La scorsa estate Labsus si è lanciato in una nuova sfida con la scelta di tematizzare, per la prima volta, il proprio Rapporto annuale, dedicandolo all’andamento dell’Amministrazione condivisa delle scuole come beni comuni. Ora che la ricerca è conclusa, possiamo dire con un certo orgoglio che la scelta è stata appropriata e che sarà bello adesso aprire momenti di confronto e dibattito in tutta Italia e all’estero.
Una semina collaborativa tra ente pubblico e comunità
Pensiamo che i risultati della nostra indagine qualitativa e quantitativa portino acqua al mulino delle politiche basate sulla collaborazione tra responsabili pubblici e società civile. È lì che si macinano esperienze che hanno il gusto al tempo stesso nuovo, di un’educazione a più voci in una scuola senza confini, siano essi fisici ma anche simbolici e culturali, ma anche antico, dell’esperienza educativa come atto politico sulle spalle di un’intera comunità e non solo di quelle di maestre e professori.
Nel nostro stile, dell’utopia concreta, basiamo queste affermazioni sui Patti di collaborazione che abbiamo analizzato: non solo come atti amministrativi scritti nero su bianco, ma anche come oggetto di questionari a cui hanno risposto persone corresponsabili di attività educative di interesse generale. Se dovessimo riassumere in una sola frase tutte le pagine del Rapporto, potremmo concludere che se le alleanze orizzontali per l’educazione come bene comune si attivano per davvero, il livello di soddisfazione di chi si impegna nei Patti è sorprendentemente alto, e le comunità di cura incredibilmente miste e vivaci.
Una scuola aperta a tutti
Come scrive Pasquale Bonasora riprendendo l’incipit dell’articolo 34 della nostra Costituzione: “La scuola è aperta a tutti”. Questa scuola deve garantire l’accesso al sapere e il diritto all’istruzione per tutte e tutti, senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalle condizioni di provenienza e dal contesto sociale. Una proposizione netta e breve che, come per altri articoli della carta costituzionale, è ancorata ai Principi fondamentali ma guarda al futuro e, soprattutto, chiede di divenire effettiva. La Costituzione, dunque, fa della scuola un soggetto collettivo e plurale. Uno spazio di diritti e opportunità. Non è solo l’istituzione pubblica ad adempiere a questo compito di cura e sostegno, quindi, ma ciascuno di noi attraverso appositi spazi di contribuzione diretta all’azione pubblica, in un nuovo bilanciamento tra politiche pubbliche e autonoma iniziativa dei cittadini.
Abbiamo indicato da tempo la scuola come ambito privilegiato di interesse per le nostre ricerche e i nostri progetti. Abbiamo incontrato e raccontato quegli attori del cambiamento che interpretano e aggiornano il dettato costituzionale, attraverso il loro lavoro quotidiano, fedeli alle radici e impegnati a realizzarne i fini. L’urgenza e la necessità di questo Rapporto è il frutto di questi incontri. Sono emerse fragilità e potenzialità, difficoltà e speranze. Pensiamo si possano contenere le prime e alimentare le seconde attraverso strumenti collaborativi, come i Patti di collaborazione e i Patti educativi di comunità, capaci di costruire una proposta culturale, sociale e politica tale da allargare i confini della scuola sino a renderla bene comune, libera dai vincoli e i limiti di un potere autoritativo e capace di costruire un processo innovativo di ridefinizione della sfera pubblica e della sua relazione con la comunità.
La scuola come bene comune
Un paragrafo della prefazione a cura di Gregorio Arena dà il titolo al Rapporto: “Le scuole, da beni pubblici a beni comuni”. La nostra ipotesi è dunque che le scuole, oltre a rappresentare un’istituzione, un servizio pubblico e un diritto, possono oggi più che mai essere considerate come beni comuni, materiali e immateriali, di cui i cittadini possono legittimamente prendersi cura. E, infatti, proprio questo Rapporto dimostra che ci sono ormai in Italia moltissimi esempi ed esperienze di scuole che sono luoghi aperti, partecipati e condivisi, in cui le comunità locali collaborano con la scuola come istituzione nel prendersene cura, nei suoi spazi, ma anche sul suo progetto educativo. In realtà, dal punto di vista strettamente giuridico le scuole non sono beni comuni, sono beni pubblici. L’edificio scolastico e gli spazi esterni ad esso pertinenti sono beni pubblici. Ma quando le associazioni dei genitori o più in generale i cittadini attivi si assumono la responsabilità di prendersi cura di una parte dell’edificio scolastico e delle sue pertinenze sulla base di un patto di collaborazione, allora per tutto il tempo che dura quell’attività di cura condivisa quella scuola diventa un bene comune.
