Valorizzare e comunicare la dimensione terapeutica del prendersi cura dell'ambiente: sono queste le indicazioni emergenti dai tre Laboratori, svolti a Lucca, nell'ambito del progetto "Scuola di Cittadinanza e Comunità"

Dai 7 incontri online della Scuola di Cittadinanza e Comunità di Lucca è emerso con evidenza come mettere al centro dei nostri Patti di collaborazione l’ambiente naturale in cui si vive voglia dire prendersi cura delle nostre vite e del benessere anche delle generazioni future. Del  resto anche la recente modifica all’art. 9 della Costituzione ha introdotto il diritto alla tutela dell’ambiente, della biodiversità ed ecosistemi nell’interesse delle future generazioni.
Su questa base hanno preso avvio tre laboratori che, su diversi territori periferici della città, hanno posto al centro del confronto con i cittadini proprio il tema della sostenibilità ambientale e del tipo di benessere che si intende perseguire: tre laboratori che riteniamo possano essere utili per un confronto con tutti coloro che sono impegnati in Italia in Patti di collaborazione su questi temi.

La funzione terapeutica del prendersi cura dell’ambiente naturale

A Pontetetto, un gruppo di cittadine/i ha attivato dal 2019 un Patto di collaborazione per la cura di uno spazio verde e di un canale che lo attraversa, l’Ozzeri: questo canale ha causato in passato numerosi allagamenti. Nei secoli sono state costruite opere idrauliche, con vasche di espansione che nel tempo hanno favorito una particolare fauna acquatica. È questo un ambiente ove, con il Patto, il gruppo di cittadini provvedono alla cura degli spezi verdi e blu, attivando 4 sentieri di trekking o in bici attraverso cui si possono percorrere circa 15 km immersi nella natura. Nel Laboratorio di Pontetetto il tema affrontato – con la guida dello psicoterapeuta Giorgio Piccinino – è stato il tipo di benessere che vogliamo creare con il “Patto-natura”: perché proprio il prendersi cura dell’ambiente ha innanzitutto una funzione terapeutica su noi stessi. Prendersi cura dell’ambiente naturale aiuta infatti ad aver cura della nostra natura umana, della parte forse migliore e più costruttiva. E nel farlo insieme agli altri, ci aiuta a creare anche un ambiente sociale in cui è più facile aprirsi, provare stima e gratitudine per le persone vicine, rafforzando i legami. E si gioisce quando possiamo curare i lati migliori del nostro ambiente e di noi stessi. Comunicare anche agli altri questo tipo di benessere, ossia la cura ambientale come terapia anche per noi stessi, diventa quindi un fondamentale messaggio di questi Patti.

Il canale Ozzeri (Fonte: Rossana Caselli)

Co-progettare i territori e il ruolo della Regione

Un altro Laboratorio si è svolto al Bucaneve, luogo dove tre cittadine/i sono diventati/e firmatarie del primo Patto di collaborazione di Lucca, attivando dal 2017 un Centro di cittadinanza nell’Oltreserchio in una ex scuola elementare, dove hanno creato moltissime attività per cittadine/i.
Al Bucaneve è emerso subito un problema comune: la cura che si ha di ampi luoghi, come boschi, fiumi, mari, va spesso oltre le responsabilità dell’ente locale e chiamano in causa altri enti, di dimensioni sovracomunali, tra cui anche il Genio Civile e la stessa Regione.
Benché i cittadini del Bucaneve svolgano da anni numerosi compiti inerenti a vari corsi d’acqua della zona, il progetto “Le scalette del Nottolini”, finalizzato a riportare alla luce l’antico accesso al fiume ed alle spiagge sottostanti, si è dovuto fermare, per la mancata collaborazione del Genio Civile. È stato attivato quindi un contatto con l’assessorato all’ambiente della Regione Toscana per poter avviare un dialogo istituzionale più ampio, anche in virtù della Legge della Regione Toscana n. 71/2020: l’unica legge regionale in Italia, dopo quella del Lazio, che prevede anche un Regolamento in materia di beni comuni. Sarà questo quindi un banco di prova per l’applicazione della stessa legge sui beni comuni. Ed il problema evidenzia la necessità, per tutti i Patti su temi ambientali, di una normativa di Amministrazione condivisa dei beni a dimensione sovracomunale.

Il Piaggione, ponte sul fiume Serchio (Fonte: Rossana Caselli)

Bagni di foresta: una risorsa di benessere e di attrazione turistica

Infine il terzo laboratorio si è svolto al Piaggione, dove sorge un altro Centro di cittadinanza, in un territorio alle porte della Garfagnana che ha subito in tempi recenti un forte declino industriale. In questo laboratorio è tornato con forza il tema del benessere con una proposta molto concreta: i bagni di foresta quale forma di ecoterapia. Con l’ausilio di un antropologo, Fabio Malfatti, e di un agronomo dell’Università di Pisa, Massimo Rovai, si sono valutate le modalità concrete e le ricadute turistiche di un percorso di progettazione e di sviluppo di comunità intorno alla valorizzazione del verde e dei bagni di foresta, tenendo conto anche della donazione di un ampio spazio verde. “Bagno di foresta” è un termine che descrive un metodo della medicina recente, denominato ecoterapia: passeggiare nella natura, infatti, grazie alle proprietà di alcuni alberi, apporta numerosi benefici per la salute, tra cui la diminuzione della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e dei livelli di cortisolo, l’aumento delle capacità immunitarie. Questo grazie in particolar modo a delle sostanze rilasciate dagli alberi, i fitonicidi. Proporre spazi verdi di cui i cittadini si prendono cura al Piaggione può anche costituire una leva per rivitalizzare un borgo abbandonato, posto in una stupenda valle tipica toscana. 

Conclusioni: la strada dei Patti di collaborazione

Dai tre laboratori sono emerse alcune opportunità riguardanti i possibili sviluppi dei Patti, caratterizzando i laboratori come spazi di futuro. Da una parte, è necessario ampliare il contributo di diversi attori presenti con competenze diverse sui territori, dall’altro è opportuno valorizzare e comunicare la dimensione terapeutica del prendersi cura dell’ambiente naturale, sia come motivazione dei firmatari dei Patti, sia anche come attrazione turistica dei territori. Ed è proprio per questo filo comune di sviluppo emerso dai laboratori che al termine è stato ipotizzato di sviluppare un percorso a piedi e in bicicletta che colleghi i tre luoghi dei Patti (e dei laboratori) accanto ai percorsi d’acqua che li uniscono: l’abbiamo chiamata “la strada dei Patti di collaborazione”.

LEGGI ANCHE:

Foto di copertina: Andrea D’Angiolo su Flickr