Analizzando alcune recenti sentenze del Giudice Amministrativo (Consiglio di Stato, 21 marzo 2022, n. 2044, Consiglio di Stato, 19 aprile 2022, n. 2917 e Tar per la Lombardia, 20 giugno 2022, n. 1429) emerge una tendenza a riflettere sui rapporti dei privati e degli enti esponenziali con l’amministrazione, consapevole delle tendenze espansive presenti nella riflessione dottrinale e giuridica moderna

In una serie di pronunce il Giudice amministrativo si è soffermato sulle condizioni dell’azione amministrativa, definendo la legittimazione ad agire richiesta e l’interesse elevabile a situazione giuridica protetta.

  1. Consiglio di Stato, 21 marzo 2022, n. 2044.

Il primo caso analizzando riguarda il giudizio introdotto in proprio da due avvocati al fine di veder accertare e dichiarare l’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dalle amministrazioni resistenti “sulla loro istanza volta a conoscere le misure adottate e da adottare a tutela dei detenuti del carcere circondariale di Bari in ragione della situazione di sovraffollamento” in connessione ai rischi derivanti dall’emergenza COVID.
Il Giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile il ricorso tanto riguardo il profilo oggettivo – qualificando l’iniziativa dei ricorrenti quale “esposto/petizione/denuncia”, in quanto tale inidonea a provocare “il sorgere in capo all’Amministrazione di alcun obbligo di provvedere” e invece volta a “sostituirsi inammissibilmente ad un’attività di stretta competenza dell’Autorità politica”, pretesa non tutelabile dinnanzi al Giudice amministrativo – che riguardo il profilo soggettivo, non avendo i ricorrenti dimostrato “un interesse sostanziale, qualificato, attuale e differenziato” richiesto come  condizione dell’azione.
Il Consiglio di Stato investito dell’appello ha riformato la sentenza impugnata riguardo la sussistenza del profilo oggettivo, in virtù dell’ormai riconosciuta tutela degli interessi pretensivi tra i quali è annoverabile il bene della vita richiesto, richiamando, a corroborare la propria conclusione, il principio di sussidiarietà orizzontale previsto dall’art. 118, comma 4, della Costituzione.
Difatti, sottolinea il Consiglio di Stato, il contrasto alla pandemia da coronavirus deve esser annoverato come un’attività di interesse generale e, quindi, l’autonoma iniziativa di privati volta a intervenire in tale ambito deve essere analizzata coerentemente con il favor espresso dal principio della sussidiarietà orizzontale previsto dalla Costituzione; tale attività non può essere quindi “dequotata” a una mera petizione o denuncia, sussistendo invece “l’obbligo dell’Amministrazione di interfacciarsi ed interloquire” anche con gli attori privati al fine di perseguire una maggiore efficacia dell’attività amministrativa.
Diversamente, il Consiglio di Stato ha comunque ritenuto corretta la statuizione del Giudice di primo grado riguardo la rilevata carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti, non avendo provato la sussistenza di un interesse differenziato e attuale rispetto a quello di qualsiasi altro cittadino, né una legittimazione a far valere l’interesse dei singoli ospiti del carcere circondariale di Bari.
Non applicabile la disciplina delle associazioni volte alla tutela di interessi generali, tra cui vengono annoverate anche le azioni afferenti alla tutela di beni comuni, l’azione non è stata riconosciuta riconducibile neanche all’istituto della class action, atteso che i ricorrenti non agiscono per tutelare un proprio interesse diretto, ma per rivendicare un interesse proprio di altri soggetti; concordemente, non è stata ritenuta sussistere neanche la c.d. vicinitas richiesta per riconoscere una legittimazione ad agire, da ricostruire “in senso funzionale”, ossia quale connessione con la tutela azionata di carattere non meramente episodico.
Motivi per i quali, come detto, l’azione, ancorché riconosciuta essere encomiabile, non è stata ritenuta ammissibile.

  1. Consiglio di Stato, 19 aprile 2022, n. 2917.

Con la sentenza n. 2917/2022 il Consiglio di Stato – condividendo la posizione già assunta dal Giudice di primo grado – ha negato la sussistenza della legittimazione ad impugnare atti di pianificazione urbanistica per il singolo soggetto che non abbia una posizione differenziata rispetto al quisque de populo in relazione all’area interessata.
La casistica riguardava una Società che aveva richiesto il rilascio di un’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di un impianto per la distribuzione carburanti senza essere proprietaria né titolare di altro diritto reale o personale di godimento sull’area interessata e, addirittura, non essendosi immessa nel possesso del fondo.
Tale richiesta veniva rigettata dal Comune in quanto in contrasto con la pianificazione urbanistica vigente e in corso di approvazione, che qualificava l’area come da espropriare.
La statuizione del Comune veniva impugnata dalla Società istante insieme agli atti di pianificazione urbanistica sottesi alla decisione dell’Amministrazione e il Giudice di primo grado dichiarava inammissibili gran parte delle censure proposte in quanto il ricorrente non era proprietario del bene interessato dagli atti e provvedimenti impugnati, rigettando le restanti.
La pronuncia veniva impugnata dinnanzi al Consiglio di Stato, che confermava la sentenza di primo grado rigettando l’appello proposto, ricostruendo, per quanto di interesse, i confini della legittimazione ad agire con particolare riferimento all’impugnazione di atti di pianificazione urbanistica.
In tale casistica viene affermato che è esclusa alcuna legittimazione ad agire per un soggetto che non dimostri un beneficio immediato e diretto dall’accoglimento della domanda di annullamento proposta, non potendo ricollegarsi a potenziali e futuri benefici non attuali come quelli denunciati dalla ricorrente, la quale al momento della proposizione del ricorso non aveva alcun legame stabile con l’area oggetto della richiesta rigettata e impugnata, così come non sarebbe in generale riconosciuta alcuna legittimazione ad agire del cittadino residente “anche se il suolo è qualificabile come bene comune”.

