La sentenza del TAR Campania, sezione staccata di Salerno, del 19 gennaio 2021, n. 158, offre alcuni spunti di riflessione in merito ai limiti del sindacato giurisdizionale in materia di affidamenti di servizi di interesse generale riservati ad enti del Terzo settore.
I “pieni”: presupposti per bandire gare riservate ad enti del Terzo settore
Una società a responsabilità limitata ha impugnato l’avviso pubblico con il quale il comune resistente ha indetto una procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione di una spiaggia attrezzata comunale destinata a persone disabili. La ricorrente ha in particolare contestato la scelta dell’amministrazione di riservare la partecipazione alla procedura comparativa ad enti del Terzo settore attraverso il ricorso allo strumento della co-progettazione, facendo leva su vizi di motivazione della relativa determina comunale.
Il giudice adito – il TAR Campania, sezione staccata di Salerno – ha respinto tutti i motivi di ricorso, rilevando come l’amministrazione municipale avesse illustrato esaustivamente le ragioni sottese alla aprioristica limitazione della partecipazione ai soli enti no profit. Gli atti di indizione della selezione pubblica hanno infatti adeguatamente dato conto del carattere sociale (i.e., non economico) del servizio dell’oggetto della gara, altresì offrendo evidenza del fatto che il miglior perseguimento delle specifiche finalità di interesse pubblico sarebbe stato assicurato da affidatari (statutariamente) privi di scopo lucrativo e (istituzionalmente) dediti al perseguimento di finalità solidaristiche.
Anche dal punto di vista procedimentale, peraltro, la scelta dello strumento della co-progettazione è stata ritenuta rispettosa delle regole e dei principi generali, ivi compresi quelli di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento. Essa è stata infatti basata su indirizzi e criteri generali previamente individuati da apposite delibere comunali.
I “vuoti”: caratteri del sindacato giurisdizionale sulla scelta relativa alle procedure di affidamento
I motivi di interesse della pronuncia in commento sembrano rinvenirsi non tanto con riferimento al merito o al “detto” della decisione; piuttosto, sono i “vuoti”, il “non detto”, corrispondente poi ai profili di metodo, che suscitano i maggiori spunti di riflessione.
Fuor di metafora, nel merito, il Collegio ha fatto applicazione dei principi e delle regole, ampiamente noti (e di cui si è dato conto su questa Rivista), in base ai quali, la disciplina – di matrice euro-unitaria – dei contratti pubblici è derogabile, fermi i principi generali dell’azione amministrativa, là dove il servizio oggetto di affidamento non abbia rilevanza transfrontaliera e sia organizzato secondo moduli non lucrativi. Ciò su cui si intende in questa sede soffermarsi è, tuttavia, lo stesso esperimento di un sindacato giurisdizionale sull’adeguatezza dell’impianto motivazionale.
In questa prospettiva, dalla sentenza sembra evincersi che l’alternativa tra mercato e Terzo settore non attiene a scelte (prevalentemente) politiche, soggette cioè ad un sindacato estrinseco limitato a vizi sostanziali macroscopici o meramente formali. Al contrario, sottende l’esercizio di discrezionalità amministrativa, in quanto tale sottoposta altresì al controllo di proporzionalità e ragionevolezza da parte del giudice amministrativo: un controllo potenzialmente piuttosto pervasivo giacché, al netto di pochi parametri oggettivi (es., il carattere transfrontaliero), la natura economica o meno del servizio dipende in larga misura dalle scelte espressive dell’autonomia organizzativa dell’amministrazione.
Si tratta di una conclusione coerente con la previsione che, nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, onera l’amministrazione di dar puntualmente conto delle ragioni a sostegno della scelta di esternalizzare (tendenzialmente al mercato) oppure di ricorrere all’autoproduzione (cfr. art. 3 bis, comma 1 bis, d.l. 1 agosto 2011, n. 138). Essa appare però in contrasto con gli indirizzi espressi nelle linee guida ministeriali recate dal d.m. 31 marzo 2021, n. 72, Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli artt. 55-57 del D.Lgs.n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore), là dove affermano che «la concreta scelta [fra l’attivazione di rapporti collaborativi con ETS e l’affidamento di appalti e concessioni di servizi] potrebbe essere la conseguenza di un’opzione politica propria della P.A.».
A favore dell’interpretazione governativa milita la circostanza per la quale le determinazioni circa le modalità organizzative dei servizi sono, tradizionalmente, in larga parte sottratte al sindacato giurisdizionale, soprattutto ove siano espressive di autonomia locale. Tuttavia, ormai da qualche decennio è in atto una tendenza all’assottigliamento degli spazi di autonomia degli enti locali, con correlativo incremento delle ipotesi di esercizio di poteri discrezionali in senso stretto: proprio la materia dei servizi pubblici, segnatamente quelli di rilevanza economica, offre solidi argomenti in favore di tale lettura.
I parametri di esercizio dei poteri amministrativi introdotti dal Codice del Terzo settore
Può sembrare paradossale, ma la stessa introduzione di un codice del Terzo settore (d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117) appare approfondire una simile tendenza, estendendola anche al di fuori dell’ambito applicazione dei servizi aggiudicabili secondo le regole di derivazione euro-unitaria dei contratti pubblici. Nella misura in cui, innovando l’ordinamento, sistematizza e consolida un corpus di regole relative alla cooperazione tra pubbliche amministrazioni e associazioni, in precedenza avente natura meramente residuale rispetto al codice dei contratti pubblici, esso istituisce (più) precisi parametri di esercizio dei poteri amministrativi suscettibili di formare oggetto di un compiuto controllo di legittimità in sede giurisdizionale.
In altri termini, se per un verso, il codice del Terzo settore dovrebbe implicare un definitivo superamento di un approccio in cui l’affidamento di servizi di interesse generale mediante procedure concorsuali sia la regola e altre tipologie di relazioni pubblico-privato l’eccezione (cfr. Corte cost., 26 giugno 2020, n. 131, della quale anche su questa rivista è stata rilevata la portata innovativa), per altro verso, esso sottende un più pervasivo sindacato del giudice amministrativo che, (anche) alla luce dei criteri della ragionevolezza e della proporzionalità, può conoscere della decisione di organizzare lo svolgimento di un pubblico servizio secondo i canoni della concorrenza o secondo moduli maggiormente ispirati alla sussidiarietà e alla cooperazione.
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