Come arrivare alla concretezza di azioni di prossimità, partendo da un richiamo trans-religioso alla cura di beni comuni?

A quante vicende hanno assistito gli olivi millenari

L’imponente graphic novel intitolata “Storia di Gerusalemme” è un racconto corale i cui testi, di Vincent Lemire, sono costruiti a partire da 200 fonti pubblicate e archivi inediti e i disegni sono di Christophe Gaultier (Arenes, 2022). Quattromila anni corrispondono all’età dell’ulivo in copertina, che apre la narrazione, l’accompagna nel suo crescere, restare radicato sul Monte degli ulivi, e da lì assistere alla storia. Luogo d’invenzione dei monoteismi, Gerusalemme viene ritratta come il cuore delle passioni del mondo: non solo israeliane e palestinesi, ma alternativamente egiziane, persiane, ebree, greche, romane, bizantine, arabe, crociate, mamelucche, ottomane, inglesi, giordane. Per metà della popolazione mondiale Gerusalemme è la capitale spirituale. Eppure, a seguire la dolorosa cronaca internazionale in corso, il conflitto tra Israele e Palestina sembra più una questione fondiaria che non una guerra di religione. Nel maggio del 2021 qualcuno scrisse: “In fondo il conflitto israelo-palestinese è una disputa per i territori. Ma la religione è spesso il veicolo di questi conflitti che vedono opposte due etnie e due religioni diverse. Non stupisce che queste tensioni tendano a esacerbarsi in occasione delle feste religiose, sia ebraiche sia musulmane”).

Ma di cosa parliamo quando parliamo di religioni?

Nel febbraio di quest’anno la rivista “Dialoghi” ha raccolto riflessioni da diverse parti del mondo sull’uso politico della religione nella storia e nell’attualità, evidenziando “l’intensificazione della strumentalizzazione e dello snaturamento delle religioni a fini identitari ed esclusivisti, a partire da derive populiste e dalla crisi di legittimità delle autorità e delle grandi ideologie”. Ma sappiamo di cosa parliamo quando parliamo di religioni? Roberto Cipriani, professore emerito di Sociologia presso l’Università Roma Tre, ha promosso lo scorso marzo il primo Forum internazionale sulle religioni, dal titolo “Le religioni e la guerra”: quando parliamo di religioni non ci riferiamo solo alle chiese cristiane, all’ebraismo e alla sua diaspora nel mondo, all’islam sunnita e sciita, alle religioni cinesi, al confucianesimo, all’induismo, allo scintoismo, al taoismo, ma anche alle minoranze religiose, alle manifestazioni di religiosità giovanile, alla credenza senza appartenenza (believing without belonging), alle fenomenologie spirituali, alla cosiddetta religione digitale, all’ateismo e affini.

Troppo poche le alleanze tra soggetti civili e religiosi, ancora molto lontani patti con religioni diverse

In Labsus crediamo che l’amministrazione condivisa dei beni comuni sia un’indispensabile palestra di dialogo e non perdiamo occasione di promuovere quelle che ci piace chiamare “alleanze inedite”. Salutiamo sempre come piccole vittorie i processi di co-progettazione in cui una parrocchia e un circolo Arci, ad esempio, gestiscono spazi pubblici intesi come beni comuni, insieme a una pubblica amministrazione locale e ad altri soggetti del territorio. Uno dei patti più belli è stato quello sulle “stanze del silenzio” che ha visto collaborare il Comune di Milano, 19 organizzazioni religiose e di non credenti, tre associazioni e due aziende per i servizi alla persona, gli Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio e Golgi-Redaelli, insieme al Gruppo di Lavoro Nazionale per la “Stanza del Silenzio e/o dei Culti”. Ma, consultando la nostra sezione “storie di patti” e conoscendo direttamente un consistente numero di esperienze in corso in tutta Italia, dobbiamo constatare ad oggi una scarsa presenza di soggetti religiosi attivi, e ancor più una loro quasi esclusiva appartenenza alle chiese cristiane. Quando Filippo Maria Giordano ed io curammo il libro “Storia, percorsi e politiche della sussidiarietà” (Il Mulino, 2020) per capire l’applicazione del principio in ambiti non meramente giuridici, mettemmo a fuoco che uno di questi campi era proprio quello religioso, dedicando un’intera sezione alle nuove prospettive della sussidiarietà nel pensiero cristiano. In questa parte del testo, Sergio Rostagno, citando Bernard Schlink, argomenta ad esempio il legame tra principi protestanti e sussidiarietà intesa “[…] come diritto che sorge dalla pluralità di soggetti che vi hanno accesso uno indipendentemente dall’altro, ma devono insieme collaborare. Dall’esistenza di Chiese e organizzazioni il cui movente poggia sull’iniziativa autonoma e pubblica rispetto alle competenze dello Stato moderno risulta un problema di natura giuridica fondamentale. Rispetto di particolarità e disponibilità alla collaborazione possono risolvere le questioni” (p. 158). A questo proposito, e perché al centro stia sempre il miglioramento della vita di tutte e di tutti, caldeggiamo la lettura della tesi di Davide Dimodugno sui nuovi scenari collaborativi per la gestione e il riuso delle chiese cattoliche tra diritto canonico e diritto statale, per “affrontare il problema su una scala più ampia del singolo caso e restituire questi beni alle comunità cristiane e all’intera società civile”.