  1. Tar per la Lombardia, Milano, 20 giugno 2022, n. 1429.

Anche la pronuncia del Tar per la Lombardia afferisce all’impugnazione di strumenti urbanistici.
Taluni atti di pianificazione urbanistica con i quali è stata autorizzata la realizzazione di una media struttura di vendita venivano impugnati dinnanzi al Tar per la Lombardia da una Cooperativa, titolare di un insediamento commerciale nelle vicinanze, Legambiente Lombardia Onlus, associazione iscritta nell’elenco delle associazioni ex art. 3 della l. n. 349/1986, e alcuni cittadini residenti e proprietari di immobili, rilevando quest’ultimi  “che sono interessati dalle modifiche viabilistiche, come da documentazione che versa in atti, e subiscono effetti diretti dalle previsioni del nuovo intervento, qualora mai dovesse essere realizzato.”
Riassunta la complessa vicenda, anche processuale, in esame, il Tar per la Lombardia, prima di accogliere nel merito i ricorsi proposti in virtù di una rilevata mancata corretta valutazione degli impatti della misura approvata sull’ambiente circostante, si è profusamente soffermato sulla legittimazione e sull’interesse ad agire delle tre tipologie di ricorrenti, rilevandone per tutti la sussistenza in virtù di differenziate motivazioni.
Il Consiglio di Stato è partito rilevando come l’impugnazione di uno strumento urbanistico richieda un’indagine peculiare delle condizioni dell’azione, che però non costituisce una deroga al generale paradigma di analisi, ma richiede solo una specifica delineazione.
Tale analisi deve partire da un consapevole “posizionamento” dei concetti giuridici di qualificazione dell’interesse azionato e differenziazione delle situazioni giuridiche sottese, riconoscendo come anche quest’ultima attività trova una sua definizione a livello normativo. Non stessero così le cose, continua il Giudice amministrativo, l’utilizzo della c.d. vicinitas funzionale decederebbe in un’accezione “fluida” e rimessa a valutazioni empiriche e impreviste né prevedibili a priori.
Calando le considerazioni alla casistica concreta, nell’ambito delle attività commerciali è la specifica disciplina che prevede limitazioni al principio di liberalizzazione della concorrenza e, quindi, anche alla realizzazione di un insediamento commerciale, indicando così i criteri di differenziazione da ricercare, tra cui vi è anche la situazione soggettiva del titolare di una struttura di vendita rispetto a uno strumento urbanistico “che realizza una prevalente funzione commerciale all’interno del territorio del Comune ove la ricorrente ha la propria struttura di vendita”. Definita la legittimazione, l’interesse ad agire può così rilevare a un secondo livello di indagine nel pregiudizio diretto che la ricorrente potrebbe subire svolgendo la propria attività a poche centinaia di metri dal possibile nuovo complesso, con conseguente potenziale interferenza tra le due attività.
Anche l’analisi riguardo l’ammissibilità dell’azione proposta da Legambiente origina da una ritenuta necessaria precisa collocazione della legittimazione ad agire, riconducendola allo scopo della tutela giurisdizionale richiesta, sulla scorta delle considerazioni nate nel processo civile e ritenute da travasare nel giudizio amministrativo in virtù della “natura eminentemente soggettiva della giurisdizione amministrativa” e del principio di atipicità delle azioni amministrative, dovendo quindi escludere un’analisi sostanziale che travalicherebbe in un’anticipazione del merito della decisione: in altri termini, il giudizio sulla legittimazione ad agire deve riguardare la prospettazione data all’azione e alla fattispecie giuridica dedotta, tramite un giudizio di veridicità e non di verità, riguardando quest’ultima la fondatezza dell’azione.
In tale contesto, la legittimazione ad agire delle associazioni ambientalistiche “può esser riconosciuta non solo nel caso di atti inerenti la materia ambientale, ma anche per quelli che “incidono sulla qualità della vita in un dato territorio“, dovendo abbracciare un’accezione della tutela degli interessi ambientali ampia, estesa anche a “la conservazione e valorizzazione dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei centri storici “intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri”(T.A.R. per la Campania – sede di Napoli, Sez. VII, 3.10.2019, n. 4709), ed anche in considerazione della “compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 28.5.2015, n. 3711)”.
E tutto ciò considerando che aderire di converso a una visione restrittiva della legittimazione ad agire, tale da permettere un’attività giurisdizionale solamente per la tutela degli interessi ambientali in senso stretto, vorrebbe dire menomare “la fondamentale attività di tutela degli interessi relativi a beni collettivi e comuni”, in larga parte garantita, per mezzi e idoneità, principalmente dall’attività delle associazioni ambientalistiche. Solo una tale interpretazione è coerente con le riflessioni che partono proprio dal concetto di sussidiarietà orizzontale e che evidenziano “la necessità di evitare interpretazioni restrittive in materia, proprio in considerazione della vis expansiva che al principio costituzionale deve riconoscersi”.
Infine, ha dato esito positivo anche l’analisi riguardo la legittimazione (e l’interesse) ad agire dei cittadini agenti, in quanto proprietari di abitazioni situate in zone adiacenti all’area interessata dai provvedimenti urbanistici impugnati, che ha un’incidenza diretta sulle posizioni giuridiche soggettive degli stessi.

