La favola riportata qui sotto, in cui le parole in stampatello sono tratte dagli scritti che gli abitanti hanno condiviso, può essere considerata come nulla più che un gioco. Oppure molto di più...

A volte le magie accadono. Accadono eccome. E non soltanto dentro alle favole.
Quando un gruppo di persone si incontra e comincia ad immaginare il mondo che vorrebbe, quando le piccole e grandi esperienze quotidiane diventano il terreno di incontro su cui misurare comunanza di visioni e di vissuti, quando le memorie di ciascuno soccorrono in aiuto per rivendicare futuri immaginati in passato che sono ancora in attesa come serbatoi di possibilità, ebbene le magie possono accadere eccome.
Mettere in risonanza le storie consente a ciascuno di aprirsi ad un “noi” che non è soltanto transitoria consolazione di vulnerabilità comuni, ma presupposto e punto di partenza di una ricostruzione di visioni e di progettualità condivisa.
Ragionare insieme di beni comuni, dai più piccoli ai più complessi, costruire Patti di collaborazione, è riportare la dignità dell’esistenza e delle condizioni materiali del vivere a tema di ragionamento pubblico.
Di là dalle mode del momento, che ahimè imperversano con facilità svuotando di senso parole preziose (come resilienza, spesso piegata in passivo adattamento; partecipazione, umiliata nei “mi piace”; storytelling, affidata alla vanità dei social), vi è un grande bisogno di riaccostare le storie individuali, di avvicinarle e farle dialogare per attingere da ciascun vissuto esistenziale pezzi di una visione da ricomporre, per scrivere “dal di dentro” nuove narrazioni da affiancare, se non contrapporre, a quelle ufficiali. Perché quando le storie dialogano possono diventare pezzi di vera e propria progettualità politica, di una proposta altra di governo e cura delle vite.

Allora anche la favola può diventare un modo giocoso per raccontare una magia concreta, che accade ogni giorno sotto gli occhi distratti di molti, ma tenace come lo sono i personaggi delle favole.

Alla faccia di chi pensa che la politica stia solo nel “macro” e nelle grandi teorie anziché nei “piccoli passi”

Questo è ad esempio ciò che è accaduto a Torino, nella Portineria di Borgo San Paolo, in una settimana ventosa del marzo scorso. Nell’ambito delle Residenze d’artista organizzate dalla “Rete italiana di cultura popolare”, una settimana ha visto residente anche me, coinvolta in incontri con abitanti, ospiti di RSA, bambini di scuola primaria, persone con problemi passati di salute mentale. Una girandola di voci, di sguardi, di idee, di ricordi, di “forse si potrebbe”. Incontri in cui si racconta, si ride, ci si commuove, si immagina, si progetta e – soprattutto – si fa. Sì, concretamente si fa. Alla faccia di chi pensa che la politica stia solo nel “macro” e nelle grandi teorie anziché nei “piccoli passi”, come diceva Bobbio. Alla faccia dei grandi simposi in cui gruppi di esperti si parlano addosso, anziché programmare politiche “del piede di casa”, come diceva Federico Caffè.
La favola riportata qui sotto, in cui le parole in stampatello sono tratte dagli scritti che gli abitanti hanno condiviso, può davvero essere considerata come nulla più che un gioco, un collage come quelli che si facevano da piccoli. Oppure molto di più. Manifesto sociale e politico di una visione del mondo. Espressione corale della scelta di un certo modo di stare al mondo e di occuparsene.

Sta a ciascuno di noi scegliere.

