Con la sentenza in commento (s.v. Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria, 30 novembre 2022, n. 104), i magistrati contabili hanno deciso di accogliere parzialmente l’azione di responsabilità erariale proposta contro due dirigenti del Comune di Gubbio, in ragione delle gravi carenze rilevate nella procedura urbanistica di lottizzazione che li aveva coinvolti nella qualità di responsabili del settore.
Le conseguenze della mancata cessione delle aree destinate a standard urbanistico
Più in particolare, a seguito della sottoscrizione di una convenzione di lottizzazione, e del rilascio delle consequenziali concessioni edilizie da parte del Comune, era mancata, a livello esecutivo, l’attività di cessione delle aree destinate a standard urbanistico e la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, da parte dei privati lottizzanti. La situazione era tale per cui, a distanza di oltre dieci anni dalla scadenza della convenzione, larghe aree del territorio comunale risultavano prive di marciapiedi, illuminazione e verde pubblico, con grave danno per la collettività.
A seguito della proposizione dell’azione di responsabilità, i funzionari comunali e gli organi politici del Comune di Gubbio hanno cercato di limitare il pregiudizio arrecato recuperando e acquisendo al demanio comunale le strade dovute dai privati lottizzanti, attivando altresì delle gare pubbliche per il servizio di illuminazione. Per queste contestazioni, si deduceva, pertanto, una sopravvenuta carenza di danno. Ciò nonostante, per quanto riguarda l’obbligo di cessione delle aree verdi da parte dei privati, continuava a permanere l’inerzia dei dirigenti comunali responsabili dell’adozione degli atti attuativi del piano e della convenzione di lottizzazione, a fronte dell’inadempimento dei privati lottizzanti. È su questa inerzia che il Collegio ha cercato di valutare se fossero presenti gli elementi dell’illecito contabile.
Sulla prescrittibilità dei diritti nascenti dalle convenzioni di lottizzazione
D’altro canto, la difesa dei convenuti si fondava sulla prescrizione del diritto di credito risarcitorio connesso alla prescrizione del diritto della p.a. di pretendere l’adempimento dell’obbligo di cessione delle aree verdi. Ciò in quanto erano passati più di dieci anni dalla scadenza della relativa convenzione di lottizzazione.
La Corte dei Conti si è trovata, pertanto, ad esprimere il suo giudizio su una delle questioni più dibattute in materia urbanistica – su cui peraltro sussiste ancora un vivacissimo contrasto giurisprudenziale – ossia quella della prescrittibilità dei diritti nascenti dalle convenzioni di lottizzazione.
Su tale questione si registrano attualmente due orientamenti contrapposti.
Secondo un primo orientamento, di stampo privatistico, l’istituto della prescrizione decennale generale, affermato dal codice civile all’art.2934 c.c., sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il diritto della p.a. di vedere eseguito l’obbligo di cessione delle aree destinate a standard trarrebbe il suo fondamento da un atto di natura negoziale, quale è la convenzione di lottizzazione. Per questo motivo, i diritti connessi alla lottizzazione si prescriverebbero in dieci anni, decorrenti dalla scadenza, normalmente decennale, del termine di validità della convenzione (cfr. ex multis, T.A.R. Venezia, Sez. II, 9 gennaio 2023, n. 7; Cons. Stato, Sez. IV, 16 luglio 2021, n. 5358; Cons. Stato, Sez. II, 1 dicembre 2021, n. 8006).
Secondo un diverso orientamento, di stampo pubblicistico, invece, tali diritti sarebbero imprescrittibili, perché fondati su un accordo ad oggetto pubblico con il quale l’amministrazione realizzerebbe esclusivamente finalità istituzionali, privo di specifica autonomia e natura di fonte negoziale (cfr. ex multis, T.A.R. Cagliari, Sez. I, 24 febbraio 2023, n. 136; Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 2021, n. 6717; Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1341).
Il Collegio giudicante contabile sceglie di aderire a questo secondo orientamento giurisprudenziale. Ma lo fa in maniera molto più esplicativa rispetto alla magistratura amministrativa, prendendosi tutto il tempo per analizzare e riflettere sulla natura e sulla qualità degli interessi in gioco.
L’obbligo di cessione è preordinato ad assicurare gli interessi generali della collettività
In via preliminare, la Corte dei Conti precisa che il rapporto obbligatorio nascente da una convenzione di lottizzazione non può essere considerato meramente civilistico, in quanto è fin dall’inizio permeato dal diritto pubblico, e quindi preordinato ad assicurare gli interessi generali della collettività, il che implica uno speciale regime derogatorio rispetto al diritto comune.