Il contenuto delle sentenze

La lettura delle sentenze riportate risulta significativa per una riflessione in merito all’evoluzione del dibattito sulle condizioni dell’azione nell’ambito del processo amministrativo, con particolare riguardo alla legittimazione ad agire e agli interessi tutelabili dinnanzi al Giudice Amministrativo.
Le sentenze riportate ripercorrono infatti l’evoluzione e il dibattito in tema di legittimazione e interesse ad agire, trattando questi ultimi anche dal peculiare angolo visuale derivante dall’oggetto dei diversi giudizi.

L’iniziativa dei privati in attività di interesse generale

Nella prima sentenza analizzata (Consiglio di Stato, 21 marzo 2022, n. 2044) è senz’altro meritevole l’inclusione tra le attività di interesse generale dell’iniziativa partecipativa di privati volta a mitigare gli effetti negativi della pandemia da coronavirus, statuendo che il favor previsto dal dettato costituzionale debba estrinsecarsi anche in tale casistica, connettendo inoltre detto rapporto con il principio di trasparenza dell’attività amministrativa, richiamato dal Consiglio di Stato a valle della propria motivazione.

I nuovi confini della legittimazione ad agire

Le altre due pronunce riguardano invece impugnazioni di strumenti urbanistici e hanno il merito di riflettere sulle peculiarità della declinazione delle condizioni delle azioni in correlazione al petitum del giudizio.
Se le considerazioni dedotte nella pronuncia del Consiglio di Stato, 19 aprile 2022, n. 2917 paiono più lineari e tradizionali, una diversa riflessione può svolgersi rispetto al contenuto della sentenza del Tar per la Lombardia, Milano, 20 giugno 2022, n. 1429.
Nella propria decisione il Tar lombardo ha svolto una profonda digressione sull’evoluzione della legittimazione ad agire e, nel riconoscimento di tale condizione dell’azione in capo a Legambiente, ha ripreso quell’orientamento incline a spostare la verifica della sua sussistenza dal suo accertamento sostanziale alla sua affermazione e quindi dalla verità alla veridicità.
Si tratta di un orientamento che lo stesso Tar afferma essere minoritario, ma che contemporaneamente ha trovato una sua dignità nell’Adunanza Plenaria n. 22/2021.

Verso una nuova era degli interessi tutelabili?

E la continuità con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 22/2021 citata emerge chiaramente e, per quanto qui di interesse, con ancor maggior rilevanza, riguardo l’estensione della legittimazione ad agire per la tutela di interessi incidenti sul territorio di riferimento: l’interpretazione ampia degli interessi ambientali proposta dal Tar lombardo si pone infatti senza soluzione di continuità con la riconosciuta tendenza espansiva di «nuovi “diritti civici” sui quali costruire una cittadinanza attiva che nella tutela dinanzi al giudice amministrativo troverebbe una delle sue possibili forme di espressione e manifestazione»; emersione che l’Adunanza Plenaria pone lungo la stessa direzione intrapresa con la disciplina dell’accesso civico generalizzato, tramite una considerazione che risulta rievocata nella  sentenza del Consiglio di Stato, 21 marzo 2022, n. 2044 e concorde con le considerazioni ivi svolte.
In definitiva, le sentenze analizzate paiono riprendere i principali aspetti innovativi sottolineati dall’Adunanza Plenaria n. 22/2021, confermando le considerazioni e gli auspici già riportati su questa Rivista riguardo una nuova era degli interessi tutelabili che tiene conto di una differente accezione della legittimazione ad agire e dell’estensione del novero delle situazioni e degli interessi rispetto ai quali il privato e l’ente esponenziale possono rivendicare una posizione legittima e “differenziata” nei rapporti con l’amministrazione.