Con la sentenza in commento (s.v. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IIIQ, 17 luglio 2023, n. 12013), i giudici amministrativi hanno deciso di accogliere il ricorso proposto da un cittadino che chiedeva l’accertamento del diritto di accesso ad alcuni dati in possesso del Ministero della Salute.
La conoscenza generalizzata dei dati sugli eventi consequenziali alla vaccinazione anti Covid-19
Più in particolare, la richiesta di accesso era diretta a conoscere i dati riguardanti il numero di soggetti, nonché la relativa età media, ai quali sia stata somministrata la prima dose di vaccino nel periodo 2020/2021 e che siano deceduti entro 14 giorni dalla somministrazione della dose per qualunque motivo, anche non necessariamente riconducibile alla somministrazione di tale vaccino. Secondo l’istante, la conoscenza generalizzata di tali dati sarebbe di importanza fondamentale al fine di valutare, dal punto di vista statistico, gli eventi avversi che potrebbero scaturire dalla vaccinazione.
Il Ministero della Salute, tuttavia, dichiarava di non essere in possesso dei dati richiesti, nonostante fosse formalmente il titolare del trattamento dei dati riferibili all’Anagrafe Nazionale Vaccini, in forza dell’art. 5 D.M. 17 settembre 2018. Più in particolare, lo stesso riteneva che l’Anagrafe dei vaccini dovesse essere considerato un mero database di raccolta di dati volti a monitorare l’andamento del piano vaccinale e che la richiesta di accesso civico generalizzato avrebbe comportato un’attività di elaborazione dati non prevista dalla normativa sull’accesso.
Le diverse tipologie di accesso ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni
Prima di dare risposta alla domanda di tutela rivolta dal cittadino istante, il Tribunale amministrativo regionale decide di ricostruire brevemente il sistema vigente del diritto di accesso, distinguendo il diritto di accesso tradizionale ai documenti amministrativi ex l. 241/1990, da quello civico “semplice” e civico “generalizzato” di cui all’art. 5 del D.lgs. 33/2013.
Ed infatti, il c.d. accesso documentale classico consente ai cittadini di chiedere l’ostensione di documenti funzionali a curare o difendere i propri interessi giuridici dinanzi alle pubbliche amministrazioni. Tale accesso è caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che si intendono conoscere, in quanto si richiede a quest’ultimo la titolarità di una posizione giuridica qualificata tutelata dall’ordinamento.
L’accesso civico “semplice” assicura ai cittadini la possibilità di conoscere l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, imponendo a queste ultime di pubblicare sui siti istituzionali, nella sezione denominata “Amministrazione trasparente”, i documenti, i dati e le informazioni concernenti le scelte amministrative operate, e di richiederne, altresì, la pubblicazione qualora la stessa sia stata omessa.
L’accesso civico generalizzato attiene alla cura dei beni comuni a fini di interesse generale
L’accesso civico “generalizzato”, invece, secondo la giurisprudenza amministrativa, attiene alla cura dei beni comuni a fini di interesse generale e si affianca, senza sovrapporsi, alle altre forme di accesso, consentendo a tutti i cittadini, singoli e associati, la conoscibilità di atti e informazioni ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, in modo da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, anche al fine di contrastare ogni ipotesi di corruzione e garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione.
Questa tipologia di accesso civico è funzionale a favorire un controllo diffuso dei cittadini sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e si sostanzia concretamente nel diritto ad un’ampia diffusione di dati, documenti ed informazioni, fermi in ogni caso i limiti di legge a salvaguardia di determinati interessi pubblici e privati che in tali condizioni potrebbero essere messi in pericolo, come la sicurezza pubblica o la protezione di dei dati personali, individuati dettagliatamente all’art. 5bis del D.lgs. 33/2013.
Facendo applicazione di questi principi, e richiamando i più recenti approdi della giurisprudenza amministrativa in tema di accesso civico, il Collegio giudicante ha deciso di accogliere il ricorso. Ciò sulla base del fatto che i dati richiesti erano contenuti effettivamente all’interno del database dell’Anagrafe nazionale dei vaccini. Ciò nonostante, per evitare di consegnare dati che avrebbero dovuto essere oggetto di successiva rielaborazione, il T.A.R. ha condannato il Ministero a trasmettere solo quegli elementi il cui adempimento fosse frutto di un’attività minima di raccolta e selezione, ossia: l’elenco dei cittadini vaccinati (previo oscuramento delle generalità), l’elenco delle date di nascita, l’elenco delle dosi somministrate, l’elenco delle date in cui sono state somministrate, l’elenco dei decessi con indicazione della data in cui sono avvenuti. Con ciò escludendo dal diritto di ostensione il dato relativo all’età media, che poteva comunque essere ricavato dai suddetti elenchi.
Un esempio: la cura del bene comune immateriale della salute pubblica
Con questa sentenza, pertanto, il Tribunale amministrativo ci aiuta a riflettere sull’importanza dell’istituto dell’accesso civico per la cura del bene comune immateriale della salute pubblica. Ed infatti, grazie ai dati forniti dal Ministero, i cittadini ora possono avere una conoscenza immediata dei dati sulla campagna di vaccinazione anti Covid-19 e soprattutto, attraverso l’incrocio degli elenchi, possono comprendere effettivamente se gli eventi avversi che potrebbero essersi verificati siano correlati all’età anagrafica, al numero di dosi, o al tipo di vaccino somministrato. È proprio grazie al controllo diffuso garantito dall’istituto dell’accesso civico generalizzato che i cittadini possono finalmente essere coinvolti nella ricerca delle soluzioni migliori per la cura dei beni comuni materiali e immateriali.
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