La benicommunity è la comunità di enti pubblici del nord-ovest impegnati in pratiche di Amministrazione condivisa dei beni comuni, attivata da Labsus nell’ultimo anno, con il sostegno della Compagnia di San Paolo.
La benicommunity è una comunità giovane, in via di definizione, ed è una comunità inclusiva, poiché accoglie al suo interno soggetti che appartengono a territori diversi, ognuno con le proprie specificità, la propria identità, le proprie problematiche territoriali. In alcuni casi si tratta di Amministrazioni che stipulano abitualmente Patti di collaborazione, in altri sono Comuni che non hanno ancora adottato il Regolamento dei beni comuni o che hanno appena iniziato ad esplorare questa modalità.
Seguendo i suggerimenti di metodo proposti da Marianella Sclavi, studiosa, facilitatrice e consulente di processi partecipativi in Italia e all’estero, la benicommunity si sta costruendo attorno a una visione comune – l’Amministrazione condivisa dei beni comuni – «favorendo un contesto di confronto, sviluppando la capacità di mutuo apprendimento e correggendosi durante il percorso».
Nel corso di questi mesi, un percorso di quattro tavoli intercomunali, ospitati a turno da Comuni di diverse dimensioni, è stato l’occasione per garantire quella narrazione polifonica, che è «generatrice di un senso comunitario basato sul protagonismo di chi partecipa al dialogo».
La quarta tappa della benicommunity
Dopo il penultimo appuntamento di Genova (lo scorso 21 settembre 2021) dedicato agli “adempimenti amministrativi necessari per favorire la collaborazione tra cittadini e Amministrazione”, lo scorso 15 dicembre 2021 è stata la volta di Sant’Antonino di Susa. Questo nuovo tipo di co-progettazione dei tavoli di lavoro con i Comuni più piccoli nasce dal desiderio di includere in maniera pro-attiva anche quelle Amministrazioni che portano la prospettiva dei territori rurali, dei paesi montani e dei sistemi di valle (in questo caso l’esperienza dell’Unione Montana Val Susa).
La Sindaca del Comune di Sant’Antonino di Susa, Susanna Preacco, ha introdotto i lavori del mattino sottolineando l’importanza del «condividere le buone pratiche e le azioni comuni» che si stanno attuando anche nelle aree interne, proprio nell’ottica di una mutua contaminazione.
Il tema affrontato dalla quarta tappa della benicommunity è stato la comunicazione esterna. Ci siamo chiesti: Come si comunica l’Amministrazione condivisa? Come l’Amministrazione pubblica comunica con/ai cittadini attivi? Questo è un tema centrale su cui Labsus ragiona da anni. Se è vero che «promuovere la sussidiarietà significa promuovere la nascita di relazioni fondate sulla condivisione di responsabilità e risorse in vista di un obiettivo comune», è anche vero che queste relazioni si costruiscono e si mantengono solo comunicando in maniera efficace.
L’Amministrazione condivisa è di fatto un modello organizzativo che si basa su una trama fittissima di comunicazioni che vanno «dall’Amministrazione ai cittadini, dai cittadini all’Amministrazione, e dai cittadini ai cittadini, in una circolarità di relazioni paritarie che ricalca la circolarità del principio di sussidiarietà orizzontale». E dunque l’Amministrazione condivisa usa la comunicazione non solo per informare, ma per condividere, per rendere i cittadini partecipi di qualcosa, per proteggere i beni comuni.
Ci piace pensare alla comunicazione in questi termini, non semplicemente come un obbligo da adempiere, ma come uno strumento che produce partecipazione e coinvolgimento, e che può diventare «una leva del cambiamento per ricostruire il rapporto tra la comunità locale e gli organi di governo».
Questa è la riflessione teorica da cui siamo partiti, ma durante il corso della mattinata abbiamo cercato di rispondere alle richieste concrete emerse dai precedenti tavoli di Chieri (11 dicembre 2020) e Collegno (12 marzo 2021), esplorando la questione da un punto di vista molto ‘operativo’.
Partendo dalle molteplici buone pratiche presenti all’interno della benicommunity (e non solo) abbiamo chiesto ad alcuni Comuni di condividere le loro strategie comunicative e di presentare alcune esperienze significative in tal senso.
