Hanno vinto le corsie preferenziali.
Hanno vinto le metropolitane.
Hanno vinto le rotonde e i ponti a quadrifoglio alle uscite autostradali.
Hanno vinto i parcheggi in doppia fila […]
Con queste parole il cantautore Niccolò Fabi ci parla del sogno sbiadito di una città moderna che tra targhe alterne, alveari umani e polveri sottili ha progressivamente perso il significato della sua stessa esistenza. Una città, come possono essere mille altre città. Eppure, davanti a queste parole, a questo diffuso sogno mancato, emergono con ancora più forza quelle città che invece tutti i giorni vincono, scommettendo sulla comunità e sulla voglia di “fare insieme”.
Proprio come a Trento, dove a vincere questa volta non sono le corsie preferenziali ma è una strada: è via Zandonai, nel quartiere residenziale di San Pio X. Qui, negli ultimi anni, qualcosa è cambiato: via Zandonai è infatti diventata un luogo di sperimentazione dove attivare un progetto di urbanistica tattica, attraverso il patto di collaborazione #CambiamoLaStrada. Questo accordo nasce per trasformare la via in uno spazio dove la collettività diventa protagonista: a siglarlo sono il comune di Trento insieme all’associazione Acropoli e all’associazione Fiab Trento Amici della Bicicletta, che da sempre hanno a cuore il futuro della città. Era il 2019 quando le due associazioni parteciparono al bando Intrecci Possibili dell’Ufficio Svolta che si occupa di progettazione sociale, con l’obiettivo di migliorare la vivibilità nelle strade della città e trasformandole in uno spazio più sicuro per tutti e tutte.
Il potere dell’urbanistica tattica
Il potere dei progetti di urbanistica tattica, in effetti, si basa proprio su questo aspetto: ripensare lo spazio pubblico attraverso interventi puntuali, sperimentali, reversibili, partecipati e a basso costo. Così una campitura di vernice colorata sull’asfalto può rivendicare uno spazio dedicato al gioco che prima non c’era o la trasformazione di un percorso con nuovi arredi urbani può diventare un metodo efficace per ridurre la velocità veicolare a favore della ciclabilità.
Attraverso l’urbanistica tattica lo spazio pubblico diventa quindi luogo dell’incontro e dell’aggregazione, come risposta o talvolta rivendicazione dei bisogni e delle esigenze di diversi soggetti. Una più precisa definizione di “Tactical Urbanism” è stata espressa per la prima volta dai pianificatori e fondatori di Street Plans Mike Lydon e Anthony Garcìa, che nella loro opera Tactical Urbanism: Short-Term Action, Long-Term Change (2015) illustrano molteplici esperienze già esistenti di urbanistica tattica negli Stati Uniti. Si tratta nel complesso di pratiche sperimentali, variegate e diffuse in tutto il mondo: dalle azioni bottom-up non regolamentate come i parking day o le guerrilla gardening ai progetti promossi dall’Amministrazione comunale che prevedono il coinvolgimento dei cittadini nei processi di rigenerazione urbana, di cui uno dei più celebri in Italia è il programma “Piazze Aperte” di Milano.
A Trento via Zandonai è stata individuata e scelta come prima via della città per attivare il suo potenziale attraverso un approccio progettuale, inclusivo e partecipato. La necessità di un progetto che promuova una mobilità sostenibile trova ancora più spazio in questa via, sulla quale affaccia la scuola elementare De Gaspari. Così, in prossimità della scuola, il Patto di collaborazione auspica alla realizzazione di una vera e propria strada scolastica raggiungibile e percorribile in piena sicurezza tramite mezzi leggeri come biciclette, skate, pattini e monopattini: un’area in cui sia possibile garantire una particolare attenzione alla tutela dei bambini e delle loro famiglie, sia una maggiore vivibilità in termini di qualità dello spazio, gradevole e sicuro anche per gli abitanti della zona.
La rinascita di via Zandonai
Del percorso avviato in questi anni ne abbiamo parlato con Evelyn Leveghi, designer esperta di Tactical Urbanism e delegata esterna di Fiab Trento, e con Alberto Refatti, membro dell’associazione Acropoli. Come ci spiega Alberto Refatti, «nell’estate del 2021 siamo partiti con la fase di progettazione, insieme a un gruppo di studenti universitari e giovani professionisti. Data la complessità degli interventi proposti abbiamo iniziato con una prima fase di indagine per comprendere le caratteristiche della via e del quartiere, per poi coinvolgere nelle successive fasi di ideazione i maestri della scuola primaria De Gaspari, le famiglie degli alunni e gli abitanti del quartiere».
Tra agosto e settembre 2021 sono stati organizzati numerosi sopralluoghi e interviste informali e particolarmente significativo è stato il laboratorio urbano con una passeggiata di quartiere (charrette), durante la quale sono stati coinvolti sia i residenti, sia gli scolari della De Gaspari con le relative famiglie. «Da un lato abbiamo ragionato con i bambini e le bambine sulle loro aspettative e necessità attraverso piccole attività progettuali e ludiche; dall’altro lato abbiamo condotto un workshop con i genitori e gli abitanti del quartiere: ci siamo confrontati sul tema della sicurezza pedonale, del rispetto delle barriere architettoniche e della sostenibilità economica e sociale del progetto. Questa attività metaprogettuale è stata molto utile per poter comprendere come fosse più opportuno intervenire nello spazio della via in maniera mirata e appropriata».
