Alcuni anni fa, prima della pandemia, portammo un gruppetto di francesi in gita a conoscere di persona alcuni Patti di collaborazione. Tornati alla base li intervistammo: uno di loro, un funzionario di Grenoble, ci sorprese. Affermò, testualmente, che i Patti gli sembravano tanti esercizi di pace molto utili per il nostro futuro. In questi giorni la sua riflessione ci sembra la più appropriata per dare un senso profondo ai dati e ai pensieri contenuti nel Rapporto Labsus 2021 che abbiamo curato insieme e che potete scaricare gratuitamente qui. Ci piace pensare che, dietro a questa sorta di album intitolato a una bellissima “Italia che si prende cura dell’Italia”, si possano riconoscere migliaia di persone: non solo contraenti di atti amministrativi innovativi, ma anche abitanti di una nuova democrazia e soprattutto donne e uomini che fanno esercizi di pace (quasi) quotidiani. Per il lavoro sui territori che Labsus svolge da anni, conosciamo un gran numero di storie che stanno dietro ai Patti, e che portano a loro volta con sé incomprensioni, conflitti, momenti di profondo scoraggiamento, fasi di delusione, sensazioni di solitudine e altre fatiche.
L’Italia come straordinario laboratorio di sussidiarietà orizzontale
Sarebbe molto bello dedicare una intera ricerca a tutti i Patti che non sono mai stati stipulati, perché non si è mai arrivati a un accordo formale, ma, prima ancora, a una simbolica stretta di mano per la cura condivisa di specifici beni comuni di interesse generale. La ricerca che presentiamo, invece, è basata su un campione di Patti di collaborazione che si è riusciti a formalizzare, con strette di mano che, nella visione del funzionario di Grenoble, ci piace pensare come strette di mano anche in segno di pace, oltre che di soddisfazione delle parti in gioco. Come sempre, poi, ricordiamo che i Patti sono per loro natura aperti a chiunque voglia unirsi. Questa è la direzione a cui tendiamo insieme a un numero sempre crescente di italiane e italiani, ma anche in compagnia di molti amici e colleghi che in Europa e altre parti del mondo scambiano con noi le proprie strategie e ci guardano con una certa curiosità. Grazie a questo Rapporto e, ancor prima, grazie all’enorme lavoro che si sta facendo nelle città e nei territori citati nelle prossime pagine, siamo in grado di raccontare ancor meglio – anzitutto a noi stessi, ma anche esternamente – lo straordinario laboratorio per la sussidiarietà orizzontale attivo nel nostro Paese.
Metodologia di una ricerca non facile: molte le lacune digitali
L’indagine, svolta nel periodo compreso tra ottobre 2021 e gennaio 2022, è stata condotta sui 252 comuni che al 30 settembre 2021 risultavano aver adottato il Regolamento per l’Amministrazione condivisa (sottolineiamo il fatto che, di questi 252, ben 49 hanno adottato il Regolamento solo nel corso degli anni 2020 o 2021, in piena pandemia). Una delle maggiori barriere alla nostra ricerca, basata sull’analisi delle fonti scritte reperibile sul web, è consistita nel fatto che molti atti amministrativi che riguardano la stipula di Patti di collaborazione non sono ufficialmente reperiti o reperibili. Spesso, infatti, si attivano nei territori comunali più piccoli, con scarse possibilità economiche ed organizzative. Le amministrazioni, insomma, in molti casi non li pubblicano sul sito né sui social istituzionali. Questo è prima di tutto un problema per gli abitanti e i gruppi attivi nelle città e nei territori. Le sedici ricercatrici e ricercatori di Labsus che si sono occupate/i di effettuare questa ricerca, pur essendo competenti in tema di Amministrazione condivisa e Patti di collaborazione, hanno a loro volta avuto molta difficoltà a reperire le informazioni necessarie per poter effettuare l’analisi.
I numeri
Alla fine è risultato un campione di 62 comuni con 1001 Patti: questi sono i soli Patti dei quali si è potuto consultare il testo ufficiale in quanto risulta pubblicato su siti istituzionali. I testi sono stati quindi sottoposti ad una analisi accurata, che ha permesso di rilevare molti elementi interessanti, elencati ed illustrati nelle tabelle, grafici e testi riportati nel Rapporto.
