La recente monografia “Pubblico e privato nelle attività di interesse generale. Terzo settore e amministrazione condivisa” di Davide Palazzo (Giappichelli, 2022) affronta i punti nevralgici del rapporto tra terzo settore e pubblici poteri. Il libro si propone di chiarire il fondamento e i limiti del regime promozionale del terzo settore nei rapporti con le pubbliche amministrazioni tra i due “poli” dell’amministrazione condivisa e della tutela del mercato.
Il lavoro si articola in due parti. La prima è dedicata all’inquadramento del Terzo Settore in rapporto, da un lato, alla “costellazione” delle pubbliche amministrazioni, nelle variegate forme (anche privatistiche) in cui esse si presentano; dall’altro, al mondo del “mercato”. L’autore valorizza il fondamento del terzo settore nell’autonomia privata e nel principio di sussidiarietà, come forma di “spontaneo” adempimento dei doveri costituzionali. Sotto questo profilo, si additano con sospetto talune “invasioni” della sfera di libertà che contrassegna il settore “privato-sociale”. Si sostiene, in quest’ottica, la natura esemplificativa e non tassativa dell’elenco di attività di interesse generale di cui all’art. 5 del Codice del terzo settore.
Relativamente al rapporto con il mercato, il saggio evidenzia la difficoltà di tracciare una netta linea di separazione con il Terzo Settore, dato che gli enti che compongono quest’ultimo possono, di regola, svolgere attività economica, come emerge emblematicamente nella figura “di confine” delle imprese sociali. Ne consegue la necessità di trovare un punto di equilibrio tra la prospettiva dell’amministrazione condivisa, che trova fondamento costituzionale nell’art. 118, comma 4, Cost., e la tutela dell’ordine concorrenziale del mercato. A tale scopo è dedicata la seconda parte del volume, che affronta la relazione tra terzo settore ed enti pubblici secondo i diversi “moduli” in cui essa può esprimersi, dai contratti pubblici, alle convenzioni, ai procedimenti di co-programmazione e co-progettazione, ai rapporti di accreditamento, ai provvedimenti di concessione, fino alle forme di incentivazione economica.
La necessità di un bilanciamento
La ricostruzione dei rapporti con i pubblici poteri prende le mosse dall’esigenza di un bilanciamento tra diversi principi costituzionali. Sussidiarietà e solidarietà, che costituiscono il fondamento costituzionale del regime promozionale del terzo settore, devono confrontarsi con i principi di eguaglianza, parità di trattamento e libertà di iniziativa economica. La prospettiva prescelta è quella della “massimizzazione”, per cui l’opera di bilanciamento può comportare il sacrificio di un principio solo nella misura strettamente necessaria a consentire la realizzazione di un altro, secondo il canone di proporzionalità.
In questa prospettiva si analizzano i vari moduli relazionali che legano il terzo settore agli enti pubblici, sottolineando come il regime di favore verso il primo, anche quando giustificato dall’esigenza di dare espansione al principio di sussidiarietà ed all’autonomia iniziativa dei privati diretta all’interesse generale, non possa “travolgere” l’esigenza di garantire l’uguaglianza e la parità di trattamento “all’interno” del terzo settore, assicurando adeguate forme di trasparenza e concorrenzialità (in chiave non necessariamente economica).
In quest’ottica si analizzano criticamente alcune previsioni del Codice del terzo settore, specialmente in materia di convenzioni, concessioni e finanziamenti pubblici, che non sembrano assicurare il rispetto del principio di proporzionalità del regime promozionale in rapporto all’esigenza di garantire la parità di trattamento tra diversi enti o diverse categorie di enti del terzo settore.
Infine, il saggio si sofferma sul dibattuto rapporto tra co-progettazione (art. 55 CTS) e contratti pubblici. L’autore sostiene che l’autonomia concettuale della co-progettazione in relazione al public procurement debba individuarsi sul piano della struttura del rapporto, nell’ambito del quale gli enti del Terzo Settore dovrebbero assumere un ruolo centrale e non “ridursi” a meri fornitori di prodotti o servizi definiti dalla parte pubblica. Tale prospettiva troverebbe fondamento in un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della co-progettazione, come strumento tramite cui l’autonoma iniziativa dei privati si esprime e fornisce un “apporto originale” al bene comune.
Foto di Devon Divine su Unsplash