Le pronuncia in commento (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. IV, 14 luglio 2022, causa C-436/20, ASADE) riguarda la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che deroghi alla disciplina sugli appalti per l’affidamento di servizi sociali in favore di enti privi di scopo di lucro

La Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, in particolare con gli artt. 76 e 77 della direttiva 2014/24/UE riguardanti particolari regimi di appalto nei servizi sociali ed in altri servizi specifici, di una normativa nazionale in materia di affidamento di servizi sociali.
Si tratta, nello specifico, della disciplina prevista dalla Comunidad Valenciana, alla quale il diritto spagnolo riconosce una competenza esclusiva in materia di servizi sociali. Tale disciplina riserva agli enti senza scopo di lucro la possibilità di ricevere l’affidamento di taluni servizi sociali – a prescindere dal loro valore economico – mediante procedure semplificate, chiamate accordi di azione concertata, in deroga alla disciplina sugli appalti pubblici di matrice euro-unitaria. L’applicazione di tali regole derogatorie è condizionata, oltre che dalla natura non profit del soggetto affidatario, anche dal fatto che per le prestazioni assicurate dall’affidatario non è prevista alcuna remunerazione ma esclusivamente un rimborso spese.
Il giudice nazionale remittente sottopone alla Corte di Giustizia due serie di questioni.
Per un verso, esso chiede se è compatibile con il diritto sovranazionale in materia di appalti una normativa nazionale che riserva agli enti privati senza scopo di lucro la facoltà di concludere accordi in forza dei quali tali enti forniscono servizi sociali di assistenza alla persona, a fronte del rimborso dei costi da essi sostenuti, indipendentemente dal valore stimato di tali servizi, e senza che tale normativa richieda che detti enti rispettino i requisiti stabiliti dall’art. 77 della direttiva 2014/24. In particolare, ai sensi di tale disposizione, le organizzazioni a favore delle quali è possibile riservare l’affidamento di simili servizi devono perseguire una missione di servizio pubblico connessa alla prestazione di servizi sociali; devono reinvestire i profitti al fine di conseguire l’obiettivo dell’organizzazione; sono organizzate sulla base di principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi, ovvero richiedono la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati. È inoltre richiesto che l’amministrazione aggiudicatrice interessata non abbia affidato all’organizzazione un appalto per i medesimi servizi e secondo la stessa procedura semplificata negli ultimi tre anni.
Per altro verso, in via subordinata, la Corte è chiamata ad esprimersi sulla compatibilità di criteri di selezione relativi allo stabilimento dell’operatore economico nella località in cui i servizi devono essere forniti.

La decisione della Corte

Con riferimento alla prima serie di questioni, la Corte, qualificati gli accordi di azione concertata previsti dal diritto spagnolo come appalti ai fini del diritto dell’Unione, osserva che, sebbene non integrati tutti i rigorosi requisiti di cui all’art. 77 cit., nondimeno ciò non implica di per sé l’incompatibilità della disciplina nazionale con l’ordinamento sovranazionale. Infatti, tale disposizione si applica a particolari e specifiche tipologie di servizi sociali.
Al di fuori di tali specifici servizi, è possibile comunque prevedere regimi semplificati per l’aggiudicazione dei servizi sociali in favore di enti privati senza scopo di lucro. A tal fine è sufficiente il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, oltre che la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di tenere conto delle specificità dei servizi oggetto di tali procedure di aggiudicazione.
Per quanto riguarda il principio di parità di trattamento, essa non viene meno là dove lo Stato intenda organizzare i propri sistemi di assistenza ammettendo a concorrere agli obiettivi ad esso sottesi i soli enti privi di scopo di lucro. D’altra parte, con riferimento al principio di trasparenza, esso richiede un livello di pubblicità adeguato, che consenta sia un’apertura alla concorrenza sia il controllo dell’imparzialità della procedura di aggiudicazione.
Ebbene, tali requisiti di trasparenza e parità di trattamento risultano rispettati dalla disciplina nazionale che, pertanto, la Corte non ritiene incompatibile con il diritto UE.
Per quanto attiene alla seconda questione, invece, la Corte ha valutato come manifestamente sproporzionato un criterio che imponga che gli offerenti siano stabiliti, sin dal momento della presentazione delle loro offerte, nel territorio della località interessata dai servizi sociali da fornire.

Il commento

La sentenza in commento riguarda quelle fattispecie cui la giurisprudenza amministrativa si riferisce con la locuzione di fattispecie escluse (o esenti) dall’applicazione del codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 1º agosto 2011, n. 16). Esse si distinguono dalle c.d. fattispecie estranee, alle quali afferiscono, ad esempio, gli artt. 55 e 56 del Codice del Terzo Settore, perché, a differenza di queste ultime, individuano (tassativamente) i contratti “nominati” dal codice dei contratti pubblici, ancorché al solo fine di escluderli dal proprio ambito di applicazione o di sottoporli ad una disciplina speciale, ferma restando la soggezione ai principi generali di concorrenza.
Si tratta, dunque, di fattispecie dai connotati prevalentemente competitivi, privi dell’attitudine collaborativa che connota il diritto del terzo settore e, soprattutto, l’amministrazione condivisa intesa in senso stretto.
Ciononostante, appare interessante rilevare che la Corte ha ritenuto che finanche in tali fattispecie non è necessario, ai fini e per gli effetti del diritto dell’Unione, che gli affidatari siano in senso stretto qualificati come associazioni di volontariato, essendo sufficiente l’assenza di scopo di lucro. Tale statuizione potrebbe rendere non del tutto giustificata una disposizione, come quella di cui all’art. 56 del Codice del Terzo Settore, che consente alle sole organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel RUNTS, di stipulare convenzioni con le pubbliche amministrazioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale.



ALLEGATI (1):