L’esperienza di Torino: verso una comunità di/con i “pattisti”
Ha aperto i lavori del mattino Laura Socci, funzionaria dell’Ufficio Beni Comuni del Comune di Torino, che ha raccontato come l’Amministrazione torinese abbia interiorizzato la modalità di comunicazione strategica ereditata dall’importante esperienza del Progetto Speciale Periferie, con la duplice funzione di informare i cittadini e le cittadine, e di condividere le informazioni all’interno della Città (in tal senso sottolinea l’importanza della formazione interna a tutto l’ente, soprattutto ai referenti dei Patti), ma anche con un pubblico più ampio.
Le strategie di comunicazione dell’Ufficio Beni Comuni sono state definite all’interno della cornice di un importante progetto europeo (l’iniziativa UIA Co-City), che ha permesso di destinare risorse alla costruzione di una identità visiva chiara e riconoscibile, e di valorizzare il ruolo di quei corpi intermedi (in questo caso, le Case del Quartiere di Torino), che sono stati fondamentali nella diffusione dei Patti di collaborazione.
Laura Socci ha sottolineato l’importanza del monitoraggio come strumento per conoscere e dialogare con le comunità locali, anche dopo la fase di co-progettazione, e per valutare eventuali modifiche nella strategia di comunicazione: «La firma del Patto è solo il punto di partenza, sembra di aver fatto molti sforzi per arrivare alla firma, ma poi la cogestione del Patto è altrettanto impegnativa». Nell’esperienza torinese, ad esempio, durante il monitoraggio dei Patti di collaborazione è emersa l’urgenza di far conoscere i cittadini attivi tra di loro e di mettere in rete le diverse esperienze locali. Le domande che l’Amministrazione si è posta sono dunque state: Come raccontare i Patti di collaborazione che funzionano? Come informare i cittadini dei Patti presenti sul territorio?
Un nuovo slancio nella strategia comunicativa ha visto il coinvolgimento attivo dei “pattisti” attraverso il racconto autobiografico delle proprie esperienze sulle pagine social (principalmente Instagram e Facebook) e l’evento pubblico OPENPATTI (5 giugno 2020) durante il quale più di venti “pattisti” hanno presidiato il luogo del proprio Patto e ne hanno visitati di altri. Un grosso apporto nella progettazione di queste esperienze e attività, lo danno le ragazze e i ragazzi del Servizio Civile Universale, un’opportunità per l’Ufficio Beni Comuni per introdurre modalità innovative nella strategia di comunicazione.
Le opportunità della comunicazione digitale
Le tecnologie digitali offrono un ventaglio di opzioni comunicative a dir poco stimolante. Tra le pagine istituzionali che meglio raccontano i Patti di collaborazione in Italia, c’è sicuramente il sito del Comune di Verona. Lisa Lanzoni, Responsabile dell’Ufficio Innovazione Amministrativa Attuazione della Sussidiarietà orizzontale del Comune di Verona, ci ha raccontato l’approccio della sua città in questo senso: «Nell’esperienza di Verona, la comunicazione in relazione ai beni comuni è stata un pilastro fondamentale, che ha navigato in contemporanea con lo sviluppo di questa materia».
Nello specifico, Lisa Lanzoni ci ha mostrato due mappature pensate per valorizzare i beni comuni della città. La prima è la mappa della sussidiarietà, contenuta nel sito del Comune e supportata dal Sistema informativo georeferenziato (SIGI), che localizza, descrive e dà una geometria di tutti i Patti di collaborazione nel territorio comunale.
La seconda è la mappatura Verona 360, una piattaforma interattiva che permette di realizzare formidabili itinerari virtuali, sviluppata da un cittadino attivo grazie ad un Patto di collaborazione. Un esempio concreto di comunicazione realizzata ‘con’ i cittadini, in cui la costruzione di una mappatura a livello comunale non si nutre solo delle competenze tecniche all’interno dell’Amministrazione, ma anche (e soprattutto) di quelle dei cittadini attivi sul territorio.
Riscoprire la comunicazione offline in connessione con il territorio: uno spunto di riflessione da Collegno
Per raggiungere il target giovanile non funziona solo la comunicazione online. Elena Casassa, istruttrice amministrativa presso l’Ufficio ambiente del Comune di Collegno, ci ha presentato una panoramica di progetti realizzati nella sua città su tematiche ambientali, tra cui la strategia di promozione del progetto Spazio verde, avviata grazie ai ragazzi e alle ragazze del Servizio Civile.
