Osservatorio La Goccia: un laboratorio a cielo aperto a Milano per avviare riflessioni su un nuovo modo di fare le bonifiche e trattare i siti contaminati in contesti urbani

Per affrontare la crisi climatica e socio-ambientale prima ancora che agire, è fondamentale imparare a guardare le cose da una nuova prospettiva: quella della natura spontanea. La collaborazione tra istituzioni, associazioni, centri di ricerca e cittadini consente di migliorare la fruizione di un bene fondamentale come le aree verdi. Questo patto rappresenta un impegno concreto per la salvaguardia e la valorizzazione della Goccia e innesca un processo di restituzione alla città di un luogo che potrà diventare modello e prototipo di recupero a verde di ex aree industriali. Sono queste le parole dell’assessora all’Ambiente e Verde del Comune di Milano, Elena Grandi, che hanno accompagnato  l’evento di firma del patto di collaborazione “Osservatorio La Goccia” firmato lo scorso settembre. Il Patto interessa la foresta spontanea che si è sviluppata all’interno delle ex officine del Gas della Bovisa e più comunemente conosciuta a Milano come La Goccia.
Ci troviamo nella periferia nord ovest della città, una zona che ha vissuto diverse storie: da zona agricola è passata a sito industriale; questo poi ha visto la dismissione di grandi stabilimenti che hanno consegnato reperti di archeologia industriale; infine oggi è diventato un quartiere universitario che ospita una delle sedi del Politecnico di Milano.
L’area oggetto del Patto, a causa delle attività industriali ad oggi dismesse, è stata interessata da uno stato di significativa contaminazione di suolo e sottosuolo. A seguito dell’abbandono e del termine delle attività umane, la natura si è ripresa spazio andando ad abitare l’area e attivando un processo di rinaturalizzazione del sito.
Questo  Patto ha l’obiettivo di avviare un percorso di ricerca integrata nella foresta per studiare l’ecosistema e le relazioni tra alberi e microorganismi che potrebbero aver già avviato dinamiche di bonifica naturale dei suoli. E’ stato fortemente voluto da Terrapreta APS che ha aggregato altri attori importanti per portare avanti gli obiettivi previsti: il Museo Civico di Storia Naturale, l’Istituto di Ricerca degli Ecosistemi Terrestri del CNR, il Centro di Forestazione Urbana (Italia Nostra) e il Progetto Natura Onlus.

Mappa della Foresta La Goccia- Fonte Terrapreta APS

Un’area soggetta a grandi trasformazioni 

L’area delle ex officine del Gas della Bovisa è interessata da grandi progetti di riqualificazione. Su parte dell’area di oltre 320 mila metri quadrati è prevista la realizzazione di un nuovo campus del Politecnico di Milano.  Gli spazi saranno recuperati e ospiteranno un polo per l’innovazione con la presenza di laboratori, startup (infatti nei gasometri che verranno recuperati si trasferirà la nuova sede di Polihub, l’acceleratore del Politecnico) e infine uno spazio dedicato al benessere e allo sport aperto anche alla città. Il progetto di riqualificazione urbana per il futuro dell’area Bovisa-Goccia prevede un investimento da 100 milioni di euro, 25 milioni dalla Regione e 75 milioni dall’Ateneo, che amplierà la sua presenza nel quartiere Bovisa (fonte Politecnico di Milano).
Il Masterplan Bovisa-Goccia per la riqualificazione dell’area, presentato lo scorso novembre, è firmato da Renzo Piano. Questa proposta completa e amplia il progetto del Politecnico e prevede l’inserimento di circa 1000 alberi (che si aggiungono a quelli cresciuti spontaneamente nella foresta, oggetto del Patto di collaborazione), un’area verde pubblica a circondare i gasometri, residenze per studenti e altre proposte. Renzo Piano ha ribadito pubblicamente che la foresta della Goccia così com’è oggi deve essere rispettata e tutelata. In linea con questo, il Patto per l’osservatorio La Goccia nasce proprio per preservare quest’area perché rappresenta una grande ricchezza per la città, e può diventare un caso virtuoso in tema di processi di bonifica naturale soprattutto in contesti urbanizzati.  

