Circa il 58% della popolazione europea vive e lavora in “aree rurali” e in “aree periferiche” che sono rispettivamente considerate come “aree scarsamente popolate” e “aree a densità intermedia” (Eurostat, 2020). Per contesti rurali intendiamo quelle aree che presentano condizioni di perifericità e/o fragilità, per lo più caratterizzate dalla produzione silvo-pastorale e agricola e dalla presenza di strutture insediative decentralizzate e policentriche (Schröder, 2017). Qui si sovrappongono diverse questioni che riguardano la gestione e la cura collettiva dei territori e l’opportunità di creare relazioni più forti e scenari strategici collettivi, sostenuti da pratiche secolari sedimentate, e allo stesso tempo da nuove idee di gestione.
Un Festival per esplorare i Beni comuni rurali
Tra maggio e giugno 2021 tre territori trentini hanno ospitato la prima edizione del “Rural Commons Festival: da Ovest a Est“, un festival itinerante dedicato ai Beni comuni e alle pratiche rurali collettive (rural commons). Il Festival ha attraversato alcuni dei territori che negli ultimi anni hanno mostrato un fermento culturale di comunità. Il Festival ha fatto tappa nelle Giudicarie, in Vallagarina e a Terragnolo, coinvolgendo associazioni, piccole imprese, movimenti e iniziative di cura e gestione collettiva del territorio. L’obiettivo di questa iniziativa è stato quello di esplorare e celebrare quelle pratiche collettive che si prendono cura dei Beni comuni e, quindi, del proprio territorio, promuovendo la costruzione di una comunità più inclusiva e che si autorigenera. L’idea nasce dalle autrici di questo editoriale, quattro ricercatrici accomunate dalla volontà di studiare e comprendere il potenziale di trasformazione che i commons rurali offrono attraverso pratiche diversificate di cura e gestione degli habitat.
Tre sono state le spinte e gli obiettivi di questa esplorazione: il crescente interesse di comprendere le dinamiche di sviluppo e gestione del territorio offerte dalle pratiche emergenti di commoning nei contesti rurali; il desiderio irrefrenabile di “uscire dalle stanze” e fare ricerca attiva nei territori e con le comunità con un approccio transdisciplinare e di design thinking; il sentimento forte che ci lega ai territori coinvolti nel Festival e alle comunità che vi abitano attraverso varie esperienze culturali e personali.
Da tutto questo è nato il Rural Commons Festival, progettato collettivamente assieme a più di 30 enti tra associazioni, istituti di ricerca, università, imprese sociali, movimenti e gruppi informali. L’iniziativa è stata realizzata con il contributo di Fondazione Caritro ed è stata supportata dai Comuni di Comano Terme, Rovereto e Terragnolo, dalla Cassa Rurale di Rovereto, dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea mediante l’iniziativa Marie Skłodowska-Curie.
Verso una definizione condivisa
I contesti rurali indagati necessitano di nuovi strumenti per ridefinire, gestire e rigenerare i Beni comuni rurali, le risorse, gli habitat fisici e umani, inclusi gli altri esseri viventi (Brave New Alps, 2019), in un’ottica più sensibile rispetto all’interdipendenza tra sistemi sociali ed ecologici. I commons, infatti, hanno molte definizioni che il Festival ha iniziato ad indagare proponendo diversi tipi di esperienze e momenti: i dialoghi, i laboratori di autocostruzione, le passeggiate esplorative, i dibattiti e gli eventi conviviali sono stati un’occasione di confronto e di ascolto delle varie figure coinvolte (associazioni, comunità locali, professionisti e studiosi) con l’obiettivo di costruire assieme una definizione di commons rurali affinché ognuno si sentisse benvenuto e allo stesso tempo co-responsabile. I commons rurali sono quindi quelle pratiche, attività, progetti, sistemi, strategie collettive di cura, rivitalizzazione, valorizzazione del territorio e delle sue risorse, ritenute importanti da una comunità di persone. Tre sono gli elementi fondamentali dei commons rurali: la comunità di persone che riconosce come importante la presenza di beni comuni materiali e immateriali (quali elementi, beni, risorse, bisogni, idee, spazi), che vanno curati collettivamente attraverso azioni e accordi di commoning ovvero regole e responsabilità che la comunità si dà per gestire collettivamente il bene.
Celebrare le pratiche collettive di cura dei beni comuni
In contesti rurali come quelli del Festival i commons rurali possono innescare dinamiche di cambiamento e rappresentare un potenziale trasformativo che si esprime attraverso azioni di innovazione sociale, progetti di rigenerazione dello spazio, ed economie diversificate. Esplorando diverse forme dell’abitare in contesti spesso considerati marginali, i commons rurali promuovono la valorizzazione del patrimonio costruito e di quello intangibile, come nell’esperienza dell’associazione Terragnolo che conta che recupera la vecchia coltura di grano saraceno preservando al contempo il paesaggio terrazzato e la stessa pratica agricola antica. “Camminare è un commons rurale” come promuove l’Ecomuseo Judicaria nelle Giudicarie proponendo un progetto culturale che pone al centro delle sue attività il patrimonio territoriale da salvaguardare e valorizzare tramite il coinvolgimento attivo della comunità che lo abita. I commons rurali suggeriscono anche altri modi di gestione collettiva del nostro habitat, come dimostrano i racconti delle tante associazioni attive nel recupero di spazi abbandonati quale la ex Cava Manica a Rovereto, o la Falesia dimenticata in Giudicarie. Altre associazioni collaborano con le amministrazioni pubbliche come nel caso di Officina Comune e La Foresta a Rovereto per l’elaborazione di un Regolamento condiviso dei Beni comuni. Altre esperienze promuovono le eccellenze locali attraverso nuove forme di imprenditoria come Comunità Frizzante che produce bibite gasate insieme alle comunità locali, immaginando con loro gli ingredienti, il gusto e persino l’etichetta della bevanda. Con il Rural Commons Festival si è andati alla ricerca di queste pratiche emergenti per celebrarle ed evidenziare la loro diversità sia riguardo ai temi di cui si occupano, sia per le forme organizzative e di gestione che propongono. Il Festival è uno sforzo culturale collettivo affinché queste pratiche si conoscano, si moltiplichino e contribuiscano a creare futuri rurali desiderabili. Oltre al positivo esito delle iniziative e degli eventi proposti, il Festival offre una metodologia sia per la ricerca che per la condivisione di pratiche legate ai commons rurali e la gestione collettiva di bisogni, idee, terre, beni, elementi, risorse in habitat rurali.
Durante e grazie al Rural Commons Festival, abbiamo osservato che l’apparente svantaggiosa condizione di marginalità di tali contesti ha in realtà contribuito a preservare gli spazi naturali, le architetture. Associazioni e imprenditori illuminati, come nel caso de il Masetto a Terragnolo, hanno contribuito in questi ultimi anni a far riemergere la cultura e le ricchezze di queste valli, promuovendo la conoscenza del paesaggio e sensibilizzando gli abitanti.
Un’alternativa concreta e attuabile di gestione del territorio
Il Festival è stato un ulteriore tassello che si è andato ad aggiungere a questo processo condiviso di costruzione identitaria, rileggendone i valori con quello sguardo esterno, fresco e creativo di chi è venuto da fuori per raccontare le proprie esperienze. Questa contaminazione crea una “comunità di comunità” e fa ripensare gli spazi di opportunità del proprio territorio ripartendo dalle tante risorse già presenti per immaginare possibili futuri alternativi. Per operare questo ripensamento le pratiche collettive di cura del territorio e le comunità che le mettono in atto devono pensarsi come interdipendenti: come forme di cura e organizzazione dal basso, esse lavorano sulla base del concetto di sussidiarietà come custodi degli habitat rurali, ma allo stesso tempo devono poter contare su una collaborazione proficua con enti e istituzioni del territorio, e stringere alleanze con altre reti e territori che affrontano sfide simili. Nella collaborazione con le istituzioni locali ci deve essere un riconoscimento reciproco e che porti a sedersi ad un tavolo comune per una discussione aperta sul futuro del territorio. È solo con l’apertura di questo dialogo e con il riconoscimento di tali interdipendenze che i commons rurali possono diventare volano di un’alternativa concreta e attuabile di gestione e governo del territorio.
Una nuova idea del vivere insieme
Riconoscendo le pratiche collettive come forme alternative di cura e organizzazione della comunità, le istituzioni locali ne favoriscono l’operato con nuove regole più flessibili, con incentivi, con strumenti più snelli di accesso alle risorse, con la promozione delle azioni di successo. Da parte loro, le pratiche non si pongono in maniera autoreferenziale e come isole indipendenti, ma favoriscono l’entrata di nuovi attori, di nuove idee, di nuove regole per prendere le decisioni e consentono la misurazione partecipata delle nuove imprenditorialità. Esse si supportano nell’obiettivo comune di creare più servizi per le persone, di sopperire alla scarsità di risorse umane in contesti marginali, di mettere a disposizione una pluralità di soggetti che portano nuove competenze, ibridando positivamente la conoscenza e quindi l’azione sui luoghi. Solo così si può proteggere l’interesse collettivo su territori andando verso una più consapevole ed efficace gestione delle complesse interdipendenze tra città e campagna e negoziando forme di convivenza ibrida tra uomo e natura che rispondano in maniera più efficace e resiliente alle sfide attuali. Di fronte alla complessità delle questioni e alle diseguaglianze economiche, sociali, climatiche con le quali sempre più la società di oggi si confronta, crediamo che sia ora il momento di proporre un’alternativa negoziata e perciò credibile rispetto al modello operante, una visione diversa e per certi versi dirompente, che punti su una nuova idea del vivere insieme.
Sara Favargiotti è Professoressa presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica dell’Università degli Studi di Trento;
Maddalena Ferretti è Professoressa presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura dell’Università Politecnica delle Marche;
Cristina Dalla Torre è Dottoranda presso l’Università degli Studi di Padova – Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali e Ricercatrice presso Eurac Research – Institute for Regional Development;
Bianca Elzenbaumer è Ricercatrice presso Eurac Research – Institute for Regional Development e presso l’Associazione Brave New Alps.
Foto di copertina: Con la mappa comune, un’idea di Vivian Rustige e Nicole Faiella (UNIBZ), i partecipanti al Festival si sono uniti per condividere idee sui territori e sulle iniziative visitate e per creare processi di contaminazione fruttuosi tra le valli (credits: Francesca Dusini)