La mappatura geografica dei Patti
L’indagine sui Patti di collaborazione ha interessato 14 regioni. Abbiamo 6 regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Liguria), 3 del Centro (Toscana, Umbria e Lazio) e 5 del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). I comuni sono 62 distribuiti prevalentemente nell’Italia settentrionale. Percentualmente, il 53% (33 Comuni) si colloca nel Nord, il 26% (16 Comuni) nel Centro e il 21% (13 Comuni) nel Mezzogiorno. Le regioni con il maggior numero di comuni impegnati nella stipula di Patti sono la Lombardia (13), la Toscana (11), l’Emilia-Romagna (8), il Piemonte (7): i valori percentuali sono rispettivamente: 21%, 18%, 13% e 11%. Alla maggior concentrazione al Nord del numero dei Comuni coinvolti, corrisponde anche la quantità di patti stipulati, in corso o conclusi entro il 30 settembre 2021. Dei 1001 Patti analizzati, ben il 75% sono, infatti, ad opera di comuni settentrionali. Tra questi, come nel 2019, il comune di Genova è quello col maggior numero di patti attivi: 265, pari al 26% di tutti i Patti esaminati. Seguono Bologna (14%), Pistoia e Torino (quasi 6%). Da sottolineare che il numero di Patti di questi quattro comuni rappresenta il 51% del totale.
Il dato demografico
I Patti analizzati sono sottoscritti per la maggior parte in comuni della fascia da 5.000 a 19.999 abitanti (34%); seguono i comuni nelle fasce 20.000-59.999 (27%) e 60.000-249.999 (26%). Nell’insieme rappresentano quasi il 90% del totale. Passando dal numero dei comuni al numero dei Patti stipulati, risulta che la maggiore attività, in assoluto, spetta ai 5 comuni con oltre 250.000 abitanti, con una percentuale di Patti che raggiunge il 53%. Seguono con il 27% i comuni della fascia demografica precedente (60.000-249.999). I comuni di queste due fasce rappresentano un terzo dei comuni esaminati e producono l’80% dei Patti.
Le parti in gioco
Molto interessante è stato osservare come stiano evolvendo le costellazioni dei protagonisti della cittadinanza attiva e della cooperazione con le amministrazioni comunali. Le collaborazioni si allargano sempre più rispetto alle tipologie di attori, anche se questo si traduce solo nel 13% nella sottoscrizione di più di un soggetto all’interno dello stesso Patto: 7% dei casi vede coinvolte 2 tipologie di soggetti qui considerate e il 6% tre o più.
Le associazioni sono presenti nel 40% dei Patti sottoscritti, con tutto il loro bagaglio organizzativo e di competenze. Segue un 22% dei Patti sottoscritti da cittadini singoli con l’amministrazione, anche se in molti casi di Patti semplici (come per la manutenzione di aiuole) sembra più trattarsi di un atto di adozione che di un vero e proprio Patto di collaborazione. Più interessante e forse innovativa è la presenza dei gruppi informali presenti nel 13% delle esperienze.
Una progressione costante, la segnano inoltre le scuole con una presenza del 6%. Troviamo poi a completare il quadro le imprese profit (sempre al 6%), le imprese sociali (3%), soggetti ecclesiastici, fondazioni, altre istituzioni pubbliche, professionisti e università.
Abbiamo detto molte volte, e non ci stancheremo mai di farlo, che non esiste Amministrazione condivisa senza il coinvolgimento diretto e partecipe dell’amministrazione pubblica nei Patti. Ed è stato estremamente interessante soffermarsi a leggere con quali modalità e con quali competenze i comuni analizzati prendono parte alla definizione del Patto e chi individuano come figure di riferimento per accompagnarlo. Ci siamo quindi chiesti: esiste l’ufficio per l’Amministrazione condivisa? Chi è il soggetto incaricato di sottoscrivere il Patto con la comunità e quindi è direttamente ingaggiato come referente dell’amministrazione nel percorso?
Il primo punto rappresenta nella nostra esperienza un elemento determinante nella effettiva capacità dei comuni di sottoscrivere Patti. Come è possibile evincere dai dati a disposizione nel testo completo del Rapporto, infatti, i comuni che hanno un ufficio per l’Amministrazione condivisa, pur se organizzato in modi diversi, sono anche i comuni che hanno sottoscritto nel 2021 il maggior numero di Patti. Altro aspetto interessante riguarda la scelta da parte dell’amministrazione del soggetto delegato a sottoscrivere i Patti insieme alla comunità: il numero crescente di Patti sottoscritti da personale dei comuni lascia intendere che questi stiano diventando sempre di più uno strumento ordinario delle amministrazioni e che, come tale, viene utilizzato dagli enti con crescente “fluidità”. Resta comunque vero che la scelta politica ha bisogno di essere ancora tra le priorità di un’amministrazione se si vuole che il percorso continui e sia sostenibile nel futuro.
