Il protagonismo delle bambine e delle ragazze*: riflessioni ed esperienze da Milano

Trent’anni fa, il 27 maggio del 1991, l’Italia ratificava la Convenzione ONU sui diritti delle bambine e dei ragazzi fatta a New York il 20 novembre 1989. Uno dei suoi principi fondamentali è rappresentato dall’articolo 12, il quale afferma che i bambini e le ragazze devono essere ascoltati quando si prendono decisioni che li riguardano e le loro considerazioni, il loro punto di vista, devono essere tenuti in debita considerazione.
Quanto è ancora lunga la strada da percorrere affinché questo principio diventi una pratica quotidiana è evidente a tutti: basti pensare ai rapporti tra bambine e adulti all’interno della famiglia, nella scuola, negli ospedali, nei luoghi dello sport, in quelli della cultura, nella città.

La partecipazione delle bambine e dei ragazzi

Quando i genitori decidono di cambiare casa o spostarsi in un’altra città, nella maggior parte dei casi i bambini non vengono ascoltati e spesso non gli si chiede nemmeno che opinione hanno. Quando il Sindaco di una città decide, con la sua Amministrazione, di costruire una piazza o un parcheggio, non si preoccupa, generalmente, di promuovere l’ascolto delle bambine per sapere cosa ne pensano. E non lo fa nemmeno in quelle situazioni in cui sono presenti organismi di consultazione e promozione della partecipazione, funzionanti e attivi con lo scopo di coinvolgere i bambini nelle decisioni che li riguardano.
Nella scuola le bambine e i ragazzi non vengono coinvolti nella definizione dei contenuti educativi, nelle attività di progettazione degli edifici scolastici e degli spazi, nella organizzazione e definizione dei tempi delle attività didattiche.
Ci sono naturalmente come sempre delle eccezioni, che confermano però la normalità e la pervasività di una cultura dell’infanzia in cui ai bambini e alle ragazze non è riconosciuto il diritto promosso dall’articolo 12.

Un momento di condivisione del Patto con i bambini della scuola Filzi di Corvetto

I Patti di collaborazione aperti al protagonismo delle ragazze e dei bambini

Quando, invece, le ragazze hanno la possibilità, l’opportunità di essere parte dei processi sociali e culturali che costruiscono le condizioni per un cambiamento, allora si aprono spiragli in cui esercitare una cittadinanza attiva diventa possibile e arricchente.
Un esempio, piccolo e importante, di questa possibilità è rappresentato dai Patti di collaborazione attraverso i quali anche i bambini possono contribuire alla ridefinizione di alcuni luoghi della città, alla costruzione di una società aperta e inclusiva. Da questo punto di vista l’esperienza che si sta realizzando a Milano negli ultimi quattro anni circa diventa una prospettiva da seguire con grande attenzione.
Nell’ambito del Programma Lacittàintorno di Fondazione Cariplo, con il Comune di Milano, attraverso le azioni Luoghicomuni (Labsus con Italia Nostra Onlus) e Ideebambine Pensieribambini (Spaziopensiero) sono nati quattro Patti di collaborazione in cui sono coinvolti i bambini. Sono nati su proposta progettuale delle bambine o per iniziativa degli adulti, in cui i ragazzi sono stati coinvolti ed hanno assunto un ruolo attivo e propositivo. In questo modo le ragazze stanno sperimentando la possibilità di prendersi cura e modificare l’ambiente urbano che li circonda mediante piccole azioni che sono il culmine di un processo di partecipazione più ampio. Hanno proposto, all’interno di attività laboratoriali realizzate a scuola e nel quartiere, di riqualificare, modificare, rigenerare un giardino, un parchetto, una piazza. Sono stati coinvolti nella riqualificazione e risignificazione di un parco che separa due scuole di uno stesso Istituto Comprensivo, appartenenti a due diversi Municipi in due quartieri con caratteristiche socio-culturali differenti: una separazione che può essere ricucita e tramutata in collaborazione, in costruzione di una nuova identità comune anche grazie al contributo dei ragazzi.

Una Scuola Sconfinata che valorizza le capacità e le esperienze dei bambini e delle ragazze

A me piace andare a scuola, soprattutto quando posso scegliere cosa studiare e cosa fare. Mi piace guardare fuori dalla finestra e mi piace quando andiamo a lavorare in giardino e con le maestre a fare il giro turistico della scuola e quando posso scegliere il mio banco e il posto dove stare.
Il pensiero di Anita (9 anni) evidenzia alcuni temi cruciali accennati sopra, quelli della partecipazione e della possibilità di scegliere, di decidere, in primo luogo, che sono anche dei punti di riferimento imprescindibili per una scuola del cambiamento, una scuola che sconfina.
Scuola Sconfinata” è il titolo di un libro appena pubblicato da Fondazione Feltrinelli nella collana Scenari, uscito in formato e-book e gratuito (andato in stampa a maggio), che racconta e promuove una idea diversa di scuola: «Una scuola che rimetta al centro il diritto di tutte e di tutti a essere e a crescere felici, una scuola che torni a essere bene comune, sconfinando e tracimando per fare delle città, dei paesi, dei diversi contesti di vita dei luoghi significativi e inclusivi di apprendimento».
Uno degli aspetti che caratterizzano il discorso della Scuola Sconfinata è quello di guardare oltre le mura degli edifici scolastici e di promuovere una didattica attiva e collaborativa, di vivere insieme ai bambini e ripensare le pratiche didattiche a partire dalle domande delle ragazze e da ciò che non dicono e non riescono a dire. Una scuola non concentrata esclusivamente sui bisogni espressi degli alunni ma in cui la dimensione del desiderio trova una sua collocazione, il desiderio che spinge verso la prospettiva della ricerca.
In questo quadro rimangono validi e anzi ancor più necessari oggi i riferimenti ad una pratica educativa ispirata ai metodi di Maria Montessori e degli altri grandi maestri e maestre che hanno fatto la storia della pedagogia italiana. Metodi che considerano fondamentale per i ragazzi e le bambine un rapporto diretto e attivo con i quartieri, la città, il territorio, l’ambiente in cui sperimentare le loro conoscenze, capacità e sviluppare le loro competenze. Metodi basati sul fare che risveglia la motivazione e l’interesse. Una scuola che esce dalle aule troppo costrittive e da una lezione frontale diventata sempre più inconcepibile.

