È la domanda che spesso ci viene posta dagli amministratori quando si adotta il Regolamento per la cura condivisa dei beni comuni: «…ma poi possiamo utilizzare il Regolamento e i beni comuni per favorire l’inserimento ed inclusione di soggetti “svantaggiati” quali gli immigrati o altri soggetti che sono in qualche modo più “fragili” come carcerati, disoccupati, ecc?». È una domanda frequente, a cui di solito noi di Labsus rispondiamo evidenziando che l’adesione ad un Patto dev’essere del tutto spontanea e volontaria e che quindi solo se si rispetta questa condizione di base si può pensare a procedere in tal senso. Ma non solo.
Le linee guida da adottare
Una risposta dettagliata e che offre chiarezza a chi volesse procedere in questa direzione viene oggi dall’Anci toscana, che ha promosso uno studio specifico dal titolo Savoir Faire: una ricerca cofinanziata dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) 2014-2020 all’interno dell’Obiettivo Specifico 2 Integrazione / Migrazione legale e dell’Obiettivo Nazionale 3 Capacity building. Al progetto hanno partecipato Regione Toscana, Arci Comitato Regionale Toscano, Centro di ricerca interuniversitario su carcere, devianza, marginalità e governo delle migrazioni L’Altro Diritto (Università degli studi di Firenze, Dipartimento di Scienze Giuridiche), Fondazione Finanza Etica, COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti).
Obiettivo di Savoir Faire è promuovere i processi di inclusione economica, finanziaria e sociale dei cittadini di Paesi terzi, sostenendone l’autoimprenditorialità e l’inserimento lavorativo, attraverso i beni comuni. Il progetto, inoltre, comprende tra le proprie attività la realizzazione di Linee guida per la valorizzazione dei beni mobili e immobili nella disponibilità delle amministrazioni locali nell’ottica di sostenere l’autoimprenditorialità in campo sociale e l’inserimento lavorativo di cittadini stranieri, ma considerando queste quali possibilità “aperte” in prospettiva anche ad altre categorie di cittadini.
Il 3 marzo se ne discuterà individuando le opportunità offerte dall’amministrazione condivisa, ma anche dalla nuova legge regionale sui beni comuni (L.R. 71/20) ed altre esperienze in corso. Saranno considerate le diverse tipologie di “buone prassi” di cura di beni comuni italiane, dopo una introduzione e chiave di lettura offerta da Gregorio Arena. Le linee guida sul tema entreranno a far parte di un Protocollo d’intesa innanzitutto con la rete dei Comuni dell’Economia civile toscana. Le linee guida saranno illustrate da Emiliano Fossi (Sindaco di Campi Bisenzio e Responsabile Economia civile e partecipazione di Anci Toscana) e le conclusioni saranno tratte da Matteo Biffoni, Presidente Anci Toscana e Sindaco di Prato, e Stefano Ciuoffo, Assessore regionale Immigrazione e Partecipazione.
Sarà un’occasione da non mancare per tutti coloro che intendono attivare esperienze di questo tipo sui loro territori, offrendo spunto per una sorta di osservatorio che con il convengo potrà attivarsi sull’andamento di questo tipo di “buone prassi” nei diversi contesti territoriali anche fuori della Regione Toscana. Infatti, per raggiungere l’obiettivo del progetto Savoir faire, si sono già messe a confronto diverse realtà nazionali, ma anche europee, coinvolgendo in uno scambio di buone pratiche referenti del soggetto aderente estero Camera Commercio di Siviglia, di Cinformi della Provincia di Trento e del Circuito Sardex, questi ultimi enti sostenitori.
Verso un modello d’azione condiviso e replicabile
Il progetto ha previsto anche un lavoro a contatto diretto con i migranti per rafforzarne le competenze in campo economico e finanziario attraverso un percorso formativo sull’utilizzo di strumenti finanziari innovativi per l’avvio di iniziative di microimpresa, al fine di far crescere l’attitudine alla microimprenditorialità, anche grazie all’accompagnamento per la realizzazione di piani di impresa sociale. Parallelamente, le azioni progettuali si focalizzano sul lavoro degli operatori del sistema pubblico e del privato sociale impegnati in servizi e percorsi di orientamento e inserimento lavorativo. Da un lato, si promuove un’attività di formazione rivolta ai suddetti operatori con approfondimenti sul fair recruitment e sulla validazione/certificazione delle competenze dei cittadini dei Paesi terzi nell’ottica di accrescere la capacità degli operatori di dare risposta ai bisogni specifici di questa particolare utenza. Dall’altro lato, il progetto mette a disposizione uno sportello giuridico di supporto al lavoro degli operatori dei servizi e degli sportelli informativi rivolti ai cittadini di Paesi terzi.
Le Linee guida nascono in accordo con queste riflessioni e trovano origine nel tentativo di ricercare e sviluppare un Modello di azione che si basi sulla valorizzazione delle buone pratiche già attuate, ma andando oltre nell’ottica di una loro replicabilità in territori diversi, o di una loro possibile rimodulazione nel promuovere finalità sociali, coinvolgendo e a beneficio di cittadini di Paesi terzi.
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Foto di copertina: Kindel Media su Pexels