La nascita dell’Osservatorio Nazionale per rafforzare il binomio Scuola-Comunità

Il rapporto scuola e territorio (De Bartolomeis, 2018) è il tema centrale del gruppo di ricerca INDIRE che orienta la propria attività alle “Piccole scuole”. Una ricerca incessante su una forma educativa estesa che si attua nelle aule come nelle strade dei paesi o nelle biblioteche reali e virtuali a cui si ha accesso e che ha bisogno di una scuola intesa sia come istituzione, saldo presidio di democrazia, che come edificio di riferimento per i servizi alla comunità.

Rafforzare il binomio Scuola-Comunità

Il Piano scuola 2020-2021 ha individuato nel Patto educativo di comunità lo strumento per la costruzione di solide, concrete alleanze fra scuole, Enti Locali, realtà del Terzo settore, istituzioni pubbliche e private: «Tra sussidiarietà e corresponsabilità educativa (…), gli Enti locali, le istituzioni pubbliche e private variamente operanti sul territorio, le realtà del Terzo settore e le scuole possono sottoscrivere specifici accordi, quali ‘Patti educativi di comunità’ (…) Dando così attuazione a quei principi e valori costituzionali, per i quali tutte le componenti della Repubblica sono impegnate nell’assicurare la realizzazione dell’istruzione e dell’educazione, e fortificando l’alleanza educativa, civile e sociale di cui le istituzioni scolastiche sono interpreti necessari, ma non unici» (MI, Piano scuola 2020-2021).
Già Dewey, nel 1902, si chiedeva perché la scuola come istituzione non riesce ad operare non solo come luogo per l’istruzione degli studenti ma come centro per la vita di tutti. Questo tema, ritornato al centro dell’attenzione di politici e ricercatori sin dall’inizio del periodo pandemico, prevede una progettazione sistemica che coinvolga enti locali e istituzioni scolastiche e Terzo settore in una convergenza di visione educativa. Il binomio scuola-comunità è un mix che coniuga la dimensione normativa (comunità) con quella programmatica (hub) e spesso viene utilizzato nei documenti di politica e pianificazione in settori governativi e non governativi. Ne sono esempi i recenti documenti dell’OECD (2021), il Forum per le Disuguaglianze e Diversità, la New European Bauhaus Initiative o il progetto di ricerca dell’Università di Melbourne, Building Communities e molti altre sparse a livello nazionale e internazionale. Tutte queste iniziative (governative e di ricerca) hanno in comune l’interesse di ripristinare il rapporto tra l’istituzione e il territorio, il contesto circostante in tutte le sue parti per recuperare quella identità sfilacciata tra le maglie delle grandi città.
Le scuole che si trovano in contesti isolati, nelle montagne o nelle aree interne interrogano il contesto per tentarne la comprensione, per ricostruire le trame che legano questi paesi alla realtà più ampia nazionale e globale, per mettere a nudo quella rete di connessioni che fa delle comunità la matrice di una socialità più autentica.
«Le piccole scuole tradizionalmente rinsaldano e conservano i propri tratti distintivi culturali e storici divenendo grandi comunità di memoria. Il loro rapporto con l’ambiente naturale, sociale e culturale può rappresentare una risorsa dalle forti potenzialità innovative nel momento in cui lega l’apprendimento alla realtà valorizzandola nel rispetto delle vocazioni territoriali» (Manifesto delle Piccole Scuole).
Sussidiarietà e corresponsabilità educativa costituiscono l’orizzonte per un nuovo modello di scuola che responsabilizza la comunità nel progetto educativo (Sergiovanni 2000; Schafft, 2016) e che poggia sull’idea di sistema formativo allargato di learning organization (OECD, 2016).

Quale modello di scuola alla base delle alleanze con il territorio?

La questione delle piccole scuole intercetta la questione della forma della scuola (Maulini e Perrenoud 2005), ovvero della permanenza di caratteristiche che definiscono un modello dominante di organizzazione dell’istruzione di base e obbligatoria. Tra gli elementi di base della forma scolastica, come è noto, prevedono: 1. la separazione tra azione “autentica” e “azione formativa”; 2. l’asimmetria tra chi insegna (l’insegnante) e chi impara (lo studente) (Maulini, Perrenoud, 2005), dando luogo a una tipica chiusura organizzativa, che legittima la definizione di spazio educativo come una “regione ontologica propria”.
Tale modello contrasta con forme «non scolastiche» di organizzazione dei processi di socializzazione e di circolazione di conoscenza (educazione domestica, tutoraggio privato, comunità di pratica, etc) che si sovrappongono e talora convivono in parallelo con la morfologia classica della scuola.