In questo caso, la campagna di comunicazione non ha usato i soliti canali tradizionalmente rivolti ai giovani (social media, sito), ma ha sperimentato modalità più innovative, sfruttando gli asset del territorio (in questo caso un presidio fisico tramite banchetto al mercato rionale).
Questa scelta ha generato impatti significativi in termini di nuove alleanze. Elena Casassa ci ha, infatti, raccontato: «Promuovere il Patto attraverso il mercato ci ha permesso di conoscere dei volontari che già facevano questo tipo di attività e altri attori interessati. Il punto di forza è stato sicuramente il fatto di mettere a sistema tutte le realtà che erano già presenti sul territorio».
La Consulta permanente dei beni comuni urbani di Torino e il Laboratorio per la sussidiarietà di Verona: due esperienze a confronto
Antonio Vercellone, presidente della giovanissima Consulta permanente dei beni comuni urbani di Torino, ha spiegato il ruolo che questo organo potrebbe avere nella comunicazione dei beni comuni urbani e nel tenere viva la relazione tra Pubblica Amministrazione e cittadinanza attiva: «Può avere un ruolo fondamentale. In primo luogo perché intendiamo per comunicazione non solo la comunicazione da parte dell’Amministrazione ai cittadini circa la possibilità di sottoscrivere Patti di collaborazione e/o di fare progetti in ottica di beni comuni (…), ma anche (e soprattutto) la comunicazione tra l’Amministrazione e quei cittadini che già sono impegnati in esperienze di commoning all’interno dei nostri territori». Dunque, una comunicazione non tanto (o non solo) orientata alla promozione dei beni comuni (o all’informazione rispetto agli strumenti tecnici e giuridici a disposizione della cittadinanza per prendersi cura dei beni comuni), ma alla messa in rete delle esperienze di co-progettazione già in corso.
La pariteticità tra cittadini e Pubblica Amministrazione nella cornice dell’Amministrazione condivisa implica che le parti debbano avere un soggetto terzo per mediare e dirimere i dissidi. L’esperienza della Consulta, che ha riscontrato molto interesse tra i partecipanti alla mattinata, nasce con la doppia funzione di risolvere possibili controversie (funzione arbitrale) e mappare i temi ricorrenti tra le proposte per farsi portavoce di istanze comuni (funzione di natura consultiva). «Nell’esercizio di questa funzione, la Consulta riesce ad avere uno sguardo privilegiato rispetto alle tematiche relative ai beni comuni sul territorio (…) Tutto questo patrimonio di informazioni può essere messo a servizio da parte della Consulta nei confronti di tutti gli stakeholders impegnati in queste operazioni come azione di advocacy», ci spiega Antonio Vercellone.
Anche il Comune di Verona si sta muovendo nella direzione di una Consulta, che però non ha una funzione definita di mediazione tra le parti (in caso di conflitti, la funzione arbitraria è identificata all’interno del Regolamento dei beni comuni dal Comitato paritetico, composto da funzionari e non). Lisa Lanzoni aggiunge: «Molto spesso all’interno delle Consulte, c’è un’estrema partecipazione, però il salto al deliberativo, cioè come si concretizza effettivamente l’iniziativa discussa, manca. Manca il passaggio dal partecipativo al deliberativo».
Proprio per questo la scelta della città di Verona è stata quella di ambire ad un modello ancora più sperimentale, il Laboratorio per la sussidiarietà di Verona, pensato come uno spazio di confronto e co-progettazione tra Amministrazione e cittadini attivi. Lisa Lanzoni precisa che: «l’obiettivo principale per noi è che il cittadino sia effettivamente partecipe e che faccia quindi quello scatto da partecipativo a deliberativo (…) Il passaggio che vogliamo fare con il Laboratorio è esattamente questo: un luogo di coprogettazione effettiva in cui l’idea non resta muta ma acquisisce tutti gli elementi tecnici per costituirsi in maniera idonea (…)». Rispetto alla mediazione e alla co-progettazione, aggiunge: «Io sono convinta che non siano competenze escludenti, ma che possono tranquillamente convivere all’interno di un organo».
Verso cambi di rotta radicali: ripensare l’Ufficio Relazioni con il Pubblico in termini di empowerment
Lisa Lanzoni ha concluso il suo intervento dicendo: «I funzionari che come me si trovano a lavorare sui beni comuni in questo frangente storico hanno un privilegio, che è quello di aprire una strada di innovazione. Deve però cambiare il chip mentale, a livello culturale, sia all’interno dell’ente, sia nella percezione esterna».