Un focus particolare merita infine l’attività/esperienza della co-progettazione, uno dei passaggi più audaci e innovativi dell’Amministrazione condivisa ed elemento essenziale per il successo e la riuscita di un Patto. Dobbiamo sottolineare che difficilmente si trova traccia di questo percorso nella pubblicizzazione e narrazione delle esperienze di collaborazione. Sembra quindi che nel processo di costruzione del Patto non si sia passati da una vera e propria fase di co-progettazione e questo potrebbe spiegare la carenza di una rete di soggetti sottoscrittori e lascerebbe intravedere un bisogno di accrescimento e formazione di specifiche competenze di tutti gli attori coinvolti.
Beni coinvolti, aree di intervento e attività
Entrando nel vivo delle esperienze di collaborazione tra istituzioni e comunità, ci colpisce in primo luogo come stia diventando sempre meno rigida la distinzione tra beni comuni materiali e immateriali e come si sia ormai consolidato il dato secondo cui in un Patto alla collaborazione su azioni per la cura di un bene materiale sia correlata anche la cura di quello immateriale come le relazioni che consolida all’interno della comunità di riferimento.
Ciò premesso, la compresenza dichiarata nei Patti di beni comuni materiali e immateriali caratterizza un quarto del totale dei patti presi in esame (24,5%), prevalendo nettamente la cura di 632 beni comuni materiali (63,1%) rispetto ai 71 beni comuni immateriali (7%). Fanalino di coda restano i pochissimi patti, solo 11 su 1001, che mettono al centro la cura di beni comuni digitali (1,1%).
In secondo luogo, più passano gli anni e più cerchiamo di affinare il nostro sguardo sull’oggetto al centro del Patto di collaborazione, cercando un incrocio tra i dati che ci permetta di mettere a fuoco anche le ibridazioni che riguardano gli oggetti delle alleanze e i soggetti delle stesse, sempre più complessi e multiattoriali.
Rispetto al 2019 troviamo ancora al primo posto, anche se in lieve diminuzione, la cura di beni comuni vegetali e ambientali. In forte crescita invece l’uso del Patto di collaborazione come strumento per prendersi cura di edifici, superando l’8%. Questo dato è per noi molto interessante e ci dice che si sta muovendo qualcosa sul versante della cura e gestione condivisa del patrimonio immobiliare degli enti pubblici (e non solo) e di una crescente disponibilità a ripensare insieme le funzioni dei luoghi. In flessione invece il dato relativo a spazi culturali (cinema, teatri) e biblioteche che insieme raggiungono a fatica un 3%. Rispetto a quest’ultimo dato in particolare, ma anche ad altri di questa batteria, è impossibile non considerare l’impatto di un 2021 pandemico.
Infine, la voce “altro”, ampiamente popolata. Questo ci dice da una parte che sono da inserire tra le strutture e gli spazi di nascente interesse quelli a vocazione sportiva (impianti, campi, ecc). Dall’altra ci rimanda al fatto che i Patti sono strumenti giuridici – nuove fonti del diritto – che costituiscono contenitori di una realtà che è impossibile ridurre del tutto a categorie. Sembra quindi che i Patti siano strumenti estremamente flessibili per permettere allo Stato a tutti i livelli di dialogare e supportare la libera creatività di ciascuno.
È poi di assoluto interesse soffermarsi ad analizzare la tipologia di attività che vengono integrate all’interno dei Patti.
Ancora una volta, emerge come fondamentale il lavoro reale di co-progettazione che ha accompagnato la nascita dei Patti e che si può evincere anche dalla complessità dei contenuti e degli obiettivi che vengono definiti. È interessante poi osservare l’utilizzo dei patti “fuori” dalla sola applicazione dello strumento, vedendoli diventare strumento di amministrazione a servizio di percorsi differenti o integrati con altri progetti e percorsi attivi nei comuni.