Foto con drone mappatura – fonte Terrapreta APS

Sopralluoghi, pulizie e analisi: cosa è stato fatto fino ad oggi grazie al Patto

E’ quasi passato un anno dalla firma del Patto e tante sono state le attività portate avanti dai firmatari. Le attività possono essere suddivise in due macro-categorie: attività di ricerca scientifica, e attività culturali e divulgative per far conoscere l’area e il processo in atto al quartiere e alla città iniziando ad ingaggiare la comunità in attività di cura. Essendo l’area contaminata ad oggi non è previsto un accesso libero alla foresta, solo in occasioni specifiche l’area può essere visitata. Per quanto riguarda la ricerca è stato svolto un primo censimento botanico, che ha rilevato più di 200 specie di flora vascolare insieme a MSNM; è stato avviato il censimento completo degli alberi con CFU-Italia Nostra; sono state effettuate anche delle prime ricognizioni entomologiche.
E’ stato fatto un primo mappaggio dell’avifauna e sono stati posizionati videosensori all’interno della foresta che ha portato alla rilevazione della presenza di volpi, lepri selvatiche, scoiattoli, merli, gazze, tordi, perfino la poiana e la ghiandaia. Oltre ai firmatari del Patto, ad interessarsi alle attività è stato anche il Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra (DISAT) dell’Università Bicocca,  che con il suo team di ricerca ha fatto un sopralluogo per valutare la possibilità di dissigillare alcune porzioni di terreno impermeabile all’interno della foresta. La tecnica del dealing consiste nel frantumare superfici impermeabili con l’ausilio di attrezzature come martelli pneumatici, frese e picconi al fine di indagare il terreno sottostante e introdurre materia organica e microrganismi che possano degradare nel tempo materiali come l’asfalto e fare spazio a suolo fertile (fonte: Terrapreta APS). Si è avviato inoltre il censimento arboreo coinvolgendo cittadini volontari che hanno partecipato anche a giornate di pulizia di rifiuti non pericolosi. Ogni azione che si fa all’interno della foresta è volta a preservare l’ecosistema: infatti anche per le attività di pulizia non sono stati utilizzati macchinari e attrezzature invasive. Le pulizie sono state guidate da Italia Nostra con la collaborazione di Terrapreta e hanno consegnato ad Amsa 6 tonnellate di rifiuti.

Foto nella foresta- Fonte Terrapreta APS

Sono state organizzate anche visite aperte a realtà esterne culturali e artistiche per condividere riflessioni e visioni sul futuro delle aree industriali, ad uno di questi incontri c’eravamo anche noi di Labsus e abbiamo avuto la possibilità di addentrarci nella foresta: è stato sorprendente vedere che cosa la natura può creare riprendendosi spazio.
Oltre alla ricerca scientifica, il Patto prevede anche la ricostruzione della memoria storica della Goccia. Terrapreta ha avviato la costruzione di un archivio in parallelo alla mappatura della foresta e alla ricerca scientifica e,  in collaborazione con il collettivo Edera e il fotografo Marco Merati, ha iniziato a fotografare le pitture murali presenti nell’area per evitare che le trasformazioni in atto ne cancellino le tracce. Questi mesi di attività stanno già consegnando risultati importanti, raccogliendo interesse da parte di tante realtà e persone, e sensibilizzando il quartiere e la città rispetto all’importanza di preservare questa foresta spontanea. 

Ricognizione botanica entomologica – Foto di Marco Merati

Il Patto ha permesso di accendere un faro sulla foresta 

In questi mesi il gruppo di firmatari guidato da Terrapreta è riuscito ad avviare un dialogo proficuo con il comune di Milano. Sono stati effettuati dei sopralluoghi con l’assessorato al Verde e Ambiente,  l’assessorato Rigenerazione Urbana e MM, società controllata dal comune di Milano. Grazie al Patto i soggetti proponenti sono diventati interlocutori della pubblica amministrazione e degli altri soggetti coinvolti per ragionare sul futuro dell’area, provando ad entrare nella progettazione più alta, con l’obiettivo di preservare la foresta. Prima del Patto l’intenzione era di disboscare tutto: il lavoro fatto prima della firma e poi grazie al Patto ha permesso, al contrario, di avviare un processo di riconoscimento del valore di questo luogo invertendo così la rotta, iniziando a riconoscere la foresta come bene comune da difendere. La foresta Goccia può rappresentare un modello in materia di bonifica dei siti contaminati attraverso processi di bonifica naturale. Ci auguriamo che questa area verde venga preservata come previsto dal progetto complessivo sull’area.
Una foresta non è una semplice area verde antropizzata, ma un ecosistema con i suoi equilibri,  poterla avere in città rappresenta un privilegio.  La foresta è un luogo sacro, e i cittadini attivi possono diventare protagonisti nel prendersene cura e nella sua tutela, anche attraverso lo strumento del Patto di collaborazione.