«Di Eugenio e di Marsilio non ci facevano sapere niente, dove li tenevano, come li trattavano. Niente. Dalle voci della gente, dopo, si è saputo, s’è sentito dire che li maltrattavano, li picchiavano, li bucavano anche con gli aghi. Li tennero lì a Capannole, in quella villa, per tre giorni. La sera del 2 giugno, e noi senza sapere nulla, li portarono ad Ambra e li fucilarono in piazza davanti al teatro».
Eugenio del Cucina aveva 22 anni, Marsilio Gagliaghi 19. La loro storia è oggi un racconto corale che, grazie a un gruppo di giovani della Valdambra, restituisce voce e parole a chi è stato testimone degli eccidi dei fascisti contro i civili in quei terribili giorni.
I primi ad essere uccisi, lì in Valdambra, proprio Eugenio e Marsilio. E lo sa bene Nazareno Migliorini, che tutti chiamano Neno, perché era lì. «Il 2 giugno del ’44 me lo ricordo come fosse ora» dice. Oggi le parole, il dolore e l’impotenza di Neno di fronte a quella violenza sono affidate al futuro grazie al video ‘Noi ricordiamo. Valdambra estate 1944’.
Il valore della memoria
Neno, Milena la sorella di Eugenio, don Giuseppe, gli amici e le famiglie di Eugenio e Marsilio hanno i volti e le voci dei giovani della Valdambra. Il video è stato presentato qualche giorno fa, il 25 aprile. È il primo realizzato a cura dei volontari per la salvaguardia dei luoghi della memoria, un gruppo di cittadini attivi che ha promosso il Patto di Collaborazione per la cura, il monitoraggio, la manutenzione di 29 pannelli collocati nei luoghi teatro degli eccidi e rappresaglie nazifasciste avvenute nel 1944 «allo scopo di salvaguardare e mantenere nel tempo i valori della memoria, del territorio e della comunità anche tramite iniziative sociali e culturali».
Sono 123 i civili uccisi in 29 eccidi perpetrati dai fascisti nel periodo che va da giugno a luglio del 1944 in tutta la Valdambra. Nel corso del tempo sono state raccolte testimonianze, realizzate pubblicazioni, video, immagini, opere artistiche. Oggi il percorso dei ‘luoghi della memoria’ è affidato alle cure dei cittadini tramite un Patto di collaborazione che ha come obiettivo quello di promuovere, in particolare tra le nuove generazione, una cultura del dialogo e della tolleranza.
La cura dei luoghi e delle storie
Si va dalle attività più semplici come il ripristino dei pannelli in caso di deterioramento eccessivo, agli interventi per rendere più decoroso lo spazio dove si trovano, sino alle iniziative sociali e culturali per far conoscere la storia di quei luoghi. Ecco, credo non ci sia Patto di collaborazione che possa spiegare meglio il valore del semplice gesto di cura. Sostituire un cartello significa prendersi cura della memoria, rendere decoroso un luogo che racconta una storia un gesto per non dimenticare il sacrificio di chi come Eugenio e Marsilio ha perso la vita per restituircelo libero.
I cittadini attivi che hanno proposto al comune di Bucine questo Patto di collaborazione mettono in crisi l’idea che tutto possa essere delegato ad altri, che ci sia sempre qualcun altro cui affidare il compito di assumere una responsabilità in prima persona: in questo sono gli eredi di quelle donne e quegli uomini che fecero la Resistenza. Non si tratta, allora, di impegnarsi per difendere un mito, ma di trasmettere, attraverso gesti concreti, quei valori e principi che hanno contraddistinto la guerra di liberazione prima e la nostra Costituzione poi.
Certo sembra di sentirla la voce di Milena, la sorella di Eugenio, o degli altri familiari e amici che nel video sulla memoria di quei fatti ha il volto di una giovane donna, dire: «Ora che mi son fatta vecchia, da quei giorni son passati…fra poco saranno settant’anni, eppure quando passo a Capannole davanti a quella villa, ora so che è vuota, mi giro sempre dall’altra parte. Non la posso guardare, mi viene rabbia, sgomento. Un patire… Penso a quante gliene avranno fatte a quei due poveri ragazzi. Ma quella gente come avrà fatto a diventare senza cuore? E dopo ci avrà mai pensato a noi, alla nostra disperazione?». Cosa resta di quei giorni? Forse la memoria serve anche a lenire quella disperazione. Le azioni di cura, il gesto di cura dei luoghi come della storia ci restituisce l’immagine di Eugenio, Marsilio e tutti gli altri prima di essere torturati e uccisi dai fascisti; ci avvicina alla loro quotidianità fatta di sorrisi, lavoro, amici, amori perché – forse è proprio vero – «la storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano».
Foto copertina: gruppo cittadini attivi (Fonte: Comune di Bucine)
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