Da utenti a co-fornitori di servizi energetici: la partecipazione locale come paradigma di transizione ecologica

Gli impegni e gli sforzi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, nonché le crescenti preoccupazioni per la sicurezza energetica, hanno innescato un’importante attenzione nella transizione del sistema energetico dell’Unione Europea verso una percentuale maggiore di generazione di energia pulita e verso una riduzione del consumo energetico attraverso l’attuazione di misure di efficienza energetica.
Queste considerazioni vanno contestualizzate in un’accezione ampia del concetto di sostenibilità, consci che i fattori ambientali, sociali e di governance stanno assumendo un ruolo di sempre maggiore importanza sia per i decisori pubblici, che per le imprese e per gli investitori. La crisi pandemica da COVID-19 e quella energetica/geopolitica stanno accelerando queste dinamiche, come è ben visibile sia negli indirizzi delle politiche di rilancio economico ed energetico a livello comunitario: nel quadro generale del programma NextGenerationEUe nelle missioni strategiche del PNRR (rif. transizione ecologica, energetica e digitale, lotta alle disuguaglianze, riequilibrio nello sviluppo territoriale e parità di genere). Così come nel Meccanismo Europeo per una Transizione Giusta, framework di strumenti della programmazione 2021-27 (55 MLD) volto ad affrontare le ripercussioni socioeconomiche della transizione, concentrandosi sulle regioni, sulle industrie e sui lavoratori che dovranno far fronte alle sfide più pressanti.

Un fenomeno di rinnovamento organizzativo

Finora, nella maggior parte dei Paesi di Eu27 gran parte degli investimenti verso sistemi energetici per la decarbonizzazione è stata guidata da grandi investitori e corporation, con un ruolo marginale dei piccoli attori, dei cittadini, in generale, delle comunità locali nella partecipazione a questi investimenti.
Allo stesso tempo, stiamo vivendo uno sviluppo tecnologico per la produzione e la distribuzione sempre più orientato alla ricerca di efficienza locale. Uno sviluppo che ha raggiunto un livello di maturità tale da rendere verosimile uno scenario di impetuosa diffusione di quelle che vengono definite Comunità energetiche; un fenomeno emergente di rinnovamento organizzativo nel campo dell’energia, basato su una rilevante innovazione tecnologica che offre l’opportunità agli attori locali di divenire protagonisti del sistema di produzione e consumo di energia.
La progressiva liberalizzazione dei mercati energetici e l’innovazione tecnologica abbinata alla necessità di considerare la transizione verso sistemi energetici decentralizzati stanno lasciando spazio a un ruolo attivo degli utenti di energia, che si stanno trasformando in “prosumer” o co-fornitori di servizi energetici.
Tra le diverse innovazioni socio-tecniche presenti in questo campo, quello delle Comunità Energetiche è un paradigma noto da almeno dieci anni in diversi contesti. In Italia e più in generale nel contesto europeo il riconoscimento ufficiale di questi “dispositivi” è arrivato dalla direttiva UE RED II, che ha dato una propria definizione di «comunità di energia rinnovabile», accompagnato dalle disposizioni normativo/incentivistiche e alle conseguenti prime sperimentazioni.
Il modello delle Comunità Energetiche si distingue dunque per l’obiettivo precipuo di rendere effettivamente “partecipato” il mercato della produzione elettrica e si candida a diventare una componente significativa del più ampio sistema di gestione energetica basato su fonti rinnovabili, massima efficienza energetica e garanzia dell’accesso all’energia al miglior costo per tutti. Oltre alle iniziative nello specifico ambito della generazione, è infatti utile tenere in considerazione gli orizzonti di impiego delle Comunità Energetiche per progetti di efficienza energetica, di distribuzione intelligente, di teleriscaldamento fino alla gestione di sistemi di accumulo destinati alla mobilità elettrica.

Le Comunità Energetiche ed il legame con la cittadinanza attiva

Al netto della discussione sull’evoluzione del contesto tecnologico e di policy, è interessante discutere come nelle Comunità Energetiche sono mutuabili molti degli approcci e dei ragionamenti legati al rapporto tra cittadinanza attiva e capacità di valorizzare quelli che possiamo definire “beni comuni urbani”.
Mettere in connessione le Comunità Energetiche Rinnovabili emergenti e gli approcci di commoning significa invertire il modo in cui siamo abituati a pensare alla progettazione e alle responsabilità legate alle questioni energetiche, introducendo elementi di attenzione alla dimensione partecipativa dei cittadini e considerando la capacità delle risorse locali di innescare processi di mobilitazione di risorse tangibili e intangibili. Significa anche interrogarsi sulla governance di beni collettivi in grado distribuire responsabilità non solo di natura energetica, ma anche il raggiungimento degli obiettivi di giustizia sociale, di inclusione, di eguaglianza sociale ed economica e di governance. Nelle iniziative di Comunità Energetica il coinvolgimento della comunità significa molto di più che posizionare unità energetiche più piccole vicino ai consumatori. L’“energia” non è considerata solo come un semplice bene economico o un fenomeno ecologico, ma anche e criticamente come una relazione sociale con riflessi nell’organizzazione e nell’assetto di governance delle tecnologie realizzate.

