Lo scorso 4 febbraio, a Firenze, si è tenuto un convegno per promuovere il progetto "Commoning Europe", ossia una finestra aperta sull’Europa dei Beni Comuni

Si è tenuto il 4 febbraio un incontro, online, promosso dall’associazione “Biblioteca di Pace” di Firenze, nell’ambito del progetto “Commoning Europe”, sul tema “Fare rete! Collaborazioni a sostegno dei Beni Comuni”.
L’iniziativa ha avuto come relatori, oltre al presidente dell’associazione, Calogero Bellavia, Massimo Fratini, responsabile protezione civile della Città Metropolitana di Firenze già assessore nelle prime fasi di attuazione del Regolamento sui beni comuni approvato dal capoluogo toscano, Patrizia Bonanni, consigliera al comune di Firenze con delega ai “beni comuni”, Giorgia Salvatori, assessora del comune di Campi Bisenzio, Alberto di Cintio, ricercatore dell’Università di Firenze.
Sono intervenuti alcuni “commoners” per un contributo basato sulle esperienze maturate nel territorio attraverso il loro impegno sui beni comuni: Checcucci per “Mondeggi fattoria senza padroni”, Miguel Martinez per “I Nidiaci” e il rappresentante di “Novoli bene comune”.

Ma cosa è il progetto Commoning Europe?

Il programma tende a far conosce e valorizzare il Bene Pubblico posto a base dell’Europa, essa stessa “bene comune”. La parola “Commoning” si riferisce alle attività che hanno risorse materiali o immateriali che gli appartenenti a una comunità hanno stabilito di gestire (prendendosene cura) stabilendo le regole di gestione e/o co-gestione e quindi di utilizzo per finalità di interesse generale.
È un movimento, questo, che va sempre più radicandosi nei territori, ampliandosi con i limiti imposti, purtroppo, dall’emergenza pandemica. Le iniziative sono attuate dai soggetti protagonisti delle proposte per la cura, rigenerazione e Amministrazione condivisa dei beni comuni (associazioni, comunità informali, ecc.) qui definite “commoners”. È da sottolineare la crescita del numero di governi locali che in altri Stati stanno cercando di avvicinarsi ai beni comuni relazionandosi con i “cittadini attivi” con modalità diverse da quelle tradizionalmente conosciute quali sono, almeno nel nostro Paese, i Patti di collaborazione.
Tra i partners del progetto troviamo “Biblioteca di pace” (Italia), promotore dell’evento cui ci riferiamo in questa sede, il comune di Campi Bisenzio (Italia), la municipalità di Fagaras (Romania) e la Direzione provinciale della Famiglia e dei Servizi sociali di Ankara (Turchia), BRAL (Belgio) e Open UP (Olanda), i quali potranno condividere le “buone pratiche” partecipando anche a corsi di formazione e incontri. Il progetto, nel corso della sua realizzazione, si basa sull’analisi delle esperienze in itinere e quindi l’apprendimento avviene attraverso confronti con tecniche e metodologie partecipative atte a coinvolgere i soggetti attuatori e tutti coloro a qualunque titolo interessati (cittadini, ODV, amministratori e personale della P.A.).
Poiché «il progetto intende indagare diversi approcci ai beni comuni a livello europeo, in termini di relazioni tra Commoners e Istituzioni Pubbliche e in relazione al superamento di difficoltà legali, organizzative e di altro tipo», dagli interventi dei relatori sono emersi spunti interessanti non solo in ordine ai percorsi posti in essere per realizzare le attività sui e per i beni comuni ma, soprattutto, in relazione a quelle che sono le difficoltà di attuazione del Regolamento anche nei Comuni che se ne siano già dotati.

Gli interventi: non nascondersi le criticità

Dopo la presentazione di Commoning Europe da parte di Bellavia, presidente di Biblioteca di Pace, hanno fatto seguito gli interventi dei relatori. Tra questi è importante rilevare alcune delle “criticità” evidenziate:
– la difficoltà di relazione tra la proposta di Amministrazione condivisa e i Patti di collaborazione con uffici comunali già impegnati nelle più consuete attività di esecuzione degli obiettivi stabiliti con gli strumenti di programmazione e gestione: PDO, DUP, PEG;
– le incertezze (e magari anche i timori, aggiungiamo noi) che sussistevano nelle prime fasi di attuazione del Regolamento in ordine alle modalità di attuare procedure innovative e tra queste la copertura assicurativa dei volontari;
– la mancanza della necessaria informazione del personale e dei cittadini sulla possibilità e modalità di prendersi cura di beni comuni.
È stato altresì messo in risalto un aspetto particolare dell’Amministrazione condivisa quale “l’essenza” del Patto di collaborazione: la fiducia. Un rapporto di fiducia fondato su un rapporto paritetico tra Comuni e cittadini attivi, capace di ricostruire un confronto positivo tra amministrati e amministratori ma di cui la macchina comunale che si misura con queste novità, il Patto, è spaventata per il fatto che, mentre un affidamento di lavori prevede, attraverso l’atto concessorio, modalità e tempi di esecuzione, un intervento su un bene comune (aiuola, area verde, un immobile in disuso, ecc.) non offrirebbe, agli uffici e quindi all’ente, le stesse garanzie affinché quanto concordato sia correttamente eseguito.
Sono seguiti, quindi, gli interventi di altri relatori: Di Cintio ha inteso sottolineare l’importanza dell’azione democratica quale fondamento del bene comune e quindi dei processi partecipativi indispensabili per riprogettare un modello di città più vicino ai cittadini. Interessanti, inoltre, le esperienze narrate in prima persona dai protagonisti di I Nidiaci, Novoli bene comune e Mondeggi fattoria senza padroni.

Superare gli ostacoli interni alla Pubblica amministrazione

Nelle conclusioni, affidatemi dagli organizzatori, ho evidenziato come sia necessario ribadire alcune condizioni che devono sussistere per approvare prima e attuare poi il Regolamento sui beni comuni, a partire dalla costituzione di un gruppo di lavoro per la redazione della proposta regolamentare, di cui facciano parte i settori dell’ente più coinvolti nella sottoscrizione dei patti: manutenzione verde, patrimonio, cultura, edilizia pubblica etc. Essenziale sarebbe stabilire uno o più momenti informativi/formativi rivolti ad amministratori, funzionari e dirigenti. Così come necessario sarà poi, oltre alla realizzazione sul sito dell’ente di una sezione dedicata ai beni comuni (comprensiva di indicazioni, “buone prassi” e modulistica di orientamento), individuare formalmente, nell’ambito dell’organigramma dell’ente, un ufficio quale interlocutore – unico – tra cittadini e uffici cointeressati dalla proposta di patto di collaborazione che svolga una funzione di coordinamento e supporto agli uffici medesimi.
L’auspicio è che ci siano anche occasioni, oltre il progetto Commoning Europe, che vedano coinvolte istituzioni pubbliche e cittadini singoli e associati, quale momento di confronto e approfondimento per promuovere l’Amministrazione condivisa dei beni comuni in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’art.118 u.c. Cost., da sempre nostro punto di riferimento.

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Foto di copertina: Mads Schmidt Rasmussen su Unsplash