Crediamo che questo cambiamento di visione sia necessario anche nella comunicazione dell’Amministrazione condivisa: non solo comunicare efficacemente i Patti di collaborazione, ma rompere e rinnovare il modo in cui facciamo comunicazione.
A questo proposito, uno spunto di riflessione molto interessante l’ha dato Myriam Ricci, operatrice socio-culturale referente del Punto Accoglienza URP del Comune di Collegno, che ci ha raccontato come questo spazio è stato ripensato, nel tentativo di rendere proattivo l’incontro tra Pubblica Amministrazione e cittadino, in un disegno di empowerment socio-culturale.
Myriam Ricci ci ha spiegato che se l’URP è sempre stato percepito come un posto anonimo, uno “sfogatoio” che raccoglie le lamentele dei cittadini, la città di Collegno sta cercando di superare la visione del ‘cittadino assistito’ per avvicinarsi a quella di ‘cittadino affiancato’. Rispetto a come questo passaggio si relaziona con l’Amministrazione condivisa dei beni comuni, ha dichiarato: «Se io come operatore socio culturale inizio ad aiutare la persona ad orientarsi tra i servizi del territorio, ad essere più autonoma, ad essere un cittadino maggiormente consapevole, ad essere un cittadino più attivo, forse sto comunicando in qualche modo una parte di beni comuni (…) i servizi stessi di un territorio possono essere considerati dei beni comuni (…) possono essere un bene collettivo».
Dialogare per accogliere il bisogno e cogliere la risorsa dietro alla persona… ed innescare un cambio di rotta dalla portata politica rivoluzionaria: «svecchiare la percezione che il Comune, l’ente pubblico, debba risolvere le questioni, debba dare delle soluzioni, può portare alcune persone ad attivare dei pensieri virtuosi, dei pensieri attivi, dei pensieri partecipativi», ha ribadito a conclusione del suo intervento.
Valutazione della mattinata da parte dei partecipanti e prossimi passi
La mattinata è stata davvero intensa e ricca di contenuti grazie agli interventi dei Comuni di Collegno, Torino e Verona, che ci hanno permesso di attingere da esperienze completamente diverse. Come sottolineato Lisa Lanzoni, moltissimi sono stati i punti di contatto tra i diversi contributi, «a dimostrazione del fatto che il tema dei beni comuni oltre ad essere in diffusione, sta avendo una strutturazione importante all’interno degli enti locali e di tutto l’universo che orbita attorno ai beni comuni che cresce sempre di più su tutto il territorio nazionale».
In totale hanno partecipato all’evento 41 persone, e si sono aggiunti alla rete i Comuni di Aramengo e Savona. La totalità dei rispondenti al questionario di gradimento ha affermato che le aspettative che aveva nei confronti dell’incontro sono state rispettate, che i contenuti esposti dai relatori sono stati interessanti, ma soprattutto che gli spunti raccolti sono stati utili per migliorare e innovare la prassi lavorativa quotidiana (che per noi è il risultato più importante!).
Restano da approfondire alcuni argomenti (alcuni aspetti organizzativi, procedurali, legislativi e relazionali), ma in generale la valutazione della giornata è stata molto positiva. È stato particolarmente apprezzato il carattere degli interventi dei relatori: «descrittivi e pratici, e proprio per questo arricchenti!».
La pluralità e lo scambio delle esperienze presentate provenienti da diverse realtà e su argomenti diversi è sembrato interessante, anche se è stato sottolineato come non siano sempre adattabili a tutti i contesti. Ovviamente non esistono ricette giuste per tutti i territori, nell’ottica di un piccolo Comune le esperienze delle città possono sembrare davvero molto lontane.
Tra i prossimi passi della benicommunity, prevediamo la costruzione di micro comunità tra Comuni più omogenei, che vivono le stesse problematiche e condividono le stesse difficoltà, affinché possano usare questa piattaforma per costruire una rete di interlocutori e alleati in grado di supportarli nella messa in pratica dei Patti di collaborazione sul piano concreto. Come attivatori di questa rete ci sembra infatti prioritario fare in modo che ognuno vi trovi il proprio posto, secondo i propri interessi e le proprie esigenze.
Alla prossima!
Foto di copertina: evento OPENPATTI tenutosi a Torino lo scorso 05 giugno 2021