spazio vacante localizzato a Chobam Manor, in corrispondenza del Queen Elizabeth Olympic Park. Questo luogo, temporaneamente riutilizzato, fa parte del più ampio progetto R-Urban, una strategia bottom-up che esplora le possibilità di migliorare la capacità di resilienza urbana nel quartiere e che mira a creare un processo collaborativo che stimoli pratiche costruttive e sostenibili basate su principi ecologici ed esplorando al contempo le opportunità offerte dagli usi temporanei.
Generare valori sociali attraverso la partecipazione
Dal lavoro di ricerca e catalogazione, oltre che dall’esperienza sul campo, emerge un’ampia varietà di pratiche che rappresentano un terreno di sperimentazione per le future trasformazioni della città, ancora inesplorato e tutto da scoprire. Gli usi temporanei generano un valore non più individuale bensì sociale, attraverso la riscoperta degli spazi della quotidianità e un senso di cittadinanza attiva legato allo spazio civico, inteso come bene comune. È forse proprio questa l’occasione in cui creare un dialogo dove amministrazioni e cittadini possono collaborare e apprendere gli uni dagli altri.
Foto di copertina: Campo de Cebada a Madrid