Mappa della Scuola di Prossimità – Piccole Scuole

Nelle traiettorie di «re-scolarisation» (la scuola al centro della comunità) si inserisce la scuola di prossimità immaginata dall’OCSE. Un Learning Hub è tale se è un luogo di partecipazione per la cittadinanza, per i diversi attori del territorio. Un luogo in cui si stringono alleanze tra la scuola e altre istituzioni come musei, biblioteche, luoghi creativi e associazioni del Terzo Settore.

Gli scenari della scuola del futuro- OCSE

Lo scenario prefigurato dagli analisti dell’OCSE della scuola come Learning HUB risponde alle necessità delle piccole scuole di promuovere uno sviluppo sostenibile dei territori, rappresentando un presidio di cultura e cittadinanza.
Questo modello accoglie le esperienze esistenti nei territori delle isole, delle montagne e delle aree interne, dove la scuola, anche attraverso i Patti educativi di Comunità e le Alleanze territoriali, ha realizzato forme di learning hub per potenziare l’offerta educativa, valorizzando il territorio e offrendo agli studenti opportunità di apprendimento nei luoghi di residenza. In questo modo anche i plessi distaccati sono valorizzati come strutture di servizi distribuiti in cui possono ospitare:

  • Presidi CPIA all’interno dei piccoli plessi
  • Sportelli o Sedi Universitarie anche on line
  • Formazione delle famiglie per un ruolo attivo anche in casi di bambini in domiciliare
  • Servizi per i Bambini Disabili (cognitivi e motori) (esempio: POLI CRES…)
  • Biblioteche aperte e gestite dalla comunità
  • Teatri culturali
  • Laboratori maker e/o di orientamento professionale
  • Servizi sulla salute e prevenzione

Il Movimento delle Piccole Scuole dedica al tema scuola come centro servizi per un ecosistema educativa una call de I Quaderni delle piccole scuole – serie Storie, al fine di diffondere buone pratiche e individuare contesti di osservazione per la comprensione delle forme emergenti di scuola estesa in Italia.

Perché i Patti educativi

Quando fra scuola e comunità si stabilisce un’alleanza nella prospettiva di una comune visione di educazione, si disegnano nuovi contesti di apprendimento che traggono «(…) suggestioni dal recupero dei saperi presenti in ogni realtà ambientale (dal suo paesaggio antropico ai beni culturali, dalle imprese produttive al variegato mondo del Terzo Settore e del volontariato)» (Cerini, 2020).
I Patti consentono di:

  • Co-progettare l’offerta formativa tramite la collaborazione con soggetti esperti del territorio per lo svolgimento di attività didattiche in contesti non formali e informali improntati al learning by doing.
  • Ampliare il perimetro dello spazio scolastico costruendo una continuità tra edifici scolastici e le loro pertinenze e gli spazi esterni della città che possono rappresentare ambienti didattici decentrati che attingono alle sedi e alle fonti depositarie della conoscenza (teatri, biblioteche, archivi, musei, cinema, parchi).

I Patti rappresentano lo strumento per la costruzione di una nuova visione di scuola in cui il concetto di comunità è al centro del curricolo, delle azioni formative e dello spazio di apprendimento. Uno spazio di apprendimento che ruota intorno all’idea di un ambiente aperto alle relazioni, inclusivo, che integra formale e informale. Una scuola che si configura come learning hub (OCSE, 2021) per una comunità che si fa capitale servente e che mobilita tutte le sue risorse per massimizzare le opportunità di apprendimento per tutti. La scuola diventa il fulcro di un ecosistema educativo ampio e in continua evoluzione, che si avvale del territorio per ripensare il curricolo e la didattica, modificando il tempo-scuola e la mobilità di docenti e studenti.
I Patti possono contribuire a costruire «un nuovo modello di società caratterizzato dalla presenza diffusa di cittadini attivi, cioè cittadini autonomi, solidali e responsabili, alleati dell’amministrazione nel prendersi cura dei beni comuni».

