A volte capita che si scoprano risorse preziose dove meno te lo aspetti, dove pensi che non ci sia niente da salvare, come in quello che buttiamo via. Ci voleva l’occhio di uno come Fernando Gomez da Silva, recluso nel carcere milanese di Bollate, per vedere nella raccolta differenziata dei rifiuti un beneficio per la collettività. Da lui, sensibile da sempre ai temi ambientali, l’intuizione di Riselda, un progetto innovativo per generare valore e senso di comunità a partire da uno smart dumpster, “cassonetto intelligente” per la raccolta dell’immondizia.
Ma cosa c’entra un cassonetto con la cittadinanza attiva? «Tutto nasce nel 2011, quando Fernando inizia a scontare la sua pena nella Casa Circondariale di Sollicciano, a Firenze, dove mi trovavo a fare servizio da volontaria», spiega Sarah D’Errico, «e con il materiale di scarto che ha a disposizione in cella costruisce un modellino per il riciclo e la registrazione dei rifiuti». A intuire il potenziale di quell’idea è stato un ingegnere volontario, Francesco Pomicino, che ha coinvolto gli studenti dell’Università Federico II di Napoli.
«I laureandi in ingegneria l’hanno preso come oggetto per le tesi e grazie a questa sinergia» continua D’Errico «e hanno realizzato da zero il primo reale prototipo di smart dumpster, sistema innovativo per la misurazione della produzione di Rifiuti Solidi Urbani». Oggi Fernando è titolare del brevetto del dispositivo che permetterà ai cittadini di reinvestire fondi per i bisogni di tutti.
Di cella in cella…
Il “cassonetto intelligente” ha un database che riconosce il codice di chi getta i propri rifiuti e calcola mensilmente quanti scarti ciascuno produce. «Il dato sulla produzione del singolo oggi manca a livello nazionale, ma permette di accedere a un sistema di premialità e sgravi fiscali legati alla Tari (Tassa sui rifiuti) che messi in comune diventano un guadagno per i quartieri», spiega la collaboratrice. Il concetto del “riconoscimento” dell’impegno nella differenziazione dei rifiuti da parte dei cittadini è il perno centrale del progetto Riselda. La prima sperimentazione del dispositivo è stata nel carcere di Bollate, a Milano, dove Fernando Gomez da Silva viene trasferito nel 2016. Lì, con altre persone detenute, fonda un’associazione di volontariato, e insieme iniziano a passare di cella in cella, a prendere i sacchetti dell’immondizia e a pesarli. «Si è tentato di capire se la consapevolezza di veder poi riconosciuto il proprio impegno potesse far scattare davvero qualcosa nelle persone», continua D’Errico, «e così i detenuti che partecipavano venivano premiati con un colloquio in più con i familiari. In un anno e mezzo siamo arrivati a raggiungere più dell’80% di raccolta differenziata nella Casa di Reclusione, con l’ulteriore risultato di stimolare la coscienza critica delle persone nei confronti dell’ambiente».
L’esperimento fa scuola
«L’esperimento di Bollate ha fatto capire che non ci si può aspettare da tutti un interesse spontaneo e gratuito in un processo come quello della raccolta differenziata. Si tratta di un impegno che richiede tempo, attenzione, e abbiamo capito che la chiave del coinvolgimento sta nel poter toccare con mano il risultato concreto di quell’azione», spiega l’educatrice sociale. Il sogno per Riselda, infatti, non è quello di restare tra le mura del carcere milanese, ma di esportare buone pratiche nei quartieri per coinvolgere i cittadini e gli esercizi commerciali nella partecipazione attiva sui territori. Il salto dalla realtà della Casa di reclusione milanese a quella dei condomìni avviene nel 2019, quando esce il bando della Scuola dei Quartieri, iniziativa del Comune di Milano per migliorare le periferie. Così Sarah e Fernando scrivono un progetto a distanza e vincono la possibilità di sperimentare il progetto per un anno, a partire da giugno 2021, nel quartiere Giambellino Lorenteggio, zona est della metropoli lombarda.
«Il primo step sarà portare il macchinario nel condominio e coinvolgere da subito le dieci persone che accetteranno di collaborare», spiega Sarah, «uno di loro sarà l’addetto, regolarmente rimborsato, che passerà di casa in casa per ritirare e pesare i rifiuti». Riselda, però, è un progetto “socio ambientale”, che ha come obiettivo anche quello di far incontrare le persone tra loro, creare rete con le realtà associative del quartiere, stimolare l’impegno per il bene comune a partire dal nuovo valore dato agli scarti. «Riselda va a toccare tutto l’aspetto del riavvicinamento tra i cittadini, a partire dagli inquilini di un condominio che molto spesso non sanno dell’esistenza l’uno dell’altro. Poi, una volta installato il cassonetto, insieme cercheremo di capire come migliorare l’esperienza per adattarla alle loro esigenze».
Il risultato finale è una cittadinanza più piena
Il secondo passo sarà quello di riavvicinare le persone alle istituzioni, restituire ai cittadini la facoltà di decidere sul proprio territorio come riconoscimento materiale del loro impegno. «Insieme a Bipart, azienda che si occupa di bilanci partecipativi, stiamo partecipando ad un crowfounding nella piattaforma del Comune di Milano. Con risorse economiche in più riusciremmo a riversare una parte dei soldi direttamente nel quartiere, e, insieme alle persone, capire di cosa ha bisogno la loro comunità». Il bilancio partecipativo diventa strumento che consente all’impresa sociale di ridare ai cittadini voce, spazio, creatività e consapevolezza. «In prospettiva, la sostenibilità di questo progetto sarà legata principalmente alla pubblicità, perché ogni cassonetto sarà nel tempo dotato di una bacheca dinamica che potrà promuovere i commercianti di quartiere, i professionisti che vivono nel palazzo. Il guadagno di questi spazi pubblicitari verrà riversato in buona percentuale alle persone che aderiscono, che si confrontano e scelgono in cosa investire i soldi». In questo modo, attraverso Riselda, il rifiuto diventa generatore di economia, di frutti tangibili. «Vorremmo anche creare fidelizzazioni con gli esercizi commerciali della zona che decidono di aderire al progetto e regalare sconti sugli acquisti alle persone che portano avanti la raccolta» aggiunge D’Errico.
«Il sogno per Riselda», conclude D’Errico, «è quello di farne nel tempo una realtà radicata, che renda ogni cittadino partecipe dei meccanismi di progettazione condivisa, dove ciascuno possa trovare uno spazio di partecipazione attiva».
Foto di copertina: Il sogno di Fernando condiviso in gruppo