Portineria di comunità a Borgo San Paolo di Torino.
Residente per una settimana

C’era una volta una ragazzina che da grande voleva fare la cantastorie.
Ma per far questo non le bastava la sua storia. Aveva bisogno delle storie degli altri. Aveva bisogno delle loro parole per completare le sue.
Così si mise in cammino. E in una sera ventosa di quasi primavera arrivò nei pressi di una piccola casetta colorata in mezzo agli alberi. “Stai a vedere che mi sono trasformata in Cenerentola e questa è la casetta dei 7 nani…” pensò divertita.
Ma quando bussò, invece dei 7 nani, tante persone di ogni età la accolsero sorridendo.
I loro nomi non li ricorda, ma di cognome si chiamavano tutti Abitanti.
“Che strana famiglia” pensò. “Dicono di essere parenti ma non si assomigliano per niente!”.
Quando timidamente chiese loro chi erano e da dove venivano, scoprì che doveva esserci sotto qualche magia.
Scoprì che fra loro c’erano ben tre VIAGGIATORI, che lì si erano trasformati in EDUCATRICE, DONNA SOCIALE e OPERATORE SOCIALE. “Ma guarda un po’”, pensò, “il loro viaggiare li ha portati verso lo stesso approdo, il mondo degli altri…”.
C’Era anche un viaggiatore più inquieto, un ESULE? (sì, un esule col punto interrogativo), che in fondo era approdato non molto distante da quel mondo degli altri perché aveva scoperto il mondo della terra, e si era trasformato in COLTIVATORE DIRETTO.
Ma anche il CONTABILE, l’OPERAIO e l’INSEGNANTE DI SCUOLA ELEMENTARE avevano subìto la stessa magia, e lì si ritrovavano come CARE GIVER e RESPONSABILE PEDAGOGICO.
Poi c’era chi aveva viaggiato nella ricerca: un POETASTRO, GRAFOMANE E RICERCATORE che lì era ancora RICERCATORE in cerca, una CURIOSA DI STORIA E TRADUTTRICE che ora era IN ASCOLTO DELLE DONNE E DEI BAMBINI, una RICERCATRICE che ora era una CURIOSA AFFATICATA, un RICERCATORE NOIOSO (a suo dire) che ora era un DISCRETO PROFESSIONISTA MENO NOIOSO (sempre a suo dire).
Poi si avvicinò una GIOVANE SOGNATRICE che era qui ancora intatta. E dietro di lei quattro donne che lì avevano portato il gioco dei loro volti: una BAMBINA che aveva scambiato i ruoli e ora era MAMMA, una FIGLIA che ora era DEBORA, un’AMICA che ora era una DONNA LIBERA, e una DONNA che era diventata – ebbene sì – una DONNA.
C’era anche un BAMBINO che lì era diventato un ABITANTE DELLE PORTINERIE. “Chissà”, pensò la ragazzina, “forse è lui il capofamiglia che ha dato a tutti gli altri il cognome di Abitanti?”. Eppure non le pareva abbastanza anziano. Mah.
Poi c’erano una TENNISTA, un LAVORATORE che aveva dedicato il suo tempo al lavoro e una PERSONA A CUI PAREVA DI NON ESSERE STATA ABBASTANZA VIVA E PARTECIPE IN PASSATO: ora si strizzavano l’occhio provando la stessa CURIOSITÀ, VOGLIA DI CREATIVITÀ E DI ESPERIENZE DIVERSE. Compresa l’ATTIVATRICE che qui si era trasformata in OSSERVATRICE. Perché in questa casetta, a quanto pare, era possibile anche questo. Dopo essere stati tanti cose e aver tanto viaggiato, ci si poteva anche riposare. E concedersi il lusso di osservare. Almeno un po’. In compagnia.
La ragazzina cominciava a capire la famiglia dei signori Abitanti: in effetti si assomigliavano tutti, si assomigliavano eccome. Non nelle fattezze ma nella voglia degli altri e nell’istinto di PENSARE LIBERAMENTE.
La ragazzina si sedette. Fuori il vento brontolava ma lì dentro c’era un tepore delizioso. Pensò che si sentiva a casa in quella famiglia numerosa. Lei che una famiglia numerosa non l’aveva mai avuta.
Chiese di sapere qualcosa di più dei lunghi viaggi che li aveva portati fino a lì, alla casetta con la stufa accesa e le pareti azzurre con le foglie gialle e rosse.
E così scoprì che c’era chi aveva viaggiato nei flutti del mare familiare: PADRI SPECIALI CHE AVEVANO SAPUTO COSTRUIRE PACE E ASCOLTARE, una MADRE CHE ANCORA SPINGEVA ALLA RICERCA DI SÉ, una FAMIGLIA NUMEROSA, l’INCONTRO CON UN MARITO.