Perché un Osservatorio Nazionale

Nel settembre 2021, Indire e Labsus hanno siglato un protocollo d’intesa per un Osservatorio nazionale sui Patti educativi territoriali, che ha proprio l’obiettivo di tracciare una prima geografia di attori ed esperienze, analizzarli e individuare gli elementi portanti che sostengano la scuola nel suo tendere ad una configurazione di learning hub.
Una prima ricognizione tramite il dialogo con Uffici Scolastici Regionali ha fatto sin da subito comprendere che i Patti sono entrati a far parte degli strumenti amministrativi e organizzativi delle scuole. Nelle dodici regioni che hanno comunicato questi dati al gruppo di ricerca di Indire, si rintracciano 459 Patti territoriali finanziati con fondi ministeriali e gestiti dagli USR più 71 Patti educativi/Patti di collaborazione delle Piccole Scuole col territorio. Collegati ai Patti abbiamo visto nascere centri di servizi di welfare, di servizi di inclusione lavorativa, di doposcuola, di assistenza psicologica alle famiglie. Molti territori, con l’obiettivo di contrastare il livello di povertà educativa hanno introdotto le doti educative di comunità, con servizio di doposcuola e di orientamento, con attività laboratoriali rivolte ai più fragili in orario curricolare, con sportelli di sostegno allo studio. Molte scuole hanno messo spazi e laboratori a disposizione della comunità, biblioteche scolastiche che hanno accolto la formazione degli adulti.
Il numero dei Patti rintracciati in una prima fase esplorativa è risultato talmente importante che ha spinto INDIRE e Labsus a realizzare un Osservatorio che si pone oggi i seguenti obiettivi:

  • Raccogliere i Patti realizzati sul territorio nazionale con attenzione alle aree in cui insistono le piccole scuole
  • Restituire una geografia, continuamente aggiornabile, di attori ed esperienze che si attivano sul territorio nazionale in supporto alla scuola
  • Analizzare e individuare i tratti caratterizzanti che fanno del Patto uno strumento strategico e operativo e al tempo stesso in grado di costruire una nuova ed inedita alleanza tra scuola e comunità locale
  • Individuare elementi guida e fornire momenti di formazione e informazione sostenibili nel tempo, che possano supportare le scuole e le comunità nella fase di co-progettazione e realizzazione di alleanze durature.

Condividendo il proprio patto le scuole possono contribuire a costruire una mappa italiana continuamente aggiornabile. L’Osservatorio permetterà di intercettare casi virtuosi e al contempo di comprendere quanto questo strumento sia importante in una visione di scuola come bene comune, dove la comunità tutta partecipa alla costruzione di una offerta formativa equa e di qualità nei territori delle piccole scuole.
L’analisi dei Patti permetterà anche di comprendere quanto siano in essi presenti quelle dimensioni chiave di una scuola che si pone come learning hub (OCDE, 2020): una scuola che nella relazione con il territorio abita la «dimensione dell’integrazione con la comunità, dell’alleanza educativa con i diversi soggetti (pubblici e privati) che operano nel territorio, per lo scambio, la messa in comune di risorse, la definizione di obiettivi in vista della tutela di un bene comune come l’educazione delle nuove generazioni» (Cerini, 2021, p. 21).
In quest’ottica particolare attenzione viene data ai terzi spazi educativi dedicati all’apprendimento ma che vanno oltre l’aula e includono spazi dislocati fuori dal cancello della scuola, musei, biblioteche, teatri. La visione di scuola di prossimità e la pedagogia della riconciliazione hanno dato una nuova spinta anche alla pedagogia del patrimonio: gli spazi culturali, intesi come terzi spazi educativi. Questi luoghi della cultura situati sul territorio divengono uno strumento tramite cui la scuola si ripensa come sistema educativo integrato in grado di connettere formale, non formale e informale (Frabboni, Pinto Minerva, 2001). Il patrimonio e i suoi temi possono essere integrati negli sviluppi dei curricoli disciplinari ma, nello stesso tempo, rappresentano un’esperienza localizzata per insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza in una prospettiva complessa volta a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri d’insieme (Mangione, De Santis 2021). In questa prospettiva il patrimonio contribuisce alla nascita del curricolo di scuola, quell’insieme di conoscenze, attività, esperienze di senso qualificanti la scuola di uno specifico territorio.
L’Osservatorio vuole tracciare una prima geografia di attori ed esperienze che, a livello locale, costituiscono la comunità educante, ma vuole anche favorire quel sistema di relazioni e alleanze su cui impostare i patti educativi di comunità, capaci di promuovere risorse e progettualità in contesti collaborativi che rendano la scuola, oltre che un servizio pubblico, un bene comune collettivo. L’attività dell’Osservatorio eseguirà in un primo momento una mappatura di esperienze già monitorate da INDIRE, attraverso il Movimento delle Piccole Scuole e Labsus, e proseguirà con la realizzazione di una banca dati indispensabile per favorire la conoscenza e la diffusione dei Patti educativi, che consistono nello scambio di buone pratiche e la formazione sui processi di co-progettazione.

La pagina dedicata all’Osservatorio tramite cui è possibile condividere i propri patti è la seguente: https://piccolescuole.indire.it/iniziative/osservatorio-patti-educativi-territoriali/

Giuseppina Cannella e Giuseppina Rita Jose Mangione sono due ricercatrici di INDIRE