Così come accade, anche se raramente, di rilevare un utilizzo distorto dello strumento per delegare ai cittadini compiti della pubblica amministrazione che fa solo da controllore (spesso in esperienze costruite con logica unicamente manutentiva), oppure come vera e propria distorsione di altre fattispecie di accordi pubblico-privato, quali ad esempio le concessioni e le sponsorizzazioni. Laddove non è rintracciabile l’interesse generale che aggrega gli attori in campo, la corresponsabilità che li lega e quando è prevista l’esclusività delle azioni pattuite per alcuni soggetti è difficile che si tratti di una effettiva esperienza di Amministrazione condivisa formalizzabile in un Patto.
Durata e misure di sostegno
In ultimo, abbiamo analizzato la durata dei Patti e le misure di sostegno previste da parte dell’amministrazione.
È in aumento il numero dei Patti che hanno una durata che va da 1 a 3 anni (41%), così come sono in crescita quelli che hanno una durata maggiore di 3 anni. I Patti che hanno una durata inferiore all’anno sono spesso legati al carattere stagionale dell’attività così come la pattuizione di “interventi occasionali” a cui far ricorso per colmare alcune carenze della struttura amministrativa.
L’amministrazione prevede delle misure di sostegno nella quasi totalità dei Patti (99%). In forma singola o associata, i sostegno previsti da parte dell’amministrazione sono rappresentati nel 23% dei casi dalla fornitura dei materiali, nel 19% dalla “promozione di iniziative/pubblicità”. Significative sono anche le agevolazioni fiscali riconosciute ai pattisti (10%), nonché i contributi economici che le amministrazioni erogano per garantire la realizzazione delle attività pattuite (9%).
Infine, l’analisi del 2021 dimostra come le coperture assicurative, che fino a due anni fa rappresentavano delle novità tra le forme di sostegno, oggi rappresentano una pratica affermata e le amministrazioni pubbliche le erogano, in combinazione con altre misure o in via esclusiva, in quasi il 9% dei Patti.
La crescita dei numeri ci interessa solo in relazione alla crescita della qualità delle relazioni e delle azioni
Ci siamo dati l’obiettivo di cercare di misurare ogni due anni l’andamento dell’Amministrazione condivisa dei beni comuni in Italia. Quella che leggerete è la terza analisi di questo tipo, confrontabile con i Rapporti 2019 e 2017 disponibili sul nostro sito. Nel commento ai grafici abbiamo messo in evidenza trend e cambiamenti, ben consapevoli che, avendo di volta in volta voluto ampliare la base dati, non si tratta di veri e propri confronti quantitativi. Qui esprimiamo la nostra generale soddisfazione per una sempre più larga diffusione di questo nuovo stile di governo, che spesso si accompagna anche a nuovi stili di vita. La crescita dei numeri, però, ci interessa solo in relazione alla crescita della qualità delle relazioni e delle azioni. Perciò chiediamo l’aiuto di chiunque legga questo nostro lavoro, che non sarebbe mai stato possibile realizzare senza la passione e l’impegno di tutte le labsusiane e i labsusiani che vi hanno contribuito direttamente, l’indispensabile supporto economico della Compagnia di San Paolo, di Coopfond e della Fondazione Charlemagne, ma soprattutto di tutte e tutti coloro che hanno dato le proprie energie per ottenere i risultati che qui presentiamo, e anche di chi, pur indirettamente, ci fa capire che è con noi in questa svolta storica che è soprattutto culturale.
Verso un osservatorio nazionale dei Regolamenti e dei Patti
Il lavoro effettuato quest’anno ha inoltre gettato le basi per la costituzione di un vero e proprio “osservatorio dei Regolamenti e dei Patti di collaborazione a cura di Labsus”. Scopo di questo osservatorio è di far sì che questo lavoro di analisi delle caratteristiche delle azioni di amministrazione condivisa nel territorio italiano diventi uno strumento attraverso il quale si possa non solo studiare l’evoluzione dei Patti di collaborazione, che ricordiamo sono lo strumento di un cambio epocale nei rapporti fra cittadini attivi e istituzioni, ma anche mettere a disposizione di studiosi, cittadini ed istituzioni una banca dati costantemente aggiornata e che permetta di comprendere non solo lo sviluppo dei Patti stessi ma anche e soprattutto stimolarne la crescita e la diversificazione, facendo comprendere le molteplici possibilità di applicazione di questo strumento nella diffusione del concetto di Amministrazione condivisa.
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