Nata a Spoleto, 55 anni, laureata in filosofia, dal 2018 vicepresidente nazionale di Legambiente, Vanessa Pallucchi è stata eletta a fine ottobre portavoce del Forum Nazionale Terzo Settore, nel quale negli ultimi anni è stata coordinatrice della consulta tematica dedicata a Istruzione ed educazione.
Partiamo dal ruolo del Terzo settore (TS) oggi per la ricostruzione dell’Italia: si è parlato di una presenza significativa nella stesura del Pnrr, secondo lei è vero e concreto o si aspettava molto di più?
Noi siamo convinti che il Pnrr sia una grande occasione di trasformazione del Paese, a patto che riusciamo a utilizzarlo per implementare un modello di sviluppo inclusivo, con un’ottica di sussidiarietà, sostenendo e consolidando le esperienze dell’impresa sociale e dell’associazionismo. Nell’ultimo anno abbiamo avuto molti incontri con quasi tutti i ministeri interessati da questo percorso, in particolare con il Ministero del Lavoro, e non so se fosse possibile ottenere di più nella fase di stesura del Pnrr, ma nell’ambito dell’attuazione troviamo molto positivo, e promettente, il fatto che il Forum sia tra le parti sociali invitate a far parte del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, istituito presso la Presidenza del Consiglio. Così come abbiamo valutato positivamente la posizione del Ministero del Lavoro secondo cui gli strumenti collaborativi potranno costituire un mezzo ulteriore da utilizzare sia nell’attuazione del Pnrr che nella nuova programmazione dei fondi strutturali europei.
La capacità di fare rete oggi è fondamentale per essere incisivi: il Forum si gioca tanto su questo aspetto, ma è un lavoro sempre più complicato. Cosa serve per fare un vero salto di qualità in questa direzione?
Dal lato del Forum, in occasione della mia elezione a portavoce nazionale ho sottolineato la necessità di adeguare il suo modello organizzativo e di funzionamento, per valorizzare ulteriormente le diverse esperienze dei vari soggetti che compongono il mondo del Terzo settore e il Forum stesso, anche attraverso un nuovo protagonismo dei territori. Ma insieme a questo, e direi anche per questo, non si può prescindere dalla questione del sostegno agli enti del Terzo settore, in modo che essi possano garantire la prosecuzione delle proprie attività e servizi, dopo lo shock causato dalla pandemia e dalle sue conseguenze, perché la possibilità di far fronte agli strascichi della crisi passa anche dalla capacità di gestire gli impegni economici e finanziari delle organizzazioni. Questo è il presupposto per poter accettare la sfida di un coinvolgimento in prima linea nello sviluppo dei piani di innovazione sociale delle comunità. Gli strumenti della coprogrammazione e della co-progettazione, in un quadro di governance condivisa della programmazione e dell’individuazione delle priorità, offrono una prospettiva virtuosa di collaborazione di lungo periodo.
Secondo lei la presenza delle realtà del Terzo Settore è ormai riconosciuta dai media mainstream e quali sono ancora gli ostacoli da rimuovere perché sia una presenza costante e corretta?
Il Terzo settore è una presenza riconosciuta, frequentata, e normalmente rappresentata con una connotazione positiva, quindi, di per sé non ci sono grandi problemi. Ma non sempre i mass media riescono a cogliere l’importanza di certe esperienze che arrivano dal Terzo settore, e che quindi rischiano di essere confinate in un ambito informativo di nicchia. Eppure, parlare di Terzo settore vuol dire parlare di economia, di ambiente, di minori, di istruzione, di migrazioni: tutti campi di grande interesse collettivo. L’informazione può accendere un faro sulle storie dei nostri volontari, dei nostri enti, che possano trasmettere esempi di coraggio e di speranza, e che mostrino soluzioni concrete e praticabili ai problemi: l’approccio del giornalismo costruttivo, una filosofia che si sta lentamente diffondendo anche in Italia, ci sembra molto congeniale a questa visione, e dovrebbe essere incoraggiato.
Volontariato e Cittadinanza attiva. Alcuni sostengono che sono opportunità riservate a chi ha possibilità (di risorse materiali e di tempo) da spendere, ma non per chi deve per forza di cose rispondere a esigenze primarie di vita. Lei cosa ne pensa?
Ciascuno può dare il suo contributo, ognuno per quanto gli è possibile. Si tratta di risorse materiali e tempo donati alla propria comunità, e dunque alla collettività: anche questo rende preziosa la mobilitazione civica del volontariato, che a nostro giudizio va incentivata, e sostenuta con scelte convinte di supporto al Terzo settore in tutte le sue diverse forme. In un momento in cui c’è bisogno di solidarietà e coesione sociale, e in cui si è sempre più convinti della necessità di sposare una forma di economia più sostenibile e inclusiva, più capace di valorizzare il territorio e portare sviluppo delle comunità, la partecipazione attiva dei cittadini rappresenta ancora oggi la strada da percorrere. E il Terzo settore è una grande scuola di civismo: è un modo importante di essere cittadini nella propria comunità, adoperandosi per costruire soluzioni collettive ai problemi.
L’Amministrazione condivisa dei Beni comuni si basa su due principi/consapevolezze: a) La consapevolezza del patrimonio diffuso di Beni comuni disponibili e accessibili secondo una modalità diversa di pensare il patrimonio pubblico; b) quella che riguarda una Pubblica amministrazione vista non come nemica ma come potenziale collaboratrice. Secondo lei sono due consapevolezze consolidate o ancora rare?
Sono due consapevolezze che lentamente si stanno diffondendo, e questo è anche in parte compito del Forum. Con la sentenza 131 del 2020 la Corte costituzionale ha convalidato la nostra tesi secondo cui attraverso gli strumenti della coprogrammazione e co-progettazione viene definita una prassi collaborativa tra istituzioni pubbliche ed enti di Terzo settore, nel riconoscimento di una comune finalità volta al perseguimento dell’interesse generale della comunità e in piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà. Nel rapporto col pubblico, inoltre, quest’anno è stato fatto un grande passo avanti con l’adozione delle linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore, declinando i percorsi amministrativi che la pubblica amministrazione dovrà seguire per rendere operative coprogrammazione e co-progettazione. Nell’attuare l’Amministrazione condivisa con la pubblica amministrazione, si comincia a costruire concretamente quel modello di sviluppo di cui abbiamo bisogno, teso a rendere la società sempre più coesa, solidale e inclusiva, ponendo al centro le persone.
Bene, grazie: tutto Labsus le fa i migliori auguri per il lavoro di portavoce che l’attende.