Il percorso avviato
«Tra ottobre e novembre 2022 abbiamo individuato una duplice soluzione attuativa» ci racconta Evelyn Leveghi. «In primis abbiamo risolto l’aspetto economico, grazie ad un fondo accessibile tramite il TAUT, Tavolo delle Associazioni Universitarie Trentine e inoltre, abbiamo individuato la figura esperta che potesse materialmente realizzare la pittura a terra, ovvero l’artista Alan Vitti. Da lì in poi si è aperta una fase più intensa e snella di cooperazione e coordinamento tra tutti gli attori coinvolti. Le due presentazioni avvenute a fine progetto, una al 4° Forum trimestrale per la Mobilità Sostenibile tenutosi l’11 gennaio 2023 e l’altra rivolta alla cittadinanza, tenutasi il 18 febbraio 2023, hanno permesso di consolidare una linea di azione condivisa con l’amministrazione comunale». Durante il percorso è stato necessario per le associazioni confrontarsi con alcune problematiche come il reperimento delle risorse economiche per realizzare l’intervento e l’ottenimento dell’approvazione del progetto da parte degli uffici tecnici comunali, soprattutto in termini di fattibilità, di coerenza con il Codice della Strada e di tipologia di cromie sul sedime stradale.
Una strada che prende vita
Prima via Zandonai era una strada di passaggio e attraversata perlopiù dalle automobili. Oggi è una via che integra varie forme di mobilità urbana, favorendo una migliore coesistenza tra mezzi leggeri e motorizzati. Ha inoltre una maggiore vocazione pedonale, favorita anche da un minor numero di parcheggi, da nuovi attraversamenti pedonali e isole pedonali dipinte che sono state realizzate dal writer Alan Vitti, in arte Senka Semak. «Le colorazioni sono state ideate affinché a ogni cromatismo corrispondesse una diversa funzione», ci spiega Alberto Refatti. L’impiego di colori e pattern sul manto stradale, infatti, favorisce il rispetto dei diversi flussi e dunque la convivenza tra macchine e biciclette. Un altro elemento progettuale cruciale è stato l’intervento sull’andamento della corsia, da rettilineo a sinuoso. Sono state realizzate delle chicanes che si sostituiscono al precedente percorso rettilineo, agevolando, di conseguenza, la riduzione della velocità veicolare e aumentando considerevolmente la sicurezza dei pedoni. Nella via sono stati ottimizzati tutti gli spazi, anche quelli che non avevano alcuna funzione: così strisce gialle e pois blu hanno dato vita a piccole aree di gioco e attesa dove, a beneficiarne, sono soprattutto i bambini e le loro famiglie.
Promuovere la socialità
«La socialità è uno degli elementi che abbiamo voluto favorire – racconta Evelyn Leveghi – e lo abbiamo fatto tramite i pattern del disegno a terra, i quali suggeriscono relazioni ludiche e di scambio, di sosta urbana e dialogo». Anche in fase di realizzazione dell’opera non è mancata la condivisione con gli abitanti del quartiere. «Durante la prima fase di campitura abbiamo organizzato un incontro con i residenti in modo da avere il loro riscontro e spiegare nuovamente il processo» aggiunge Alberto Refatti. «La scuola è stata entusiasta all’idea che la strada potesse diventare uno spazio pubblico più vivibile, con una particolare attenzione alla mobilità lenta e che ciò garantisse una maggior sicurezza. Nella zona infatti vengono organizzate diverse attività come il pedibus che permette ai bambini di arrivare a scuola in maniera semi-autonoma».
Il futuro del progetto
Il patto ha una durata concordata: sarà in essere fino alla fine dell’anno scolastico 2023-24. «Con l’istituto scolastico De Gaspari abbiamo pensato di sottoporre un questionario alle famiglie degli scolari per raccogliere pareri e commenti sull’intervento svolto di fronte alla scuola, al fine di comprendere sia i benefici percepiti, sia aspetti migliorabili nel tempo. Questa attività farà parte del monitoraggio e dell’analisi ex-post, fasi a cui diamo molta importanza e valore». Pur non essendoci dei programmi definiti, Evelyn ci spiega che l’intenzione dell’Amministrazione è quella di proseguire con nuove sperimentazioni di Urbanistica Tattica a Trento, attuando due progetti elaborati da alcuni studenti della facoltà di Ingegneria Civile-Architettura dell’Università di Trento, presentati dapprima in facoltà in un workshop incentrato sull’Urbanistica Tattica, tenutosi a novembre 2022 e mostrati successivamente anche in occasione del 4° Forum trimestrale per la Mobilità Sostenibile, a gennaio 2023.
Collaborare insieme
Ciò che il progetto CambiamoLaStrada ci dimostra è il potenziale che può essere attivato utilizzando uno strumento come il Patto di collaborazione per iniziative di urbanistica tattica. «Penso che il Patto di collaborazione sia un ottimo dispositivo di cooperazione per creare le condizioni di base per un’efficace co-progettazione, sia in termini di partenariato tra pubblico e privato sia di confronto tra i diversi attori che agiscono quotidianamente sul territorio, quali associazioni culturali, enti cooperativi, gruppi informali di cittadini attivi», conclude Evelyn Leveghi. «Sono convinta che una reale cooperazione tra questi stakeholders consenta di tracciare progetti che siano aderenti ai bisogni reali di chi vive la città, negoziando al meglio soluzioni che possano concretamente apportare benefici per la collettività».
ALLEGATI (1):