Con la sentenza n. 72 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale aventi a oggetto l’art. 76 del Codice del Terzo Settore (CTS), nella parte in cui riserva alle sole organizzazioni di volontariato (ODV) – anziché alla generalità degli Enti del Terzo Settore (ETS) – i contributi per l’acquisto di autoambulanze, di autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali.
Nella stessa sede, però, il Giudice delle leggi ha rivolto al legislatore un monito ben chiaro, auspicando la modifica della disciplina scrutinata nel senso di «rivedere in termini meno rigidi il filtro selettivo» ivi previsto, onde consentire l’accesso alle relative risorse anche a quegli ETS in cui, o in ragione di un vincolo normativo o per concreta scelta organizzativa dell’ente, l’apporto della componente volontaria sia particolarmente significativo.
Il contenuto della pronuncia
La pronuncia in commento origina da un’ordinanza della Sezione Terza del Consiglio di Stato, che aveva evocato, quali parametri asseritamente violati, gli artt. 2, 3, 4, 9, 18, 76 e 118, comma 4, Cost.
Dichiarata l’inammissibilità della questione – per genericità delle censure – con riferimento agli artt. 2, 4, 9, 18 e 118, comma 4, Cost., il Giudice delle leggi ha scrutinato nel merito solo i dubbi di contrasto con gli artt. 3 e 76 Cost. E se rispetto a questo secondo parametro la declaratoria di infondatezza è supportata da una motivazione snella e lineare (ospitata al par. 3 della sentenza), la verifica della violazione dell’art. 3 Cost. si snoda nella restante parte della pronuncia (dal par. 4 al par. 9), ove la Corte sviluppa un ragionamento articolato che restituisce appieno la problematicità delle questioni affrontate.
La premessa: gli Enti del Terzo Settore come categoria eterogenea
La Corte muove dal presupposto che il CTS ha svolto «una funzione unificante, diretta a ordinare e a riportare a coerenza la disciplina degli ETS, superando le precedenti frammentazioni e sovrapposizioni». Ciò non ha, tuttavia, comportato un’indistinta omologazione di tutti gli ETS, tant’è che all’interno di detta categoria restano ferme le diverse caratterizzazioni dei modelli organizzativi e le differenziazioni dei regimi di sostegno pubblico, che si giustificano in ragione di diversi fattori, tra cui anche quello della specifica dimensione che assume, strutturalmente, l’apporto della componente volontaria all’interno dei suddetti enti.
La necessaria prevalenza della componente volontaria come elemento di ragionevole differenziazione della disciplina
Tanto premesso, all’infondatezza della quaestio con riferimento all’art. 3 Cost. la Corte giunge facendo leva sul combinato disposto degli artt. 32, comma 1, e 17, comma 3, CTS.
La prima delle norme indicate impone alle ODV di avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati. La seconda stabilisce in via generale che l’attività del volontario non possa essere retribuita in alcun modo e che al volontario possano essere rimborsate solo le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata.
Da tanto discende che per le ODV la prevalenza dell’attività di volontariato è, da un lato, normativamente imposta e, dall’altro, ricca di implicazioni sia sul piano organizzativo che finanziario, giacché preclude alle ODV di trarre dallo svolgimento dell’attività di interesse generale margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa (e dunque all’acquisto di determinati beni a essa funzionali).
La compresenza di tali due circostanze rende – ad avviso della Corte – non irragionevole né discriminatoria la scelta del legislatore di riservare alle ODV un trattamento diverso da quello di tutti gli altri ETS che, pur operando in un “mercato qualificato” (quello della welfare society), conservano la possibilità di ricevere un corrispettivo per il servizio reso e quindi di procurarsi, per tale via, le risorse necessarie all’acquisto degli automezzi e dei beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale svolte.
Il monito al legislatore e il caso delle associazioni di promozione sociale
Fermo tale principio, che induce la Corte a escludere (per ora) la violazione dell’art. 3 Cost., il Giudice delle leggi è ben consapevole del carattere composito ed eterogeneo delle realtà normate dal CTS e non gli sfugge, pertanto, che «anche altri ETS si trovano o si possono trovare in una condizione ragionevolmente assimilabile a quella delle ODV». L’attenzione della pronuncia si focalizza specificamente sulle associazioni di promozione sociale (APS), che condividono con le ODV il requisito strutturale – anche qui normativamente imposto – della necessaria prevalenza dell’operare volontario delle persone associate.
In proposito, la sentenza in commento richiama altresì le “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli artt. 55-57 del d.lgs. n. 117/2017”, approvate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 31 marzo 2021, n. 72, laddove specificano che ODV e APS, avvalendosi «prevalentemente dell’attività dei propri associati-volontari», esprimono «una connotazione di tipo solidaristico più marcata rispetto agli altri enti del Terzo settore».
Da qui, dunque, l’auspicio della Consulta a una modifica dell’art. 76 CTS volta a consentire l’accesso alle risorse contemplate dalla norma anche a tutti quegli ETS sulla cui azione – per disposizione normativa, come nel caso delle APS, o per concreta scelta organizzativa dell’ente di avvalersi di un significativo numero di volontari rispetto a quello dei dipendenti – maggiormente si riflette la portata generale dell’art. 17, comma 3, CTS.
Prospettive future
L’idea di fondo che emerge dalla pronuncia, dunque, è che la sola prevalenza della componente volontaristica – tanto se imposta ex lege quanto se esistente de facto, in conseguenza di una libera scelta dell’ente – ben potrebbe costituire titolo per accedere ai benefici previsti dall’art. 76 CTS.
Al momento non è dato sapere, ovviamente, se e come l’auspicio espresso dalla Corte avrà un seguito sul piano legislativo.
Ciò che è certo, però, è che nella sentenza n. 72 del 2022 la Consulta ha confermato che il fondamento costituzionale del volontariato è saldissimo. In caso di inerzia del legislatore, pertanto, non sembra azzardato ipotizzare che una nuova ordinanza di rimessione – che motivi compiutamente la violazione (anche) degli artt. 2 e 118, comma 4, Cost., in combinato disposto col principio di ragionevolezza – potrà indurre la Corte a giungere a conclusioni diverse, e ben più nette, di quelle qui commentate.
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