La sezione Ricerche presenta la tesi magistrale di Francesca Morici su “La ricerca azione nella pianificazione e programmazione sociale. Un caso studio della Regione Piemonte“. La tesi, esito di una ricerca studio svolta presso la Regione Piemonte nell’ambito del percorso pratico-formativo della Laurea Magistrale in Politiche e Servizi Sociali dell’Università degli Studi di Torino, porta un contributo di riflessione sulla ricerca azione nel sistema di programmazione sociale, maturato durante l’esperienza formativa dell’autrice in riferimento a un caso-studio: il progetto P.A.S.S. della Regione Piemonte (Percorsi di Attivazione Sociale Sostenibile). Di seguito la presentazione della ricerca da parte della stessa autrice.
Un equilibrio delicato
Esiste un equilibrio tra la persona e il suo ambiente, tuttavia, quando l’equilibrio è compromesso e fragile, l’ambiente ha la forza per creare una tensione volta a ristabilire l’equilibrio stesso, avendo una valenza a determinare il comportamento della persona che in quell’ambiente si relaziona. La ricerca azione, intesa come un modello di ricerca volto al cambiamento e al riequilibrio tra forze che tendono all’unione e forze che tendono alla disgregazione, dispone dei mezzi per ricreare e rinforzare quell’equilibrio necessario tra l’ambiente e le persone. Ed è su questo aspetto che si è concentrato il lavoro di tesi, dove si è cercato di comprendere la relazione tra le teorie del modello di ricerca azione e il principio di sussidiarietà, riflettendo su quali aspetti caratterizzano una ricerca partecipata, nel rapporto tra Enti locali, ASL, imprese, Terzo settore e cittadini, e dove questi ultimi, definiti attori sociali, sulla base delle loro esperienze e delle loro strutture di senso, agiscono nella vita quotidiana partecipando all’interpretazione dei possibili sentieri di sviluppo.
Il tema qui affrontato si collega ai concetti identitari di un territorio e alle scelte politiche strettamente connesse al contesto e al capitale territoriale (Merlo G., 2014, La programmazione sociale: principi metodi e strumenti. Carocci). La ricerca azione partecipata, in funzione di questa logica di interazione tra soggetto e ambiente e del loro reciproco influenzamento, tenderebbe a rafforzare i soggetti più deboli, di norma attraverso strategie di inclusione, aggregazione ed empowerment, identificando il piano e il livello attraverso il quale il potere, incidendo sul lavoro, avrebbe la finalità di indirizzare il cambiamento verso il miglioramento dei sistemi sociali con i quali viene in contatto (Vargiu A., 2008, La diversità nella ricerca-azione partecipata: alcune implicazioni metodologiche e procedurali, in Studi di Sociologia).
La ricerca azione e il quadro normativo di riferimento
Il modello di programmazione sinottico, centralizzato e onnicomprensivo, indiscusso fino ai primi anni Settanta come modello tradizionale di programmazione e progettazione degli interventi, a seguito dell’introduzione del principio di sussidiarietà, ha visto ridursi il suo spazio di applicazione a vantaggio di nuove strategie di programmazione assimilabili a una famiglia di modelli denominata incrementale. È stata la L. n. 328/2000, facendo leva sul principio di sussidiarietà, inteso come criterio guida per responsabilizzare le Regioni e i Comuni nella programmazione e nel coordinamento delle politiche sociali integrate a livello locale, a spingere per la riorganizzazione istituzionale dei servizi e delle politiche sociali (Vitale T., 2006, A cosa serve la sussidiarietà? Un criterio guida contro il “carsismo istituzionale”, in “Animazione sociale”, vol. 36). Successivamente la riforma del Titolo V della Costituzione (2001) ha conferito piena potestà legislativa alle Regioni in materia di assistenza sociale e sociosanitaria. Il cambiamento di paradigma, nonché la strategia di programmazione che deriva da suddette impostazioni normative, prevede la partecipazione attiva dei cittadini e il coinvolgimento delle comunità locali nei processi di formazione dei piani.
Tuttavia, bisogna nel nostro tempo, continuare a fare i conti con l’aumento delle situazioni di emergenza e conflittualità, con i loro esiti distruttivi del tessuto sociale, che chiedono alle scienze sociali non solo conoscenza, ma interventi e aiuto. Si può dunque pensare che la ricerca azione partecipata, in un contesto simile, possa emergere come una modalità per tentare di guidare o, almeno di controllare, per quanto possibile, tali cambiamenti. Al riguardo le attuali strategie di coprogrammazione e coprogettezione pongono proprio l’accento sulla costruzione di sistemi di osservazione, diagnosi e orientamento degli interventi in sintonia con il Terzo settore, senza presupporre né la separatezza né la fusione tra sfere sociali e fra sistemi e attori, ma il loro essere in relazione tra conoscenza e intervento (Colozzi I., 2002, Le nuove politiche sociali. Carocci).
A seguire si spiegheranno i motivi che rinviano alle nuove modalità di partecipazione politica dei cittadini e alle organizzazioni vocate, per le loro stesse finalità istituzionali, a svolgere attività che di fatto afferiscono agli ambititi della ricerca-intervento.
I contesti organizzativi e gli ambienti di lavoro
Nella sua duplice direzione, il principio di sussidiarietà (orizzontale), da una parte rileva la modalità organizzativa nella distribuzione delle funzioni tra le istituzioni pubbliche, nella regolazione dei rapporti tra queste ultime e i soggetti privati, dall’altra incoraggia la partecipazione del cittadino e prevede che le Istituzioni favoriscano le iniziative spontanee dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale (art. 118, c.4, Cost.). In questo quadro è rilevante, dunque, la stretta relazione tra il cittadino e il sistema pubblico, amministrativo, dei servizi e delle Istituzioni che, oltre alle funzioni appena accennate, sono per natura sistemi e luoghi di lavoro, con le loro caratteristiche e dinamiche organizzative intrinseche.
