Quando, nello svolgimento di un’attività di interesse generale, un operatore privato può essere equiparato ad un ente pubblico?

Il Consiglio di Stato, sentenza 2 luglio 2021, n. 5074, ha riconosciuto la non equiparabilità tra operatori economici, legati da un rapporto convenzionale con il SSN, nello svolgimento di attività di interesse generale e soggetti pubblici.

I motivi della controversia

Con la sentenza n. 5074 del 2 luglio 2021, il Consiglio di Stato, sez. III, ha respinto l’appello proposto da un Istituto clinico convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), dichiarando, così, la legittimità dell’atto con cui il Comune di Brescia autorizzava il rilascio di un permesso di costruire subordinato al versamento del contributo di costruzione. Per la parte appellante, al contrario, tale versamento non era dovuto, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia perché la struttura ˗ un nuovo complesso ospedaliero ˗ costituiva un’opera di urbanizzazione (secondaria) realizzata in attuazione dello strumento urbanistico, sia perché si trattava di un’opera di interesse generale realizzata da un “ente istituzionalmente competente”.
Per il Consiglio di Stato, entrambe le motivazioni addotte dalla parte appellante non meritano accoglimento.

I vincoli funzionali e i vincoli di esecuzione

Anzitutto, perché, ancorché l’opera realizzata dal privato ricada in un ambito disciplinato dal Piano dei servizi del PGT del Comune di Brescia come “servizi SH”, ossia servizi ospedalieri, la disciplina contenuta in questo strumento urbanistico introdurrebbe soltanto un vincolo di destinazione funzionale – sempre reversibile – piuttosto che un vincolo all’esecuzione di specifiche opere di urbanizzazione. È, pertanto, l’opera di interesse generale realizzata dal privato in esecuzione di tale ultima tipologia di vincolo che darebbe luogo all’esenzione dal contributo, di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001 e non un mero bene con finalità coerente con la pianificazione.

I requisiti per l’equiparazione

Non merita accoglimento neppure la seconda motivazione, che vorrebbe, da parte dell’Istituto clinico, la piena equiparazione tra i soggetti privati deputati alla realizzazione di servizi di interesse pubblico o generale e quegli «enti istituzionalmente competenti» (art. 17, c. 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001). Per il Consiglio di Stato tale equiparazione, e di conseguenza il riconoscimento della gratuità del permesso di costruire, è possibile soltanto qualora il soggetto privato realizzi un’opera che, neppure in astratto, possa avere una destinazione diversa da quella pubblica e, inoltre, eserciti un’attività pubblicisticamente rilevante. Dunque, poiché l’appellante rappresenta un soggetto imprenditoriale, che persegue finalità di lucro, e la struttura realizzata è autorizzata all’esecuzione di prestazioni sanitarie anche non convenzionate, l’esenzione dal contributo non può trovare luogo.

Le cause di un rapporto convenzionale

Le conclusioni a cui giunge il Consiglio di Stato sono del tutto condivisibili, soprattutto, laddove non riconosce la piena equiparazione tra soggetti privati impegnati nello svolgimento di servizi di interesse generale e soggetti pubblici, sebbene l’appellante sostenesse un’interpretazione in tal senso, proponendo una lettura in linea con l’art. 118, comma 4, Cost., in virtù del rapporto convenzionale esistente tra la stessa ed il SSN. Malgrado l’esistenza di una convenzione, che permette anche ai soggetti privati di svolgere attività di interesse generale accanto alle istituzioni pubbliche, tale strumento non è propriamente espressione del principio di sussidiarietà orizzontale, dal momento che le cause che danno luogo a tale rapporto non si rinvengono nella spontaneità delle azioni, né nell’animus donandi degli operatori economici, bensì nella finalità di lucro e, quindi, nell’aspettativa di un profitto. Pertanto, il costo di costruzione richiesto, benché relativo alla realizzazione di un’opera di interesse generale, è giustificato proprio dalla finalità lucrativa che l’operatore commerciale persegue. D’altronde, è lo stesso assetto normativo, che disciplina gli istituti delle convenzioni, dell’autorizzazione e dell’accreditamento (cfr. art. 8 e ss. D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502), a chiarire la finalità di concorrenza delle risorse private al servizio di interesse generale da una prospettiva competitiva più che cooperativa (da ultimo si veda Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 luglio 2021, n. 5591).

Riflessioni conclusive

Tale ultimo fine non solo non si rinviene nelle attività sussidiarie di interesse generale di cui all’art. 118, ultimo comma, Cost., ma non è neppure quello perseguito dai soggetti pubblici predisposti a svolgere queste funzioni di interesse generale. In conclusione, la presenza di una convenzione, se da una parte, permette agli operatori economici privati di realizzare attività di interesse generale accanto alle istituzioni pubbliche, dall’altra, non garantisce ai primi di essere equiparati ai secondi e di ricevere gli stessi trattamenti, allorché cambia la causa che dà vita al rapporto convenzionale nonché il fine verso il quale sono orientate le azioni dei soggetti in questione.

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Foto di copertina: emily jackson su Unsplash