Più in particolare, in relazione alla disciplina giuridica delle lottizzazioni, l’intervento di trasformazione del territorio si realizza attraverso due strumenti differenti: il piano di lottizzazione, che identifica le aree verdi, le zone residenziali e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria da attuare, e la convenzione di lottizzazione, con cui, a fronte del rilascio dei permessi di costruire da parte dell’amministrazione, i privati sono obbligati a cedere le aree destinate a standard urbanistici, tra cui le aree verdi, e a realizzare le opere di urbanizzazione, che sono funzionali al perseguimento degli interessi generali. Per questo motivo, secondo la Corte, tutte le aree incluse nel territorio oggetto di lottizzazione sono gravate da vincoli pubblicistici idonei a durare sine die. Gli obblighi assunti dal proprietario lottizzante, infatti, si trasferiscono anche ai successivi aventi causa, resi edotti di tali obblighi (c.d. propter rem) attraverso la consultazione dei registri immobiliari.
L’importanza di questi obblighi è maggiormente avvertita proprio con riguardo alle aree verdi, che sono notoriamente considerate i “polmoni vitali” del territorio, sia per lo sviluppo delle relazioni sociali sia per il miglioramento della qualità della vita urbana.
Accade spesso, tuttavia, che nelle c.d. lottizzazioni risalenti, dove emerge il totale disinteresse degli amministratori locali di portare a termine l’esecuzione degli obblighi di lottizzazione, i privati confinanti si approprino di queste aree, accampando pretese finalizzate all’usucapione. Eppure, sarebbe assolutamente inconcepibile ammettere che un privato possa godere dei profitti di una lottizzazione a danno della collettività, sottraendosi all’obbligo di cessione, ed anzi, ancor di più, approfittandosi dell’inerzia dell’amministrazione cercando di accaparrarsi un bene la cui destinazione risulta conformata dallo stesso piano di lottizzazione.
La proprietà lottizzata è una proprietà conformata e destinata
Per questo motivo, secondo la Corte dei Conti, la proprietà dei suoli lottizzati riferita alle aree verdi è ontologicamente conformata e destinata ad una specifica funzione sociale (s.v. art. 42 Cost.). E l’uso privato esclusivo si porrebbe decisamente in conflitto con tale destinazione pubblica.
Per dimostrare definitivamente questo assunto, il Collegio decide di analizzare la questione all’interno del quadro multilivello delle fonti, mostrando l’importanza del concetto di proprietà conformata per finalità di interesse generale.
Più in particolare, la cessione delle aree verdi nell’ambito di una convenzione di lottizzazione rispecchia perfettamente l’attuale assetto costituzionale, orientato esplicitamente alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, nell’interesse delle future generazioni (s.v. art. 9 Cost.), tutela a cui anche il diritto eurounitario e convenzionale EDU fa riferimento (s.v. art. 37 Carta dei diritti fondamentali dell’UE).
Oltre a ciò, soprattutto con riguardo alla tutela dei beni di rilevanza ambientale, la giurisprudenza ha da tempo affermato la necessità di un ripensamento della categoria codicistica dei beni demaniali, in favore della nuova categoria dei “beni comuni”, legati alla realizzazione di valori costituzionali (cfr. Cass. civ. Sez. un., 18 febbraio 2011, n. 3937).
Infine, la Corte ricorda come il fatto che nel nostro ordinamento la proprietà possa essere conformata per assicurare il perseguimento di finalità di interesse generale, non è altro che un’eredità della Costituzione tedesca di Weimar del 1919, laddove si diceva chiaramente che “la proprietà obbliga. Il suo uso, oltre che al privato, deve essere rivolto al bene comune” (cfr. art. 153, Costituzione di Weimar del 1919).
Ricordando questa importantissima disposizione, la Corte dei Conti dimostra definitivamente l’attuale compatibilità costituzionale e sovranazionale di una visione in cui i diritti del singolo devono essere necessariamente conciliati con gli interessi generali.
Un regime proprietario funzionale al benessere individuale e collettivo
Si è ben lontani, quindi, dalla nozione di proprietà ottocentesca, sempre uguale a sé stessa e fondata meramente sullo schema pubblico/privato. In questa prospettiva multilivello, invece, il regime proprietario è arricchito da un preciso modello funzionale, in cui anche la proprietà privata può essere indirizzata al benessere individuale e collettivo e quindi essere orientata alla fruizione collettiva.
Alla luce di quanto detto, secondo la Corte, l’operatività del meccanismo della prescrizione nel rapporto nascente da una convenzione di lottizzazione si porrebbe in contrasto con il diritto costituzionale e sovranazionale vivente. Per questo motivo, rigettata l’eccezione preliminare di prescrizione, e considerata la perdurante inerzia nel completamento delle attività a valle della lottizzazione, la Corte ha condannato i due dirigenti comunali a risarcire il pregiudizio erariale in parti eguali, stante il loro avvicendamento nell’ufficio preposto all’adozione degli atti attuativi della convenzione di lottizzazione.
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