Attività di cura condivisa del “Giardino dei Desideri” a Corvetto

I Patti come strumenti di sconfinamento

In questo orizzonte i Patti di collaborazione in cui sono coinvolti i bambini, le ragazze, le scuole, le famiglie, le associazioni territoriali, le biblioteche e le istituzioni, diventano uno strumento interessante di sconfinamento della scuola, così come è possibile osservare nell’esperienza di Milano (qui per rivedere l’evento “A piccoli Patti” in cui sono state presentate e discusse alcune delle esperienze citate).
Il patto “Il Giardino dei Desideri” nel quartiere del Corvetto nasce da un’attività laboratoriale condotta a scuola e sconfinata nel territorio per poi tornare a scuola e riuscire di nuovo, in cui le bambine si fanno promotrici di un’azione di cambiamento di un luogo significativo per la loro vita, un luogo per il quale si sente la necessità di cura attraverso un’attività progettuale e un’azione concreta. Ecco che intorno a questa idea si aggregano le risorse del quartiere che si espandono nel corso del tempo offrendo ai bambini un’esperienza caratterizzata dal fare (tinteggiare, disegnare giochi sul pavimento, raccogliere carta e plastica, imbiancare il muretto) e dalla relazione e scambio con persone diverse dalle loro insegnanti e dai loro genitori, dove i diversi saperi, le competenze, le capacità si integrano tra di loro.
Ancora, la sperimentazione dei luoghi oggetto dei Patti di collaborazione da parte delle ragazze e degli insegnanti, come aule didattiche all’aperto nel segno dell’outdoor education, sta mostrando come l’utilizzo del territorio da parte della scuola costituisca una palestra ideale per condurre una pratica educativa differente, come una lezione di scienze che confluisce nella poesia e nella letteratura. Così è stato per una classe della secondaria di via Russo che ha frequentato il nuovo giardino per tenere alcuni incontri con Legambiente: un giardino strappato, attraverso l’azione di un patto di collaborazione, all’abbandono e all’incuria nel quartiere di via Padova. I ragazzi hanno sperimentato, sbalorditi, che in un piccolo prato dove l’erba cresce nella sua naturale spontaneità, si trovano ben 57 diversi tipi di fiori e piante apparentemente simili, che si sono rivelati differenti grazie ad una attenta osservazione guidata da una persona esperta e all’utilizzo di un’applicazione. Il cosiddetto “soffione”, un fiore che molte bambine hanno considerato un divertente gioco, è diventato l’occasione colta dall’insegnante per far comporre ai ragazzi, tornati in classe dopo l’uscita didattica, la loro poesia, quale momento di riflessione e rielaborazione dell’esperienza outdoor: il risultato, raccontato dall’insegnante con grande soddisfazione, è stato l’entusiasmo delle ragazze nella realizzazione di questo compito che mette in connessione il piano emotivo con quello cognitivo. Si chiude in questo modo una pratica educativa sperimentata in un percorso che mette in relazione il fuori e il dentro alla scuola.
Nel parchetto ribattezzato “Piccola goccia”, nel quartiere “NOLO”, l’attività di osservazione, studio e progettazione – attraverso la pratica di laboratori territoriali a cui hanno partecipato i bambini, le insegnanti, i rappresentanti delle associazioni coinvolte nel patto – ha consentito di elaborare proposte espresse dalle bambine, arricchite dal confronto con gli adulti, che sono state inserite nelle attività da realizzare e consentono una connessione simbolica e concreta della scuola con il quartiere: il percorso che i bambini fanno per raggiungere il parchetto sarà segnato lungo i marciapiedi con simboli che riconducono alla scuola; lo spazio che si affaccia sul Naviglio della Martesana sarà sperimentato come aula didattica; un ponte sul Naviglio – per ora solo sulla carta, ma interessante intuizione delle bambine – unirà le due sponde caratterizzate da spazi con funzioni differenti e integrabili in una logica di visione ampia del territorio.
Tutte queste esperienze sconfinanti, in cui i bambini sono protagonisti e compagni di viaggio degli altri attori del quartiere, indicano molto bene il percorso che la Scuola Sconfinata potrà fare e dovrà fare per restituire alle bambine e ai ragazzi quanto la pandemia, che ha pesantemente condizionato la loro vita, ha tolto negli ultimi due anni. Ma rappresentano ancor di più una delle possibili vie che necessariamente e senza indugi dovranno essere percorse per ripensare alla scuola come un Bene comune che mette al centro il benessere dei bambini e il futuro della società.

*Ho voluto dedicare particolare attenzione alla questione del maschile universale che caratterizza la lingua italiana, riprendendo l’esperienza di scrittura collettiva del libro “Scuola Sconfinata” (Fondazione Feltrinelli, 2021). Pur consapevole che non sia una soluzione perfetta, ho deciso di usare il femminile e il maschile in maniera intercambiabile, trasformandoli in femminile e maschile universale (per esempio bambina, ragazza indicano anche bambino, ragazzo e viceversa), per sottolineare la necessità di una società inclusiva e paritetica e quanto le parole diano corpo ai pensieri.

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