Alcune esperienze in atto sul territorio italiano

Esempi rilevanti in questo senso sono disponibili nel rapporto di ricerca prodotta da Luiss Business School ed RSE, dove è presente una mappatura di diverse iniziative caratterizzata da alcuni profili organizzativi, tutte accomunate dall’ ineludibile legame con il contesto in cui esse insistono e con gli attori chiave che ne sono parte.
Ad esempio, il progetto di Comunità Energetica del Comune di Biccari (Foggia), situato nei Monti Dauni e riconosciuto istituzionalmente come “area interna”, può già suggerire una serie di considerazioni importanti, replicabili soprattutto in piccoli comuni. La sperimentazione nasce a partire da precedenti collaborazioni, risalenti al 2018, con ènostra, ente cooperativo fornitore di energia elettrica rinnovabile su scala nazionale, da sempre attento ai temi della sostenibilità e dell’etica ambientale, e con il quale l’amministrazione di Biccari si è confrontata per studiare nuove forme di azionariato verso un percorso locale di transizione ecologica, un tema che da diversi anni intreccia l’attività di governo del sindaco Gianfilippo Mignogna, contraddistinta da anni di impegno in progetti di economia sociale. Il progetto si muove verso la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, facendo leva sull’uso di pannelli fotovoltaici. In virtù delle sue caratteristiche, il caso di Biccari è fortemente orientato al contrasto della povertà energetica e alla massimizzazione dell’autoconsumo sulle utenze comunali, applicando i principi che disciplinano lo sviluppo di una Comunità Energetica Rinnovabile.
Tra gli esempi che possiamo considerare dei modelli a cui guardare, la Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est è tra le prime sperimentazioni nate in osservanza della Legge 8/2020 e prevede la nascita di una Comunità Energetica di energia rinnovabile attraverso l’intesa fra alcuni attori locali fondamentali nel tessuto sociale del quartiere di San Giovanni a Teduccio e dell’intera città di Napoli: l’ente filantropico di origine religiosa ed oggi semplice fondazione di diritto privato Fondazione Famiglia di Maria, che gestisce un centro socio-educativo nel quartiere ed opera nel settore dei servizi sociali con una particolare attenzione rivolta ai minori, e la Fondazione con il Sud, attore filantropico con una lunga storia di animazione sociale nel capoluogo campano. A queste due fondazioni, si unisce il contributo di Legambiente Campania, che ha fornito le competenze tecniche sullo sviluppo della Comunità Energetica Rinnovabile, assieme a 3E-Italia Solare, azienda fornitrice dei pannelli fotovoltaici, installati sul tetto del centro socioeducativo dove opera Fondazione Famiglia di Maria. 

La partecipazione dei cittadini e gli effetti spill over sulle economie locali

Nelle iniziative osservate, la dimensione territoriale dell’interazione tra una comunità di utenti/investitori, attori locali e tecnologie è dunque un fattore essenziale nello scambio di beni sia materiali (cioè risorse finanziarie e beni fisici, es. superfici di tetti) che immateriali (cioè fiducia, capitale sociale, conoscenza contestuale).
La prossimità territoriale è una caratteristica essenziale e rivela la necessità di impiegare approcci place-based per lo sviluppo di tali iniziative. Un tema di sviluppo economico che vede l’addizionalità dell’impatto generato dai progetti in termini di effetti spill over sulle economie locali: ossia opportunità di generare redditi e lavoro nei territori in cui queste iniziative insistono. Aspetti ricalcati dal PNRR, dove nell’investimento (M2C2.1-1.2) dedicato alle Comunità Energetiche si fa chiaro riferimento sul sostegno ai progetti focalizzati «sulle aree in cui si prevede il maggior impatto socio-territoriale (…)», inquadrando le Pubbliche Amministrazioni, le famiglie e le microimprese come target principali localizzati nei Comuni con meno di 5.000 abitanti per sostenere «l’economia dei piccoli Comuni, spesso a rischio di spopolamento, e rafforzando la coesione sociale».

Le Comunità Energetiche: tecnologie correttive per riequilibrare il potere tra cittadini e grandi investitori energetici

Le Comunità Energetiche rappresentano quindi dei dispositivi che bene sintetizzano la ricerca di tecnologie “correttive” al riequilibrio di potere tra cittadini e grandi operatori del mercato energetico verso soluzioni locali e resilienti ai grandi stravolgimenti che la globalizzazione genera. Proponendo soluzioni organizzative in grado di dare risposte radicali in termini di efficienza locale e partecipazione attiva al controllo della spesa e dei comportamenti energetici. Dove lo spazio inteso come bene comune, sia come privato collettivo che proprietà pubblica, diventa un asset chiave per sviluppare progetti a matrice comunitaria di grande impatto locale.
In Europa, l’esperienza di advocacy di organizzazione come RESCOOP e friends of the earth insegna come, al di là dei sostegni dei governi, la quantità e la qualità delle sperimentazioni sta davvero raggiungendo un ragguardevole grado di avanzamento. Per quanto riguarda l’Italia, il numero di sperimentazioni è ancora limitato, seppur riconosciuta la rilevanza per le agende di sviluppo nei campi della coesione territoriale, dell’innovazione sociale/organizzativa e per la transizione ecologica verso cui sarà interessante osservare il commitment nella nuova legislatura entrante.

Luca Tricarico è Post-doctoral Researcher presso il Dipartimento di Business and Management della LUISS – Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli

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