Con la sentenza n. 10441/2022 il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto da un’associazione avverso la sentenza del Tar per il Lazio che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto per difetto di legittimazione ad agire della ricorrente.
Il giudizio di primo grado.
Il giudizio riguardava il silenzio serbato da Roma Capitale a proposito di una diffida inviata dall’Associazione al fine di sollecitare l’Amministrazione a ottemperare agli obblighi di manutenzione del verde e a rimediare alla situazione di degrado denunciata.
Decorso senza risposta il termine di trenta giorni per riscontrare tale diffida, l’Associazione aveva impugnato il silenzio serbato da Roma Capitale dinnanzi al Tar per il Lazio, il quale come detto dichiarava però inammissibile il ricorso proposto per difetto di legittimazione ad agire della ricorrente.
La decisione di primo grado era basata sulle caratteristiche strutturali e statutarie dell’Associazione ricorrente: accertato che la stessa non fosse iscritta nell’elenco delle associazioni rappresentative di utenti e consumatori ex art. 137 del d.lgs. n. 206/2005, veniva rilevato come la finalità esclusiva dell’Associazione cristallizzata nel proprio statuto riguardava la tutela de “i diritti e gli interessi dei consumatori e degli utenti, prestando particolare attenzione ai consumatori ed utenti dei servizi di assistenza sanitaria pubblica e privata, a qualsiasi titolo, e del servizio farmaceutico”.
Stante tale auto-limitazione, doveva quindi negarsi alcuna rappresentatività riguardante tanto la specifica collettività dei cittadini di Roma quanto in merito alla denunciata carenza di manutenzione del verde, non rientrante nel “settore tutelato” dall’Associazione; né tale ambito veniva considerato “recuperabile” con l’ulteriore elencazione – peraltro ritenuta in parte non coerente con la finalità prevista – presente nello statuto indicante gli obiettivi perseguiti, in quanto i riferimenti ivi previsti al patrimonio territoriale, ai servizi pubblici e alle condizioni della città sarebbero sempre da intendersi come riguardanti il solo “diritto alla salute quale “diritto a un ambiente salubre”.
A compimento dell’analisi dei motivi ostativi all’ammissibilità dell’azione proposta, il Tar per il Lazio criticava anche la mancata rappresentatività dell’ente, in virtù della sua esigua composizione e della mancata prova riguardo ulteriori azioni intraprese.
L’appello al Consiglio di Stato.
Tale sentenza veniva, come detto, impugnata dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale concludeva però per il rigetto dell’appello proposto condividendo totalmente le conclusioni raggiunte dal Giudice di primo grado, e facendole proprie.
Il Consiglio di Stato, riprendendo appunto il ragionamento proposto dal Tar e dopo essersi soffermato sugli approdi raggiunti dalla giurisprudenza sul tema, ha concluso per l’insussistenza della legittimazione ad agire in capo alla ricorrente, sottolineando alla fine del proprio excursus “che la valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale non può costituire deroga o affievolimento dei principi processuali che governano la legittimazione o l’interesse ad agire”, oltre a ritenere che l’indicazione dei territori coinvolti nella diffida sottesa al giudizio non sia “in grado, da sola, a soddisfare il criterio della vicinitas dell’associazione e comunque a colmare le carenze già esposte della legittimazione ad agire”.
Una limitazione generale della legittimazione ad agire?
Come si evince da quanto sopra ricostruito, la pronuncia in esame si basa prettamente sulle caratteristiche tipiche dell’Associazione ricorrente, e su una rilevata assenza dell’interesse fatto valere in giudizio tra le finalità previste dallo statuto.
Superando le problematiche concrete del caso sottoposto e spostando l’analisi al ragionamento esposto dal giudice amministrativo, la pronuncia del Consiglio di Stato ripercorre i principi indicati della giurisprudenza riguardo la legittimazione ad agire, soffermandosi ulteriormente sulle condizioni dell’azione delle associazioni.
Riassunti tali requisiti, ampiamente ricostruiti in ulteriori commenti riportati su questa Rivista, merita un commento “delimitativo” il richiamo al ruolo del principio di sussidiarietà orizzontale già citato, così come il riferimento al concetto di vicinitas.
Come riportato, infatti, il Consiglio di Stato ha concluso il proprio ragionamento sottolineando come il principio di sussidiarietà orizzontale non potesse esser richiamato per affermare una legittimazione ad agire in capo all’associazione, e che tale condizione non fosse recuperabile neanche adducendo la vicinitas derivante dalla presentazione delle diffide poste a monte del giudizio.
Tali conclusioni potrebbero sembrare caldeggiare un’interpretazione restrittiva, e forse addirittura controcorrente rispetto alle recenti aperture mostrate da parte della giurisprudenza amministrativa, delineanti una tendenza, ancorché non unitaria, verso una nuova e più estensiva legittimazione ad agire.
Ma una più precisa riflessione sulla portata del richiamo operato dalla sentenza deve partire dalle premesse fattuali già sottolineate: nel caso di specie, la non idoneità del richiamo al principio di sussidiarietà orizzontale al fine di recuperare la legittimazione ad agire ricercata si riferisce, come è giusto che sia, all’Associazione ricorrente e alle sue caratteristiche; infatti, tale considerazione – così come quella relativa alla vicinitas – viene effettuata nelle ultime righe della pronuncia, in una capoverso “esterno” rispetto alla parte dedicata alla riflessione teorica sugli istituti giuridici coinvolti.
Appare quindi una statuizione strettamente connessa alla casistica sottoposta, e non un principio generale da ritenersi applicabile in generale per delimitare la legittimazione ad agire.
In altri termini, la pronuncia non sembrerebbe precludere una portata rilevante del principio di sussidiarietà orizzontale per estendere la legittimazione ad agire, ma ne nega l’applicabilità nel caso di specie, in virtù delle carenze rinvenute riguardo la rappresentatività e la finalità dell’ente; aspetti così evidenti da rendere la conclusione quasi scontata, citandola en passant alla fine del proprio ragionamento come se fosse implicito in virtù delle caratteristiche dell’Associazione precedentemente ricostruite approfonditamente.
Ancor più chiaramente, la portata dell’affermazione sembra limitata al fatto che il principio di sussidiarietà orizzontale non possa essere addotto per estendere il riconoscimento della legittimazione ad agire in capo a enti esponenziali anche per azionare tutele che non corrispondono ai fini istituzionali del soggetto.
Ugualmente, non si può considerare la pronuncia in esame come aderente all’indirizzo più risalente che lega la vicinitas a una prossimità meramente fisica, dimenticando la visione elastica del concetto.
A ben vedere, anche la decisione relativa alla vicinitas risente della ritenuta evidente assenza degli altri requisiti, oltre ai dubbi riguardanti la stessa vicinanza prospettata; tanto che il Consiglio di Stato premette che ogni conclusione al riguardo non sarebbe comunque idonea “da sola” per affermare la legittimazione ad agire dell’ente, come infatti riconosciuto univocamente.
In conclusione, la pronuncia in esame può essere letta senza particolare preoccupazione, e non ritenerla foriera di un ripensamento riguardo una portata estensiva della legittimazione ad agire, secondo quell’interpretazione innovativa e coraggiosa che pare farsi strada nel processo (e quindi, a monte, nel procedimento) amministrativo.
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