E poi chi aveva attraversato lo spaesamento: dalla BOCCIATURA ALLE SUPERIORI alla MORTE DEGLI AFFETTI; l’incontro con LA FRAGILITÀ E LA SOFFERENZA, SIA PROPRIA CHE DEGLI ALTRI; La CONFUSIONE CHE SEGUE LA SPENSIERATEZZA INCONSAPEVOLE, ma che si fa presagio benefico – seppur faticoso – di altro.
E poi chi aveva attraversato fisicamente luoghi e terre: dall’ARSENALE DELLA SPERANZA A SAN PAOLO DEL BRASILE al PRIMO ANNO LONTANO DA CASA A BUENOS AIRES; dall’ORATORIO E I PICCOLI FRATELLI DI CHARLES DE FOUCAULD al PRIMO VIAGGIO FORMATIVO DA SOLO FATTO DI NATURA E DI SCOPERTA, ai QUARTIERI URBANI DOVE ABITANO I PROBLEMI VERI DELLA POVERTÀ.
C’era anche chi si chiedeva SE I SUOI TANTI PERCORSI AVESSERO DAVVERO CONDOTTO DA QUALCHE PARTE… ma la ragazzina pensò che se quell’Abitante si trovava lì, evidentemente da qualche parte era arrivato eccome.
E c’era chi ripensava alle sue PROVE DI RIENTRO; ed anche uno SPIRITELLO che volteggiava con la sua VISIONE.
Poi una signora Abitante ricordò LA FORZA DEI PROGETTI COMUNI. E un’altra ricordò GLI INDOVINELLI E LE ESPERIENZE DI GIOCO CHE LA FACEVANO SOGNARE.
Allora anche la ragazzina improvvisamente ricordò. Ricordò tutto. Ricordò perché si era messa in viaggio, ricordò cosa cercava.
Stava cercando di ritrovare la memoria dei suoi desideri e delle sue possibilità.
E così chiese loro ancora qualcosa. Gli chiese di donarle alcune delle loro possibilità, delle loro memorie del futuro.
Sapeva di chiedere tanto, ma la famiglia dei signori Abitanti, ormai lo aveva capito, era tutt’altro che avara e cominciò come per magia a tirare fuori davanti ai suoi occhi possibilità di ogni colore. Fu una vera esplosione, e man mano che ognuno offriva la sua, la ragazzina smemorata ritrovava un pezzo della sua memoria. E della sua storia.
Ritrovò la RICERCA DELLA SUA STORIA E DELLE SUE RELAZIONI IN UNA PROGETTUALITÀ CHE NON FOSSE PIÙ SOLO SUA, e la MEMORIA FAMILIARE e degli INCONTRI CHE L’AVEVANO PLASMATA.
Ritrovò la gioia del CREARE PER DARE, del COSTRUIRE COMUNITÀ DI PERSONE CAPACI DI DONARE AMORE.
Ritrovò persino il SOGNO DI BAMBINA DI FARE DA GRANDE LA MAESTRA DELLE MAESTRE, ritrovò intatto il sogno del PRIMO VIAGGIO DA SOLA, di IMMERGERSI NELLA NATURA, di FARE LA MUSICISTA.
E in chi AVEVA DIPINTO E POI AVEVA SMESSO… E POI AVEVA RIPRESO E POI AVEVA SMESSO… la ragazzina ritrovò lo stesso suo passo altalenante di scrittrice mancata, o non ancora trovata.
E come in un caleidoscopio che non smetteva più di proiettare immagini, la ragazzina rivedeva tutti i balzi della RICERCA DI SICUREZZA E MATURITÀ quando si rivolge fuori da sé, per PROGETTARE PROCESSI E NON SOLO SPAZI, LUOGHI SPECIALI NELLE PERIFERIE, CENTRI DI INCONTRO E DI ARTE IN CUI CI SI FONDE CON GLI ALTRI, MAGIC MOMENT ARTISTICI CHE POSSANO DIVENTARE LABORATORI…
Insomma, la ragazzina ritrovò tutte le sue INCONSAPEVOLEZZE CHE SI TRASFORMANO GIORNO PER GIORNO, E DIVENTANO CONSAPEVOLEZZE MAI FERME MA IN TRASFORMAZIONE ULTERIORE.
Alla fine, quando quell’esplosione si fermò, la ragazzina ebbe l’impressione che la famiglia dei signori Abitanti avesse fatto un’altra delle sue magie sparigliando le carte, perché non sapeva più quali erano le storie degli altri e quale era la sua.
Dopo l’emozione dei saluti, con molte sporte piene delle parole dei signori Abitanti, calde come pane appena sfornato, la ragazzina riprese la via di casa, ripensando ai tanti volti e alle tante memorie del possibile che aveva incontrato in quella casetta variopinta.
Una cosa era certa: nell’ascolto delle storie altrui aveva avuto LA POSSIBILITÀ DI TESTIMONIARE LA PROPRIA. E di questo era PROFONDAMENTE RICONOSCENTE.

LEGGI ANCHE: