Prendiamo un gruppo di giovani che decide di supportare con il proprio lavoro un territorio diverso da quello di appartenenza; una cooperativa che lavora i terreni confiscati alle mafie e che cerca di seminare giustizia; un orto urbano non utilizzato; un gruppo di Comuni che insieme progettano un modo più giusto e più buono per produrre e consumare il cibo. Uniamo tutto grazie ad un Patto di collaborazione: questi sono gli ingredienti principali del progetto “10, 100, 1000 grani” sviluppato nella località di Guamo del Comune di Capannori (LU).
Un terreno inutilizzato come bene comune simbolo di memoria e impegno contro le mafie
Il Patto di collaborazione per la cura e la rigenerazione dell’orto urbano è stato sottoscritto nell’ottobre del 2019 dal Comune di Capannori e dal parroco di San Michele Arcangelo (frazione di Guamo), in rappresentanza di un gruppo di giovani dai 20 ai 35 anni. Il bene comune oggetto di questo accordo è un appezzamento di terreno che il Comune aveva già destinato a orto urbano che era rimasto però inutilizzato. Si presenta così l’occasione per collaborare con l’amministrazione. L’idea dei ragazzi e delle ragazze promotori del progetto era quella di seminare il grano antico “Senatore Cappelli”: l’orto urbano è così oggi diventato un campo coltivato. Non è solo il grano a crescere però. L’oggetto del Patto di collaborazione è, infatti, molto più ampio, in quanto il terreno coltivato è anche simbolo di continuità, verità, memoria e impegno contro le mafie, come si legge nel Patto.
La rete territoriale
Il progetto “10, 100, 1000 grani” nasce grazie all’incontro tra il gruppo di giovani di Capannori e la cooperativa sociale Esperanto di Castel Volturno (CE). La cooperativa svolge le proprie attività su un terreno confiscato alla camorra e durante l’estate accoglie giovani da tutta Italia per un’esperienza di volontariato attraverso i campi di Estate Liberi, organizzati da Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Al termine dell’esperienza, nell’estate 2019, ai partecipanti viene donato un barattolino di semi del grano antico “Senatore Cappelli”, coltivato dalla cooperativa. Nasce così l’idea di mettere a frutto ciò che si era sperimentato durante l’esperienza estiva, con l’intento di dare continuità al lavoro fatto nei terreni confiscati e di portare una testimonianza concreta di impegno nel territorio di appartenenza. Sottoscrivendo il Patto di collaborazione, i ragazzi e le ragazze si impegnano infatti a mantenere un legame di collaborazione con la cooperativa di Castel Volturno, coinvolgendo anche il presidio di Libera della città di Lucca.
La rete di generazioni
La rete di collaborazioni che circonda questo progetto si estende non solo in altre Regioni ma coinvolge anche tutto il territorio di Capannori. Molti cittadini mettono infatti a disposizione dei giovani le proprie conoscenze. Vengono così valorizzati i saperi locali, indispensabili per trasmettere delle conoscenze che appartengono principalmente alla vecchia generazione. Il legame intergenerazionale che si crea intorno a questo progetto è un altro punto di forza del Patto: c’è lo sguardo al passato, per imparare il mestiere, ma anche al futuro, per trasmettere le conoscenze ai più giovani. Tra gli obiettivi del Patto, troviamo infatti anche il coinvolgimento delle scuole, in particolare la scuola elementare della frazione di Guamo. L’esperienza della coltivazione del campo è stata la chiave per introdurre anche ai più piccoli il tema della lotta alle mafie.
Il punto di vista dell’Amministrazione
Gli impegni dell’amministrazione comunale consistono nella pulizia preventiva dell’area da coltivare e in una serie di azioni che hanno lo scopo di far conoscere e pubblicizzare il progetto. Il Comune svolge inoltre un altro importante compito, forse il più significativo per questo progetto: mettere in rete l’esperienza dei giovani con altri progetti del territorio. L’amministrazione comunale è infatti sensibile al tema del cibo buono e giusto e ha dato vita, insieme ai comuni di Lucca, Altopascio, Porcari e Villa Basilica, alla “Piana del cibo”, un piano intercomunale che ha l’obiettivo di raggiungere un sistema alimentare giusto, sano, sostenibile e buono. I ragazzi e le ragazze del progetto “10, 100, 1000 grani” sono stati coinvolti nei tavoli tematici della “Piana del cibo”, come ci dice la consigliera comunale Claudia Berti, che si sta occupando del Patto di collaborazione. Il progetto di coltivazione del campo un tempo incolto diventa così esempio di agricoltura locale e sociale, partecipata da più persone e che veicola un importante messaggio di sostegno a una lotta – quella alle mafie e al caporalato – che deve coinvolgere tutto il Paese.