A questo proposito la teoria del cambiamento, Theory of Change, intesa come un processo rigoroso e partecipativo, aiuta a riflettere e a considerare quanto l’avvio di una ricerca azione sia un processo delicato, nel quale si pone come questione fondamentale quella di “bussare alla porte di un’organizzazione”, di entrare in casa ma anche di costruire “una casa nella casa”, cioè uno spazio talmente inedito e articolato che ospiterà il lavoro congiunto di ricercatori, committenti e partecipanti: tutti potenziali coautori di un percorso conoscitivo non lineare (Kaneklin C., et al. 2010, In Kaneklin C., Piccardo C., Scaratti G., (cura di) La ricerca azione. Cambiare per conoscere nei contesti organizzativi. Cortina Raffaello). Con queste premesse è comprensibile pensare che cambiare per conoscere nei contesti organizzativi, presuppone lo studio delle attuali organizzazioni; molte di esse, infatti, appaiono come sistemi porosi e fluidi, caratterizzati da mutamenti, frammentazioni, disagi e bisogni che spesso fanno fatica ad essere messi in parola, a ricevere spazio di interlocuzione e di ascolto. In questi contesti caratterizzati da complessità, il compito del ricercatore pare quello di costruire modalità di avvicinamento, di ascolto del disagio e di promozione continua del valore di un’opzione di lavoro quale la ricerca azione, creando un’esperienza di incontro che passi attraverso le dimensioni del sentire, del pensare e del porsi in relazione, cioè dell’emozione, dello stimolo intellettuale e della costruzione di un rapporto di fiducia tra persone e tra storie prima che tra ruoli e funzioni istituzionali (McArdle K.L., 2002, “Establishing a co-operative inquiry group: The perspective of a first time inquirer”. In Systemic Practice and Action Research 15,3).
Per poter generare un metodo di questo tipo, tramite la ricerca azione applicata all’interno delle organizzazioni che si occupano di programmazione, bisogna saper padroneggiare una fiducia creativa, ovvero la convinzione che tutte le persone sono creative e che la creatività non è solo la capacità di disegnare, comporre o scolpire, ma un modo di avvicinarsi al mondo a favore di un’Amministrazione condivisa in cui la gestione dei beni comuni diventa realmente partecipata, tra le amministrazioni pubbliche e i cittadini attivi, permettendo ai processi stessi di avviarsi e soprattutto di mantenersi nel tempo.
Il contributo della ricerca azione nella pianificazione degli interventi sociali
L’obiettivo della tesi è quello di fornire elementi utili per costruire una modalità di fare ricerca che sia al servizio della comunità, dove per formare un gruppo di ricerca azione è necessario individuare risorse e mobilitare energie. Attraverso la ricerca azione è possibile ottenere una visione più ampia dell’ambito territoriale di riferimento, consentendo di valorizzare l’esperienza e la conoscenza delle organizzazioni presenti, inserendole a pieno titolo nel processo di programmazione pubblica, oppure di sperimentare nuove modalità di pianificazione e programmazione sociale tra gli attori di quel territorio, affinché possano realizzarle nelle condizioni migliori, ma anche che altri possano nascere, crescere in quei territori e sui temi e problemi in cui si riscontrino delle carenze o potenzialità da sviluppare.
Tale concetto presuppone la conoscenza delle dinamiche che incidono sul lavoro di rete e di comunità e del modo con cui vengono ideati, realizzati e valutati nuovi interventi e nuovi servizi. In tal senso, si evidenzia l’opportunità di attivare e avviare, negli attuali e moderni contesti di welfare territoriale, sinergie con le parti sociali coinvolte, attraverso strategie di indirizzo e di azione per nuove forme di pianificazione territoriale. Ne deriva, da quest’analisi, la compatibilità della ricerca azione con la modalità della pianificazione strategica, che in questa tesi, avrebbe l’ambizioso obiettivo di costruire dei ponti tra istituzioni pubbliche e parti sociali, per garantire l’efficacia e la promozione di una reale e completa idea di integrazione e partecipazione alla definizione del sistema dei servizi alla persona. Sebbene la ricerca azione possa utilizzare la pianificazione strategica, come precursore di tecniche adeguate per la conoscenza dei territori e dei bisogni, il coordinamento multilivello troverebbe una regolazione precisa solo nella legislazione regionale.
In questo quadro normativo, dunque, il ricercatore è chiamato ad operare non solo per creare e rafforzare un patto di lealtà e alleanza con gli attori coinvolti, ma anche per individuare, in maniera possibilmente partecipata, coloro che dovranno dare seguito alle azioni intraprese anche dopo che lui/lei sarà uscito dall’attività di ricerca, favorendo inoltre la costruzione di strumenti di pianificazione pubblica e privata utili al suo interno e verso il territorio. Dopotutto, la ricerca azione, nella pianificazione strategica, troverebbe il coinvolgimento degli attori istituzionali, del privato sociale e del privato profit, in un quadro di welfare mix. Questi, partecipando attivamente alla costruzione di politiche sociali territoriali attraverso la collaborazione, la condivisione, il confronto e lo scambio, contribuirebbero concretamente a creare nuovi ambiti di integrazione dei servizi, nuove agorà in cui sia possibile rafforzare e diffondere la pratica della sperimentazione delle politiche sociali partecipate.
È lungo questo processo che la ricerca azione può trovare ragion d’essere, soprattutto considerando il valore importante degli attori che “vivono il sistema” e che possono contribuire al suo miglioramento.