Dal silenzio dei leader religiosi per lo stop alla guerra a risposte concrete di prossimità

Domenica scorsa – il 5 novembre, a mezzogiorno – il vescovo di Trieste, il rabbino capo e il presidente della comunità islamica locale, insieme ai rappresentanti delle altre chiese cristiane e confessioni, si sono dati appuntamento per stare insieme in silenzio rivolti verso il mare e “gridare all’unisono il dolore di tanti uomini e donne che piangono per le immani violenze che stanno insanguinando i popoli […] Oggi noi nel nome dell’unico Dio ci siamo riuniti per chiedere che venga permesso il ricongiungimento delle famiglie, che cessi la violenza delle armi, che con umanità ci si prenda cura della popolazione civile, che si riprenda il dialogo”. In linea con questa iniziativa va segnalata anche la preghiera interreligiosa durante la missione del MEAN in Ucraina lo scorso ottobre. Ma come arrivare alla concretezza di azioni di prossimità partendo da questo richiamo trans-religioso alla cura di beni comuni, come aiutare a prendersi cura delle persone in fuga, che vogliono ricongiungersi ai propri cari, in sicurezza? Nella Fratelli tutti, al punto 175/Il potere internazionale, Papa Francesco dà una risposta proprio citando la via sussidiaria: “Grazie a Dio tante aggregazioni e organizzazioni della società civile aiutano a compensare le debolezze della Comunità internazionale, la sua mancanza di coordinamento in situazioni complesse, la sua carenza di attenzione rispetto a diritti umani fondamentali e a situazioni molto critiche di alcuni gruppi. Così acquista un’espressione concreta il principio di sussidiarietà, che garantisce la partecipazione e l’azione delle comunità e organizzazioni di livello minore, le quali integrano in modo complementare l’azione dello Stato”.

“Democrazia e partecipazione” il prossimo luglio a Trieste

Sempre a Trieste, il prossimo luglio – dal 3 al 7 – avrà luogo la cinquantesima Settimana Sociale dei cattolici in Italia, e il tema sarà “Democrazia e partecipazione”. Lo scorso 15 settembre è emersa nel corso della presentazione presso l’Università Cattolica di Milano una spiccata voglia di interazione con soggetti diversi: cercasi insomma voci laiche capaci di portare nel concreto le più urgenti questioni aperte da diversi processi di partecipazione in corso. Sul sito www.settimanesociali.it da oggi è disponibile la web app, le schede metodologiche per il percorso di preparazione verso Trieste, aperto a buone pratiche, cantieri sinodali e gruppi informali, cooperative, imprese, associazioni, pubbliche amministrazioni, operatori culturali. L’appello a contribuire è rivolto testualmente ad “autentiche esperienze di partecipazione, sostenendo le persone nel loro accesso a diritti costituzionali, rafforzando il senso di appartenenza ad una comunità: un modo molto concreto e quotidiano di scoprire, alimentare e allargare il cuore della democrazia”. La convocazione di comunità attive per il bene comune in tutta Italia segue così altri sforzi più o meno recenti di mappare le variegate comunità attive per la cura dei beni comuni a scala cittadina, regionale e nazionale (oltre ai nostri Rapporti, si veda anche la recente mappatura ministeriale delle comunità patrimoniali).

Foto di copertina: Noah Holm su Unsplash

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