Anche le attività formative che si svolgono durante l’orario scolastico sono un bene pubblico. Ma anch’esse possono diventare un bene comune immateriale quando un gruppo di cittadini attivi, collaborando con la dirigenza scolastica, integrano le attività formative ufficiali con altre attività formative, offerte gratuitamente dall’associazione genitori o da altri cittadini grazie alla stipula di appositi patti di collaborazione. Questo meccanismo che trasforma un bene pubblico in un bene comune si attiva sempre, non soltanto per le scuole, perché ogni volta che i cittadini sottoscrivono un Patto di collaborazione e poi si mobilitano per la cura di un determinato bene pubblico si crea un legame non soltanto materiale, ma anche giuridico, fra quei cittadini e quel bene pubblico. Il legame materiale si fonda sul fatto che essi utilizzano per curare quel bene risorse proprie, private, spesso difficili da quantificare ma comunque preziose come il tempo, le competenze, gli strumenti di lavoro, le esperienze, le relazioni e altre risorse ancora. Mentre il legame giuridico fra loro e il bene nasce in quanto essi si assumono una responsabilità per la cura di quel bene sia nei confronti dell’amministrazione, sia degli altri cittadini. Il bene di cui essi si prendono cura continua ad essere pubblico, quindi continua ad essere di responsabilità dell’amministrazione che ne è la proprietaria (nel caso delle scuole i comuni oppure lo Stato), ma dal momento in cui i cittadini sottoscrivono il Patto di collaborazione anch’essi diventano responsabili di quel bene, pur non essendone i proprietari.
Il Principio di sussidiarietà e gli strumenti pattizi: una buona base da cui partire
Nelle scuole diventa evidente come la concretizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale attraverso i Patti qualifichi il servizio e lo territorializzi: quello spazio di partecipazione attiva aperta alle comunità educanti, in quanto comunità di territorio e d’azione, permette di contribuire al progetto educativo di ciascuna scuola arricchendolo di conoscenza locale, competenze diffuse e nuove energie, e di indicare una una nuova traiettoria di senso al progetto dell’autonomia scolastica, rimasto incompiuto per troppi anni. Un grande ringraziamento va a questo proposito al gruppo “Piccole scuole” di Indire, con cui Labsus ha attivato nel 2021 l’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi di Comunità. L’analisi da loro condotta sul campione di Patti educativi raccolti tramite l’Osservatorio mostra come laddove le scuole siano riuscite ad andare oltre il semplice accordo normativo, per allargare le alleanze territoriali, renderle durature e ancorate agli obiettivi formativi, allora il Patto ha funzionato da innesco di un percorso di profonda revisione della “forme scolaire”, verso una scuola diffusa e aperta, capace di fare leva su un “ecosistema comunitario”. Seppur nelle differenze fra le varie progettualità delle scuole lo strumento pattizio è riuscito a mostrare importanti potenzialità a livello organizzativo, didattico e di rapporti col territorio. Tuttavia, queste potenzialità rischiano di rimanere tali se non vengono affrontate opportunamente le criticità emerse. In particolare, appare fondamentale dare stabilità e sostanza ai finanziamenti a cui le scuole possono attingere fornendo percorsi regolamentati e chiari, e permettendo alle segreterie scolastiche di avere risorse umane adeguate per numero e formazione. Infine, risulta importante avviare un lavoro di sensibilizzazione sui temi dell’alleanza scuola-territorio nelle aree più fragili e periferiche del Paese.
Questo lavoro non sarebbe mai stato possibile senza la passione e la disponibilità di tutte le labsusiane e i labsusiani, le autrici e gli autori, gli istituti scolastici, le cittadine e i cittadini attivi, le studentesse e gli studenti, i gruppi formali e informali, le funzionarie e i funzionari pubblici che hanno partecipato e contribuito ai risultati di questa ricerca.
Inoltre, un ringraziamento va alla Fondazione Charlemagne che, con il suo indispensabile supporto economico, ci ha permesso di pubblicare questo Rapporto che speriamo sia di spunto per tante altre realtà, perché non si parli più di esperienze virtuose ma di un modus operandi che permetta di fare educazione in modo condiviso in una scuola riconosciuta come bene comune, aperta al territorio e a tutti gli attori che ne fanno parte.
Scarica gratuitamente il nuovo Rapporto Labsus 2022
Vi ricordiamo che il Rapporto verrà presentato oggi, martedì 28 marzo, alle ore 18:00, in diretta sulla pagina Facebook e il canale Youtube di Labsus. Ad intervenire: Stefania Mancini (Fondazione Charlemagne), Jose Mangione (INDIRE), Pasquale Bonasora (Labsus), Elena Tramelli (I.C. Teglia di Genova).