Giovani coltivatori di grani antichi
Il dono di alcuni chicchi di grano e la curiosità di sperimentare l’agricoltura: a partire da questi due semplici elementi è nato un progetto che racchiude molti più valori di quanto non si immaginasse inizialmente. Il legame con la cooperativa Esperanto di Castel Volturno rimane il motore principale del progetto. I ragazzi e le ragazze protagonisti di questo progetto hanno infatti fatto propria la consapevolezza della lotta alle mafie e al caporalato e cercano di portare in provincia di Lucca la testimonianza dell’impegno che altri giovani sperimentano in contesti diversi. Coltivare lo stesso grano è uno dei modi che hanno trovato per appassionarsi e far appassionare i loro concittadini a questa lotta che coinvolge tutti. Non mancano anche altre azioni di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza, come ad esempio la vendita dei prodotti della cooperativa Esperanto, e la testimonianza portata nelle scuole della provincia di Lucca. Un altro aspetto che ci tengono a sottolineare i giovani di Guamo è il sapore nuovo che può avere un grano antico. Un gusto di autenticità, di riscoperta dei mestieri e della biodiversità. Con notevoli proprietà nutritive: la varietà di grano “Senatore Cappelli” ha infatti il pregio di avere, oltre a un gusto intenso, una ridotta quantità di glutine rispetto ai grani moderni. Infine, dal punto di vista dell’Amministrazione Condivisa, questi giovani sono protagonisti (forse ancora inconsapevoli) di un cambiamento nei rapporti tra cittadini e amministratori: sta a noi politici e comunità, creare terreno fertile dove far crescere i giovani, sostiene Claudia Berti. Questo punto di vista si connette con l’idea di Amministrazione Condivisa: anche i più giovani possono portare il loro contributo alla comunità in collaborazione con l’amministrazione. Possono cioè essere una risorsa per il Comune, che deve avere però la capacità di valorizzarli e non considerarli solo come dei semplici fruitori di servizi. Concludere un Patto di collaborazione porta con sé anche questo significato, e pone sullo stesso piano i vari soggetti che decidono di co-progettare al fine di perseguire gli interessi generali dell’intera comunità.
Prospettive future
Ponendosi in un’ottica costruttiva, è possibile individuare alcuni aspetti del Patto che in futuro potrebbero assume forme diverse, per soddisfare in modo ancora più efficace le caratteristiche dell’Amministrazione Condivisa. La “richiesta di assegnazione” che il proponente fa all’amministrazione potrebbe essere descritta, come nei fatti poi si è verificato, quale “proposta di collaborazione” per la cura dell’orto urbano – individuato come bene comune – mettendo così in risalto la volontà di ideare un progetto condiviso tra le due parti. Nella stessa direzione va anche il suggerimento si esplicitare nel Patto il riferimento alla co-progettazione e alla possibilità che questa sia sempre aperta durante la vita del Patto. La fruizione collettiva del bene è stata sempre promossa e favorita dai giovani agricoltori. Ci hanno infatti raccontato del supporto ricevuto da molte famiglie del posto nelle varie fasi del lavoro e il coinvolgimento di maestri locali. Questo impegno positivo a favorire e promuovere l’utilizzo del bene comune andrebbe evidenziato anche nel Patto. L’interesse generale a cui mira il progetto è confermato dalle parole dei ragazzi, i quali hanno ricevuto apprezzamenti dagli abitanti di Capannori per essersi presi cura – coltivandolo e sistemandolo – di un terreno altrimenti inutilizzato. Infine, vale la pena evidenziare che il riferimento alla responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 del Codice Civile – che considera i proponenti come custodi del bene – rischia di non distribuire in maniera equilibrata le responsabilità per i danni eventualmente causati dalla cosa che si ha in custodia. Nei Regolamenti comunali sull’Amministrazione Condivisa dei beni comuni recentemente approvati non è infatti più presente il riferimento a questo articolo. Questi accorgimenti permetterebbero di co-progettare le azioni future in un’ottica sempre più condivisa.
Il progetto ha un anno di vita, ora si attende la crescita della seconda semina. I frutti sono stati fino ad ora soddisfacenti, come ci dicono i ragazzi protagonisti del lavoro. Il primo raccolto, nonostante alcune difficoltà iniziali – il meteo non è stato favorevole – è diventato farina. Non si è potuto festeggiare come si sperava il raccolto, viste le misure di contenimento della pandemia. Le idee però non mancano e si immagina che il progetto possa proseguire: non si esclude che possa anche portare un ritorno economico per il territorio. Abbiamo piantato il seme del cambiamento in un pezzo di terra – ci dicono i ragazzi e le ragazze intervistati –, e ora vogliamo continuare a sensibilizzare e a seminare; dove ci porterà questa strada poi si vedrà.
ALLEGATI (1):